Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28334 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. un., 22/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28334

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente di sez. –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONSORZIO EDIFAR, in persona del presidente d.ssa B.

F., elettivamente domiciliata in Roma, alla Via degli

Avignonesi n. 5, presso l’avv. Abbamonte Andrea, che, con gli avv.ti

Mario Piscitelli e Claudio Corduas, lo rappresenta e difende, per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

1. ISTITUTO AUTONOMO PER LE CASE POPOLARI DI Napoli, in persona del

presidente p.t., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Germanico n. 107, presso lo studio dell’avv. Bultrini Nicola,

unitamente all’avv. Marciano Raffaele del foro di Nola, che lo

rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso;

2. M.N. – METROPOLITANA DI NAPOLI s.p.a, in persona del presidente e

legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, al

Corso Trieste n. 88, nello studio Prof. Avv. Giorgio Recchia

&

Associati, con l’avv. Della Morte Bartolomeo di Napoli, che lo

rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e

3. COMUNE DI NAPOLI, già rappresentato e difeso nel merito

dall’Avvocatura municipale, a mezzo dell’avv. ALLEGRETTI DE LISTA

Gian Piero, e con questo domiciliato in Napoli, Palazzo San Giacomo,

P.za Municipio;

4. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – COMMISSARIO DI GOVERNO PER

IL CONTENZIOSO EX TIT. 8^ L. 14 maggio 1981, n. 219, EX FUNZIONARIO

C.I.P.E., già rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura

distrettuale dello Stato;

– intimati –

avverso la sentenza della Giunta speciale per le espropriazioni

presso la Corte d’appello di Napoli n. 33/08 del 5 giugno – 18 luglio

2008;

Udita, alla pubblica udienza del 15 novembre 2011, la relazione del

Cons. Dott. Fabrizio Forte;

Udito l’avv. Belardi, per delega, per l’Istituto controricorrente e

il P.M. Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 16-19 giugno 2006, l’Istituto Autonomo delle case popolari della Provincia di Napoli, proprietario di un terreno sito in (OMISSIS), in C.T., a F. 3, P.la 105, conveniva in giudizio, dinanzi alla Giunta speciale per le espropriazioni presso la locale Corte d’appello, il Consorzio Edifar, il Comune di Napoli e il Funzionario delegato C.I.P.E., deducendo che quest’ultimo, a mezzo del Consorzio e per conto dell’ente locale, aveva occupato mq. 2.4 00 di tale area per realizzare il programma di edilizia residenziale di cui al Titolo 8^ della L. n. 219 del 1981, concordando con l’attore l’indennità di espropriazione mai corrisposta. L’attore chiedeva la condanna dei convenuti in solido o di quello tra loro vi fosse tenuto, a pagare le indennità di espropriazione e di occupazione o, in subordine, il risarcimento del danno da occupazione illegittima ovvero a restituire le aree inutilizzate e almeno a corrispondere l’indennità d’occupazione legittima dalla data della immissione in possesso a quella della sentenza. Ciascuno dei convenuti eccepiva il difetto di legittimazione dell’attore e propria nella presente causa, la prescrizione dei diritti per le annualità di occupazione anteriori all’ultimo decennio, la mancanza di valido decreto di esproprio. Lo stesso Istituto attore provvedeva poi, con citazione notificata il 12 gennaio 2007, a integrare il contraddittorio nei confronti della Metropolitana di Napoli s.p.a., per una pretesa occupazione dell’area di cui sopra ad opera di questa. Con la sentenza di cui in epigrafe, la Giunta speciale ha riconosciuto la legittimazione attiva dell’I.A.C.P. e quella passiva del Consorzio Edifar, per delegazione intersoggettiva dal Commissario di governo, rigettando le domande nei confronti delle altre parti e limitando l’oggetto della causa alle indennità di espropriazione e di occupazione legittima, cui per il D.L.Lgt. n. 219 del 1919, essa era tenuta a limitare la propria cognizione e giurisdizione.

Rilevato che la immissione in possesso dell’area occupata era avvenuta il 5 giugno 1981 e che, per i mq. 2.400 della P.la n. 105, era stata fissata e accettata l’indennità di espropriazione per L. 71.808.000, la giunta ha anzitutto escluso che l’area fosse stata oggetto pure d’occupazione per mq. 900 da parte della Metropolitana di Napoli s.p.a., che l’avrebbe poi restituita all’attore, con rigetto conseguente di ogni domanda nei confronti di detta società.

