Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28337 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. un., 22/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente di sez. –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AURELIA

424, presso lo studio dell’avvocato CIAFFI VINCENZO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PICCOLO CARMELO, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BARI, PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la decisione n. 82/2011 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 01/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato Vincenzo CIAFFI per delega dell’avvocati Carmelo

Piccolo;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari comunicava al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari l’inizio dell’azione penale nei confronti dell’avv. G.M. per i reati di cui all’art. 61 c.p., n. 11 e all’art. 640 c.p., commessi in (OMISSIS), perchè, con artifizi e raggiri, lo stesso avrebbe indotto in errore M.N.V. circa l’effettivo ammontare delle somme a lui dovute a titolo di onorari e spese legali, per un’azione risarcitoria promossa contro la compagnia Lloyd Adriatico, così procurandosi un ingiusto profitto in Euro 40.000,00;

avrebbe il G., inoltre, con l’aggravante di avere commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera, fatto versare in suo favore, in contanti,la somma di Euro 50.000,00, adducendo che tali erano le spese legali liquidate da essa compagnia per le prestazioni espletate e da espletarsi ed omettendo di informare il M. circa l’effettivo ammontare dell’importo liquidato, a titolo di spese legali, in solo Euro 10.000,00. L’avv. G. in data 24.5.2005, depositava note illustrative con cui contestava gli addebiti.

Il Consiglio veniva in seguito a conoscenza che l’avv. G., con sentenza del Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, era stato condannato per i fatti in questione, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, con interdizione dall’esercizio dell’attività professionale per un periodo di 3 anni.

L’avv. G. veniva quindi sottoposto a procedimento cautelare che si concludeva con la sua sospensione, confermata dal Cnf, con decisione del 22.6-6.12.2006 e poi revocata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati barese con provvedimento del 19.7.2006.

Nelle more del procedimento di appello avverso la predetta sentenza penale, detto Coa di Bari comunicava al G. l’apertura del procedimento disciplinare.

All’udienza del 9.12.2009 il Consiglio dell’Ordine di Bari, mentre preliminarmente respingeva l’istanza tendente a ottenere la sospensione del giudizio disciplinare sino alla definizione di quello penale, rilevando che esso Coa doveva pronunziarsi sulla rilevanza disciplinare di addebiti parzialmente diversi da quelli contestati in sede penale al contempo, quanto al primo capo di incolpazione, riteneva censurabile la condotta del professionista che, per conseguire il risultato di farsi riconoscere somme superiori a quelle liquidate dalla compagnia assicuratrice, aveva fatto credere al cliente che il pagamento avveniva ad un inesistente titolo di deposito, per non meglio specificate attività da espletare per poi,invece, mutare unilateralmente la causale, una volta avvenuto l’incasso, e sostenere che questo veniva riferito al diverso titolo di competenze, asseritamente spettantegli anche per future prestazioni.

Presentava ricorso l’avv. G. e il Consiglio Nazionale Forense, con la decisione in esame depositata in data 1.6.2011, dichiarava inammissibile il ricorso “in quanto redatto e sottoscritto esclusivamente dal difensore avv. Carmelo Piccolo; quest’ultimo risulta però sfornito della procura speciale, mancante sia a margine sia in calce al ricorso medesimo, nè contenuta nella forma notarile in atto separato ed allegato. Com’è noto il R.D. n. 37 del 1934, art. 60 prevede espressamente l’assistenza del professionista incolpato da parte di un avvocato iscritto nell’albo speciale di cui al R.D. n. 1578 del 1933, art. 33 munito di mandato speciale, per cui la sottoscrizione del ricorso innanzi al Consiglio Nazionale Forense da parte soltanto del difensore privo di mandato speciale comporta l’inammissibilità del ricorso medesimo. L’atto di impugnazione è infatti privo di un elemento essenziale (la procura alle liti) e comporta quindi l’inficiarsi dello stesso e ne determina l’inammissibilità, precludendo ogni esame nel merito.

Ricorre per cassazione il G. con un unico motivo. Non ha svolto attività difensiva parte intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, e relativa omessa motivazione, in quanto nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, in via integrativa quelle del codice di procedura civile, mentre le norme del codice di procedura penale si applicano soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale faccia espresso rinvio ad esse, ovvero allorchè sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale. L’inconveniente del mancato conferimento di apposita procura speciale per il giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense si è verificato in quanto l’avv. Carmelo Piccolo, che esercita la professione forense esclusivamente in ambito penale e che aveva già difeso l’avv. G. dinanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, aveva implicitamente ritenuto applicabile la regola generale dettata in materia di impugnazioni dall’art. 571 c.p.p., comma 3, secondo cui può proporre impugnazione “il difensore dell’imputato al momento del deposito del provvedimento”, nonchè la norma prevista dall’art. 613 c.p.p., comma 2 prevista per il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, secondo cui “il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente, in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte dell’ultimo giudizio,purchè abbia i requisiti della iscrizione nell’albo speciale della Corte di Cassazione”.

Si aggiunge, che “la carenza di legitimatio ad processum da parte del difensore carente di procura speciale poteva e doveva essere sanata in forza della nuova formulazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, innovata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Trova applicazione infatti, ratione temporis, nella vicenda in esame, l’art. 182 c.p.c., comma 2 (come novellato dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui “quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione”.

Pertanto, in applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici, anche di natura processuale, detta disposizione obbliga il giudice, in presenza della rilevazione di un vizio della procura (d’ufficio o su eccezione di parte), a provvedere in ordine alla sanatoria dello stesso (con evidente equiparazione della nullità della procura ad litem al difetto di rappresentanza processuale con conseguente sanatoria ad efficacia retroattiva).

Censurabile è dunque la decisione impugnata là dove ha dichiarato inammissibile il ricorso del G..

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, accoglie il ricorso; cassa l’impugnata decisione e rinvia al Consiglio nazionale forense.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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