Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28337 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 05/11/2019), n.28337

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13159/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Italbolt Inox Service S.r.l. – (P.I. (OMISSIS)) rapp.ta e difesa

dagli Avv.ti Filippo Bruno del Foro di Genova e Anselmo Carlevaro

del Foro di Roma, elettivamente domiciliato presso lo studio del

secondo in Roma Via Gian Giacomo Porro n. 8, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia N. 5989/35/16, depositata il 17 novembre 2016, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 maggio 2019

dal Cons. Luigi Nocella.

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott.ssa Mastroberardino Paola, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Stefano Vitale per l’Agenzia delle Dogane che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Anselmo Carlevaro per la contribuente, che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. Italbolt Inox Service, con ricorso iscritto al N. 8640/2014 RGR, impugnava innanzi alla CTP di Milano gli avvisi di rettifica d’accertamento N. 333 e 10419/RU del 18.02.2014 ed i coevi avvisi di irrogazione sanzioni N. 335 e 10439-2014, con i quali l’Ufficio delle Dogane di Milano (OMISSIS) aveva richiesto il pagamento rispettivamente di Euro 20.758,27 ed Euro 12.151,44 per maggiori dazi doganali antidumping, nella misura del 23,6% applicabile alle merci provenienti da Kaohsiung (Taiwan) anzichè quello preferenziale spettante per le importazioni dalle Filippine, e pari somme per sanzioni, asseritamente dovute in relazione alle bollette d’importazione definitiva Reg. (OMISSIS) del 24.06.2011 e (OMISSIS) del 7.04.2011. Per quanto di interesse nella presente fase la ricorrente deduceva carenza di prova e motivazione circa l’effettiva origine della merce ed i presupposti per l’applicazione del dazio, la sussistenza della propria buona fede, l’inapplicabilità delle richieste sanzioni, nonchè una serie di vizi formali e procedimentali.

Sulla resistenza dell’Agenzia delle Dogane di Milano, la CTP adita, disattesa l’eccezione pregiudiziale di omessa notifica diretta degli avvisi, accoglieva il ricorso ed annullava gli atti impugnati con sentenza N. 8121/21/2015, accogliendo la tesi della carenza probatoria, anche in assenza del rapporto OLAF, in merito al presupposto della provenienza della merce importata.

L’Agenzia soccombente proponeva appello, al quale resisteva la Società importatrice, e la CTR della Lombardia, con la sentenza oggetto del presente ricorso, ha respinto il ricorso ed ha compensato le spese del grado: pur avendo manifestato esplicito dissenso rispetto alle conclusioni raggiunte dai primi Giudici in ordine alla valutazione della prova prodotta dall’Agenzia circa la non provenienza della viteria dalle Filippine, o quanto meno circa la mancata esecuzione in quel Paese di lavorazioni sostanziali su semilavorati provenienti da Taiwan, e ribadita la piena efficacia probatoria dei verbali OLAF in ordine alle condotte elusive accertate, con la conseguente inversione dell’onere probatorio contrario a carico del soggetto passivo, la CTR ha rilevato un difetto di notifica dell’avviso di rettifica, eseguita a mani di G.E., rappresentante indiretto dell’importatore, nel senso che “il G. ha sì sottoscritto le dichiarazioni doganali per conto di quest’ultimo, ma in nome proprio, non avendo mai ricevuto alcun mandato diretto a rappresentare la Italbolt. Da ciò discende la nullità della notifica…omissis…A tale conclusione si perviene sia considerando la disciplina della notifica prevista dall’art. 40 T.U.L.D. che lascia presupporre l’applicabilità della norma solo a chi riveste la qualifica di rappresentante diretto dell’importatore, e sia tenendo conto di quanto disposto dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5, che prevede espressamente che in caso di rettifica dell’accertamento a seguito di revisione d’ufficio…la notifica debba avvenire direttamente all’operatore interessato.

L’Agenzia soccombente ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, al quale resiste la Società Italbolt con controricorso, nel quale ripropone a sua volta tutte le questioni rimaste assorbite.

All’esito della pubblica udienza del 17 maggio 2019, udite le conclusioni del Procuratore Generale ed i difensori delle parti, come riportate in epigrafe, la Corte ha pronunciato sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4: la CTR Lombardia, avrebbe rilevato d’ufficio la nullità della notifica degli avvisi di rettifica e degli avvisi di irrogazione sanzione senza una specifica richiesta da parte della Italbolt, nè nell’articolazione dei motivi d’impugnazione dei provvedimenti in primo grado, nè nella forma dell’appello incidentale in 2 grado. Dopo aver ripercorso la vicenda processuale con particolare riferimento alle questioni di rito trattate, l’Agenzia ricorrente rileva che nel ricorso introduttivo la prima eccezione concerneva la pretesa nullità della notifica dei pvc nel contesto di altre violazioni relative ai diritti di difesa del contribuente; che tale eccezione era stata disattesa dalla CTP con statuizione espressa, e che a seguito dell’appello principale dell’Agenzia soccombente nel merito la Italbolt non aveva proposto appello incidentale sul rigetto della specifica censura di nullità, limitandosi a riproporla come mera eccezione inammissibile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54; che pertanto la CTR, nel dichiarare la nullità della notifica degli avvisi impugnati, aveva pronunciato chiaramente al difuori di ogni valida richiesta, giacchè l’unica eccezione di nullità formulata ex adverso concerneva la notifica dei verbali di revisione e non quella degli avvisi.