Ritenuta non liquidabile l’indennità di espropriazione in assenza di decreto ablatorio, la controversia è stata limitata alla determinazione dell’indennità di occupazione legittima, dichiarandosi preclusa, ai sensi dell’art. 167 c.p.c. come novellato dalla L. n. 80 del 2005, la tardiva eccezione di prescrizione decennale dell’indennità di occupazione, perchè proposta con le comparse di risposta dei più convenuti, tutte successive alla prima udienza.

Liquidata una indennità virtuale di esproprio ai sensi della L. sul risanamento della città di Napoli 15 gennaio 1885, n. 2892, art. 13 nella media tra valore di mercato e coacervo decennale dei fitti in Euro 216.000,00, quella di occupazione legittima dal 5 giugno 1981 a 5 giugno 2008 è stata determinata negli interessi legali per ogni annualità sul quantum dovuto per l’altro indennizzo e complessivamente in Euro 310.786,80, oltre agli interessi legali dalla data della sentenza a quella del deposito di detta indennità, e si è rigettata la richiesta di rivalutazione, trattandosi di debito di valuta, con condanna del convenuto Consorzio Edifar alle spese del giudizio.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso di otto motivi l’Istituto autonomo delle case popolari di Napoli, notificato alle controparti il 19 e 20 ottobre 2009, cui hanno replicato con controricorso il Consorzio Edifar e la Metropolitana di Napoli s.p.a., non resistendo in questa sede gli altri intimati Presidenza del Consiglio dei Ministri-commissario di governo e Comune di Napoli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo del ricorso denuncia violazione della L. 14 maggio 1981, n. 219, artt. 80 e 84 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, per difetto di giurisdizione della Giunta speciale per l’espropriazioni presso la Corte d’appello di Napoli (da ora G.S.E.), in quanto la sentenza impugnata non tiene conto che nel caso l’indennità di espropriazione era stata già liquidata in L. 71.808.000 dal Commissario straordinario del Governo, che l’aveva offerta all’Istituto che ne aveva accettato l’importo, con lettera del 31 marzo 1982.

La controversia non aveva quindi ad oggetto una opposizione alla stima, ma il pagamento di una indennità già concordata e di essa poteva conoscere solo il giudice ordinario, con difetto di giurisdizione del giudice speciale adito, in base alla giurisprudenza costante della Cassazione (si cita in ricorso S.U. 17 dicembre 1998 n. 12625).

1.2. In secondo luogo, è dedotta la violazione dell’art. 101 c.p.c. con conseguente nullità del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, avendo la G.S.E. violato il contraddittorio nel ritenere applicabile al procedimento la L. 14 maggio 2005, n. 80, che, con effetto dal 1 marzo 2006, ha sancito la decadenza per le “eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio” non contenute nella comparsa di risposta depositata nei termini, ed ha unificato l’udienza di prima comparizione e quella di trattazione della causa di cui all’art. 183 c.p.c., venti giorni prima della quale deve avvenire la costituzione in giudizio del convenuto.

Nella fattispecie la comparsa di costituzione con l’eccezione di prescrizione è stata depositata successivamente alla prima udienza dell’11 dicembre 2006 dai tre convenuti (tra il 12 e il 14 dicembre) e l’eccezione in essa contenuta è stata considerata quindi tardiva, avendo la Giunta speciale d’ufficio rilevato la decadenza del Consorzio, senza rimettere la causa in istruttoria, per consentire il contraddittorio delle parti sulla tardiva deduzione della questione.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta violazione dell’art. 167 c.p.c., in connessione con l’art. 2969 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la G.S.E. rilevato la decadenza dei convenuti nell’eccezione di prescrizione, in materia nella quale le decadenze dell’espropriato nel pretendere le indennità spettanti sono rilevabili di ufficio, precludendo, perchè tardiva ai sensi dell’art. 167 c.p.c., l’eccezione di prescrizione che lo espropriante aveva sollevato non solo nel proprio interesse ma anche nell’interesse pubblico sotteso all’intero procedimento espropriativo e ai soggetti pubblici che lo avevano disposto.

