Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28339 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 05/11/2019), n.28339

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1845-2014 proposto da:

COMUNE DI FABRIANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA PIAZZA ESCHILO 37, presso lo studio

dell’avvocato STUDIO LEGALE BIAGINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIA SILVIA GENEROTTI, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

C.T.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 139/2012 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

deposilata il 28/11/2012;

udita la relazione defila causa svolta nella pubblica udienza del

02/07/2019 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato BIAGINI per delega dell’Avvocato

GENEROTTI che si riporta agli scritti.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. C.T. impugnava l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) dell’11.03.2008 con il quale il Comune di Fabriano intimava il pagamento di due rate dell’imposta Tosap per l’anno 2005, reclamando contestualmente la ripetizione della tassa già corrisposta relativamente all’anno 2003.

La CTP di Ancona rigettava il ricorso affermando che per l’occupazione relativa al soprasuolo rispetto alla via pubblica trovava applicazione il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, comma 2.

Proposto appello avverso detta sentenza, la CTR dell’Abruzzo, in riforma della impugnata decisione di primo grado, accoglieva il gravame affermando l’illegittimità dell’avviso e respingendo la domanda di rimborso della tassa versata per l’anno 2003.

Avverso la sentenza della CTR n. 139/4/2012 depositata il 28.11.2012, propone ricorso per cassazione l’amministrazione comunale affidato ad un unico motivo.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere dal contribuente.

Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con un unico motivo l’ente ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, per avere i giudici regionali equiparato il ” camminamento” che collega le due abitazioni di proprietà del contribuente e che sovrasta lo spazio viario della frazione di Valleremita ai balconi e alle verande i quali, in quanto strutture aggettanti ai sensi del citato art. 38, comma 2, sono escluse dalla tassazione.

Sostiene al riguardo il comune che la tassa per l’occupazione delle aree pubbliche trova la sua ratio nell’utilizzazione che il singolo fa, nel proprio interesse, di un suolo altrimenti destinato all’uso collettivo, sottraendo alla collettività la disponibilità di porzioni di suolo inglobate nel sistema viario; che l’unica eccezione riguarda invece le strutture sospese in aggetto alle mura perimetrali del copro di fabbrica.

3. La censura è fondata.

4. Occorre premettere che fa parte del sindacato di legittimità secondo il paradigma della “falsa applicazione di norme di diritto”, il controllare se la fattispecie concreta (assunta così come ricostruita dal giudice di merito e, dunque, senza che si debba procedere ad una valutazione diretta a verificarne l’esattezza e meno che mai ad una diversa valutazione e ricostruzione o apprezzamento ricostruttivo), è stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta individuata dal giudice di merito come idonea a dettarne la disciplina oppure al contrario doveva essere ricondotta ad altra fattispecie giuridica (c.d. vizio di sussunzione).

5. Ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 38, comma 2: “Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonchè le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa.”

Il presupposto impositivo è costituito, dunque, – ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 38 e 39 – dall’occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni o delle province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico. Pertanto, ai fini della Tosap, rileva il fatto in sè della predetta occupazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una concessione od autorizzazione (Cass. Cass. 13475/2012; n. 11553 del 18/06/2003 dep. 21/06/2004; Cass. n. 2555 del 22 febbraio 2002).

Nel caso che occupa il decidente ha ritenuto che vi fosse la sottrazione o la limitazione dell’uso del suolo pubblico da parte del contribuente a mezzo del “camminamento chiuso abitabile sopraelevato che collega due abitazioni; struttura assimilata ad una veranda o a finestre ad arco espressamente esentate dalla norma, in quanto avente carattere di stabilità e costruito in modo da soddisfare un’esigenza stabile dei suoi proprietari”.

6. I giudici regionali hanno fatto buon governo del citato disposto dell’art. 38, in quanto la struttura realizzata in muratura con manto di copertura – che non ha soluzione di continuità con il residuo edificio – presenta un’apertura di dimensioni regolari non assimilabile nè ad un balcone o veranda nè a bow-windows, che implica l’occupazione del soprassuolo comunale, precludendone talune specifiche possibilità di utilizzazione; non potendosi detta struttura ritenersi assimilabile agli aggetti che risultano calpestabili all’estradosso equiparabili a balconi, verande di cui al cit. art. 38.

Il prelievo a carico dell’occupante, peraltro, al di là della formale qualificazione come tassa, ha natura d’imposta, dato che prescinde da servizi resi dal concedente, non mira al recupero in tutto od in parte di costi, nè comunque è ad essi commisurato (art. 194), ma trova giustificazione nell’espressione di capacità contributiva rappresentata dal godimento di tipo esclusivo di spazi ed aree. altrimenti comprese nel sistema della viabilità pubblica; è quindi cumulabile anche con il canone stabilito per la concessione del terreno, il quale ha la diversa funzione di corrispettivo del trasferimento in capo al privato di facoltà dell’ente concedente (v. Cass. n. 1547 del 5 aprile 1978).

In conclusione, il ricorso va accolto.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese processuali di merito, non potendosi prescindere da una complessiva valutazione dell’esito del giudizio.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente;

– condanna il contribuente alla refusione delle spese sostenute dal comune che liquida in Euro 300,00, oltre rimborso forfettario ed accessori; compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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