Con il 2 motivo l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53, 54 e 56, dell’art. 346 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: sulla scorta della medesima vicenda processuale già descritta nell’esposizione del precedente motivo, evidenzia come, una volta respinta dalla CTP l’eccezione di nullità della notifica del verbale di revisione, la Italbolt doveva considerarsi soccombente in relazione alla questione preliminare esplicitamente disattesa dal Giudice di 1 grado, ed avrebbe dovuto, per evitare la formazione del giudicato sulla stessa, proporre appello incidentale, essendosi invece limitata a riproporre l’eccezione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, riferibile alle sole questioni assorbite o sulle quali il giudice a quo non si è espressamente pronunciato.

Con il 3 motivo di ricorso lamenta omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: nell’affermare che gli avvisi di rettifica erano stati notificati mediante consegna a mani del G., rappresentante indiretto della Italbolt, la CTR avrebbe omesso di esaminare la circostanza che detta notifica era del tutto regolare, come dovrebbe emergere dall’allegato 1) alle controdeduzioni dell’Agenzia in 1 grado, ove risultano depositati gli atti medesimi con le relative notifiche; documenti che riproduce nel ricorso e dai quali risulta che gli avvisi erano stati notificati a mezzo del servizio postale presso la sede della Italbolt e ritirati da impiegati della società.

A tali motivi la controricorrente replica di aver sempre eccepito (nel ricorso in primo grado e nelle controdeduzioni in appello) la mancata notifica del processo verbale di revisione con le conseguenti nullità relative al contraddittorio preventivo, riflesse sul vizio di motivazione dell’avviso di accertamento, sicchè non vi sarebbe stata alcuna rinuncia all’eccezione; che i fatti relativi a tale omissione erano stati sempre pacifici, mentre la CTR aveva “sovrapposto i termini ‘processo verbalè e avviso di accertamento”‘ nell’esaminare la questione di nullità dell’avviso medesimo per vizio della motivazione; che, in altri termini, era incorsa in un lapsus calami nel ribadire la nullità ex art. 40 T.U.L.D. riflessa sulla carenza motivazionale dell’avviso impugnato.

Ritiene la Corte che i primi due motivi di ricorso, che è opportuno esaminare congiuntamente, siano fondati e meritino accoglimento.

Come dettagliatamente esposto dall’Agenzia ricorrente (pagg.8-9 del ricorso) e confermato nel controricorso Italbolt (pag.7 segg.), quest’ultima, con il ricorso introduttivo in primo grado, aveva sollevato questione di omessa notifica del processo verbale di revisione, con conseguente violazione del diritto al contraddittorio preventivo, per essere stato detto verbale notificato al legale rapp.te della società indicata come rappresentante doganale indiretto anzichè all’importatrice interessata, che ne avrebbe avuto diritto ai sensi dell’art. 40 T.U.L.D.. E’ altresì non controverso tra le parti, risultando dalla narrativa della sentenza della CTR (non censurata sullo specifico punto), che la CTP aveva accolto il ricorso nel merito delle questioni circa l’applicabilità del dazio preteso dall’Agenzia, esplicitamente disattendendo la questione preliminare di merito circa la validità dell’atto impositivo ed irrogativo delle sanzioni per omessa notifica diretta del processo verbale di rettifica (cfr. pag.14 del ricorso dell’Agenzia, che riporta il seguente brano contenuto nella pag.4 della sentenza della CTP n. 8121/21/2015: “Il Collegio, in relazione alla notifica del processo verbale di revisione dell’accertamento, ritiene che, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, non si sia verificata alcuna violazione del principio del contraddittorio, poichè è stato provato che detti verbali sono stati notificati allo spedizioniere doganale, rappresentante unico dell’importatore in dogana”). Infine è incontroverso che la Italbolt, costituendosi in secondo grado, aveva riproposto tale ultima questione come riproposizione della medesima domanda non accolta, ma senza articolare appello incidentale ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54.