1.4. In quarto luogo erroneamente e per una falsa lettura dell’art. 167 c.p.c., ad avviso del ricorrente, si è respinta l’eccezione di prescrizione del credito per l’indennità di occupazione, in rapporto al periodo precedente all’ultimo decennio anteriore alla domanda, rilevando di ufficio una decadenza mai eccepita dalla parte interessata, così evitando l’estinzione del diritto in contestazione.

1.5. Anche il quinto motivo di ricorso deduce, per altro profilo, la violazione dell’art. 167 c.p.c., in rapporto all’art. 360 c.p.c., n. 3 e alla L. n. 219 del 1919, artt. Da 17 a 21 e del R.D. 17 aprile 1921, art. 8 regolamento di attuazione di detta legge, che opera un rinvio formale alle norme processuali vigenti e succedutesi nel tempo, norme tutte abrogate, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, per cui esse non potrebbero più applicarsi, con conseguente applicabilità delle norme previgenti, di cui alla L. n. 353 del 1990, uniche in vigore alla data di abrogazione della disciplina del processo dinanzi al giudice speciale.

In subordine, il Consorzio ricorrente deduce la scusabilità dell’errore in cui esso e gli altri convenuti sono incorsi nel sollevare tardivamente l’eccezione di prescrizione, anche perchè, in altri giudizi della stessa G.S.E., è rimasta ferma l’applicazione delle norme di cui alla L. n. 353 del 1990, ritenendosi ammissibile l’eccezione di prescrizione proposta alla prima udienza di comparizione e quindi non con una comparsa di costituzione dei convenuti tempestivamente depositata ai sensi dell’art. 166 c.p.c..

1.6. Il sesto motivo di ricorso denuncia omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine al dedotto difetto di legittimazione passiva del Consorzio Edifar nella presente causa, a seguito della Direttiva n. 16 del 16 febbraio 1983 del sindaco di Napoli commissario di Governo, che aveva esentato i concessionari dal pagamento dell’indennità per i beni di proprietà dello Stato o del Comune di Napoli, così escludendo la efficacia della delega intersoggettiva in rapporto ai procedimenti espropriativi relativi a tali beni. Nessun cenno vi è nella sentenza impugnata a tale questione per risolvere il problema della legittimazione passiva del Consorzio, con chiara omessa motivazione su tale punto decisivo della controversia denunciato in ricorso, non integrandosi, in ordine alla applicazione della Direttiva n. 16 del commissario di governo, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c..

1.7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia che la G.S.E. nessun rilievo ha dato alla circostanza incontroversa che la intera P.la 105, cui appartiene l’area che si assume occupata per un futuro esproprio, non è stata mai sottratta alla disponibilità dell’Istituto autonomo delle case popolari, e che di tale superficie fu proposta la eliminazione dall’intervento del Consorzio per essere stata già occupata dalla Metropolitana s.p.a., come emerge dalla relazione del ct. di parte ing. B.M., che ha evidenziato come lo stato dei luoghi sia rimasto inalterato e nella piena disponibilità dell’I.A.C.P. di Napoli, per cui nulla poteva questo pretendere a titolo d’indennità di occupazione.

1.8. Si lamenta infine l’errore della G.S.E. nell’aver liquidato l’indennità di occupazione in base a quella virtuale di espropriazione fissata in ragione del valore venale dell’area all’attualità, mentre si sarebbe dovuto far riferimento ai valori come modificati anno per anno, nell’ampio arco temporale di 28 anni in cui la vicenda dell’occupazione preordinata all’esproprio si è verificata (si cita Cass. n. 16744 del 27 luglio 2007).

2. L’I.A.C.P. nel suo controricorso replica al Consorzio, deducendo la giurisdizione della G.S.E., per non essersi neppure prodotto in sede di merito il preteso accordo amichevole sull’indennità di espropriazione, concluso tra le parti e insistendo per la rilevabilità d’ufficio della decadenza per tardività dell’eccezione in senso stretto di prescrizione (cita Cass. 27 maggio 2005 n. 11318); il controricorrente denuncia pure la inconferenza del richiamo ai principi della decadenza in materia di prescrizione, di cui al ricorso del Consorzio.

Riaffermata la correttezza della lettura delle norme processuali dalla G.S.E. e l’esistenza del verbale di immissione in possesso del Consorzio nelle aree nella P.la 105, che conferma la perdita della loro disponibilità dall’I.A.C.P., quest’ultimo riafferma la legittimazione passiva del Consorzio Edifar rilevata dalla Giunta e la correttezza del computo dell’indennità di occupazione.

La s.p.a. Metropolitana ha dedotto in controricorso solo la sua estraneità alla controversia tra Consorzio ricorrente e Istituto controricorrente.

3.1. Il primo e il quinto motivo del ricorso sono strettamente connessi e possono valutarsi insieme.

La G.S.E. ha, nella fattispecie, conosciuto delle indennità relative a un procedimento espropriativo attuato in uno dei programmi straordinari per i quali essa opera come giudice speciale, cioè quello dell’edilizia residenziale nel post terremoto del 1980 nell’area metropolitana di Napoli, di cui alla L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 80. Nessuna violazione vi è stata dei limiti dei poteri giurisdizionali attribuiti alla giunta speciale, cui la legge riconosce il potere di procedere alla determinazione delle indennità di espropriazione e occupazione (su tali attribuzioni cfr. di recente S.U. 29 luglio 2011 n. 16633 e, in precedenza, S.U. 27 giugno 2003 n. 20243), dovendosi negare la sua giurisdizione solo sulle controversie aventi ad oggetto i soli “pagamenti” di indennità già concordate amichevolmente o definite, sui quali deve decidere l’A.G.O..

A tale proposito, correttamente la Giunta ha escluso di potersi pronunciare sull’indennità di espropriazione liquidata all’inizio della procedura in L. 71.808.000 e offerta dal concessionario Cogefar all’Istituto che l’aveva accettata il 31 marzo 1982, mancando il decreto ablatorio costituente condizione dell’azione di accertamento e determinazione della relativa indennità (Cass. 17 giugno 2009 n. 14080 e S.U. 2 marzo 2003 n. 4241) per cui, anche per tale profilo, nessun eccesso di potere giurisdizionale vi è stato.

Nella vicenda, la G.S.E. ha solo esercitato i suoi poteri cognitivi in un procedimento espropriativo inserito nel programma di edilizia residenziale straordinario, approvato prima dell’abrogazione della normativa che disciplina tale giudice speciale contenuta nel D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 58, comma 1, n. 50 entrato in vigore il 30 giugno 2003 (S.U. 10 marzo 2008 n. 6273 e S.U. 11 marzo 2004 n. 5048), per cui le norme della L. n. 219 del 1919 sono state correttamente applicate, anche con l’adozione delle norme del codice di rito vigenti ratione temporis, applicabili per il rinvio formale ad esse contenuto nel regolamento attuativo della legge da ultimo citata.

Ciò comporta l’infondatezza del quinto motivo di ricorso che chiede di rilevare la inapplicabilità delle norme del c.p.c. vigenti alla data del procedimento dinanzi alla giunta iniziato a luglio 2006, per essere intervenuta nelle more l’abrogazione del D.L.Lgt. 27 febbraio 1919, n. 219, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 58 ma non considera che l’art. 57 dello stesso decreto esclude la propria applicabilità per i procedimenti ablatori, la cui dichiarazione di pubblica utilità sia stata anteriore alla data della sua entrata in vigore (30 giugno 2003).

Nel caso si sono quindi esattamente applicate anche le norme del codice di rito nel giudizio dinanzi al giudice speciale come previsto dallo stesso decreto istitutivo della Giunta del 1919 o meglio dal regolamento di attuazione di cui al R.D. 17 aprile 1921, n. 762, che opera il rinvio formale al codice di procedura civile come modificato nel tempo, ritualmente applicato nella fattispecie concreta (S.U. 17 marzo 2004 n. 5414).

Il primo e quinto motivo di ricorso devono quindi rigettarsi, dovendosi escludere l’errore scusabile di cui al quinto motivo di ricorso, in quanto rilevante solo in ipotesi di repentini mutamenti giurisprudenziali in materia processuale, (S.U. 11 luglio 2011 n. 15144) e non ove vi sia una novella normativa anteriore all’atto introduttivo del giudizio, come accaduto nel caso (S.U. 13 giugno 2011 n. 12905, ord. 11 aprile 2001 n. 8127 e Cass. ord. 5 febbraio 2011 n. 2799).