Tale essendo stato lo svolgimento del processo in ordine alle questioni di nullità dell’atto impugnato sollevate dalla Italbolt, la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia della CTR, qualunque sia il significato corretto da attribuire alla motivazione di seguito riportata, si pone in contrasto sia con l’art. 112 c.p.c. e con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, che con il medesimo D.Lgs., art. 54 e 57. Invero così motiva la CTR: “Nel caso in esame rileva però la Commissione un problema legato alla notifica dell’avviso di rettifica dell’accertamento contenente la contestazione ed il richiamo ai verbali delle indagini OLAF. In particolare risulta in atti che l’avviso di rettifica impugnato è stato notificato a mani del sig. G.E., rappresentante indiretto della Italbolt, con consegna allo spedizioniere doganale della copia destinata all’importatore”.

Orbene, laddove la Società ricorrente aveva dedotto in primo grado un vizio dell’avviso di rettifica dell’accertamento per omissione della notifica diretta ad essa importatrice del processo verbale di revisione, la CTR ha dichiarato la nullità dell’avviso di rettifica per nullità, diversa da quella effettivamente dedotta, della notifica dell’avviso di rettifica medesimo siccome effettuata al rappresentante indiretto anzichè all’importatore interessato, conseguendone un’evidente vizio di extra-petizione anche rispetto alla riproposizione che la Società ne aveva fatto in appello ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56; d’altro canto la Società Italbolt, avendo la CTP pronunciato negativamente ed esplicitamente su una questione preliminare di merito sollevata con il ricorso introduttivo, pur essendo risultata vittoriosa nel merito, doveva considerarsi soccombente sulla questione logicamente preliminare afferente alla validità dell’atto impositivo, e quindi gravata dall’onere di proporre appello incidentale al fine di non consentire la formazione del giudicato interno ai sensi dell’art. 329 c.p.c. e veder riesaminata la medesima questione preliminare (cfr. Cass. SU 12.05.2017 n. 11799; Cass. sez. VI-III ord. 19.10.2017 n. 24658; Cass. sez. L 28.08.2018 n. 21264); con la conseguenza che la CTR ha riformato la sentenza di primo grado in punto di nullità dell’atto impugnato senza esserne stata ritualmente investita dalla parte soccombente e portatrice dell’interesse alla riforma, e pronunciando su questione ormai coperta dal giudicato per mancata impugnazione.

In altri termini: la questione di nullità dell’avviso per omessa o invalida notifica del p.v. presupposto, non essendo stata riproposta mediante appello incidentale, era ormai coperta da giudicato interno; la diversa questione dell’omessa notifica degli avvisi di rettifica e di irrogazione delle sanzioni, mai proposta in primo grado, è stata rilevata d’ufficio in grado d’appello in violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 57.

D’altronde non può sostenersi (pag.9 del controricorso) che anche nel ricorso introduttivo la Italbolt aveva dedotto la nullità dell’avviso di rettifica dell’accertamento: invero la deduzione di ciascun profilo di nullità dell’atto impugnato è rimessa al potere dispositivo della parte (salvi i casi di vizi rilevabili d’ufficio), con la conseguenza che non può il Giudice dichiarare la nullità dell’atto, o il Giudice del gravame riformare la pronuncia di primo grado sul punto, per causa petendi diversa da quella dedotta dalla parte nel ricorso introduttivo e riproposta tal quale in appello ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, e che peraltro richieda l’esame di circostanze di fatto diverse da quelle dedotte dalla parte medesima (cfr. Cass. sez. VI-V ord. 27.07.2018 n. 20003; Cass. sez. V 15.12.2017 n. 30144; Cass. sez. VI-V 6.04.2017 n. 9020; Cass. sez. V 17.02.2001 n. 2340).

Infine non vale sostenere, come fa la controricorrente, che nel caso di specie il vizio di notifica dedotto dalla parte (omessa notifica del p.v. di revisione) sarebbe stato rilevabile d’ufficio in quanto integrato da omessa notifica e perciò sottratto ad entrambi i limiti di rilevabilità officiosa: invero il vizio dedotto era la nullità dell’avviso di rettifica ed irrogazione sanzioni asseritamente causata dall’omessa (recte: invalida) notifica dell’atto in esso richiamato, ai fini della motivazione per relationem, che integrava un presupposto del rispetto del diritto al contraddittorio preprocessuale. Si trattava cioè, anche per espressa deduzione della Società ricorrente, della pretesa violazione dell’art. 12 Statuto del contribuente e/o del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, e quindi di cause tipiche di nullità degli atti impugnati, non rilevabili d’ufficio.

All’accoglimento dei primi due motivi di ricorso segue la declaratoria di inammissibilità del terzo motivo, in quanto viene dedotto l’omesso esame di una circostanza di fatto (notifica dell’avviso di rettifica dell’accertamento e delle irrogazioni sanzioni) che non aveva mai costituito oggetto di discussione tra le parti, quindi non deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata ed il giudizio rimesso innanzi alla CTR della Lombardia in diversa composizione, che deciderà la controversia provvedendo altresì sulle spese anche della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso principale, dichiara inammissibile il terzo, cassa in relazione ai motivi accertati e rinvia i giudizio alla CTR della Lombardia in diversa composizione per la decisione anche in ordine alle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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