2.2. I motivi del ricorso del Consorzio – dal secondo al quarto – sono anche essi infondati e da rigettare e possono esaminarsi congiuntamente perchè tutti relativi alla pretesa erronea applicazione di norme processuali.

Per quanto già detto sulle norme del codice di rito applicabili nel procedimento dinanzi alla G.S.E. se vigenti alla data in cui si sono applicate, nella decisione impugnata, nessuna violazione vi è stata dell’art. 101 c.p.c. nella versione applicabile alla data del processo, anteriore a quella attualmente vigente a decorrere dal 4 luglio 2009, perchè solo in tale ultima modifica normativa si impone la rimessione in istruttoria per il rispetto del contraddittorio tra le parti (comma 2), prima del rilievo di ufficio di questioni, sulle quali in precedenza non si sia discusso.

Come s’è esattamente rilevato (S.U. 11 maggio 2006 n. 10831), sia pure in riferimento alle norme di cui alla novella del c.p.c. della L. 26 novembre 1990, n. 353, la tardiva proposizione di eccezioni, deve essere rilevata di ufficio dal giudice, indipendentemente dall’atteggiamento processuale di controparte, e quindi correttamente ha operato la G.S.E. nel caso, in ragione della particolare celerità del processo dinanzi a tale giudice speciale, per cui nessuna violazione del contraddittorio v’è stata nel rilievo officioso della decadenza del diritto di eccepire la prescrizione dopo la udienza di prima comparizione (così pure Cass. 11 maggio 2006 n. 10831). La dedotta violazione dell’art. 167 c.p.c., in rapporto all’art. 2969 c.c., sembra confondere la decadenza da tardività dell’opposizione alla stima e quella rilevata nel merito dalla G.S.E., in applicazione della novella di cui alla L. 15 maggio 2005, n. 80 ad un processo iniziato successivamente al 1 marzo 2006 come sancito dalla legge, per cui la eccezione di prescrizione, anche se contenuta nella comparsa di risposta, se proposta dopo l’udienza di prima comparizione e trattazione (art. 183 c.p.c.), come accaduto in concreto, non può che ritenersi tardiva e dichiararsi inammissibile, con conseguente infondatezza del terzo motivo di ricorso.

Altrettanto è a dire, in rapporto alla prescrizione del diritto all’indennità di occupazione per le annualità maturate anteriormente all’ultimo decennio, in quanto la tardività di tale eccezione poteva rilevarsi dalla giunta anche essa d’ufficio, come accaduto nella fattispecie (cfr. Cass. 12 giugno 2008 n. 15707), perchè la deduzione della estinzione per prescrizione del diritto all’indennità è stata prospettata correttamente nella comparsa di risposta, ai sensi dell’art. 167 c.p.c., impedendo l’esame di essa dal giudice investito della questione il fatto che l’eccezione è stata successiva alla prima udienza (Cass. 28 novembre 2003 n. 18263). In conclusione il motivi di ricorso secondo, terzo e quarto, sono infondati e devono quindi rigettarsi.

3.3. Il sesto motivo di ricorso è infondato sulla questione della delegazione intersoggettiva dal commissariato di governo al Consorzio ricorrente, in ordine alla determinazione delle indennità oggetto di causa, mentre è inammissibile in rapporto alla deduzione dallo stesso ricorrente della modifica della delega per effetto della direttiva n. 16 del Commissario di governo, che avrebbe superato il conferimento al concessionario della legittimazione a resistere in questa causa. In ordine alla natura intersoggettiva della delegazione al Consorzio concessionario, di cui alla L. n. 219 del 1981, artt. 81 e segg. per tale legge, la delega demanda ai consorzi il compimento in nome proprio di tutte le operazioni materiali, tecniche e giuridiche occorrenti per la realizzazione del programma di edilizia residenziale, anche se comportanti l’esercizio di poteri di carattere pubblico, con la conseguenza “che, avendo la L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 81 relativa al programma straordinario di urbanizzazione dell’area metropolitana del Comune di Napoli, autorizzato, in forza di una disciplina speciale e in parte derogatoria rispetto a quella sulle espropriazioni, il ricorso alla concessione traslativa, la fonte della responsabilità esclusiva del concessionario e della sua legittimazione passiva, sia in relazione al risarcimento del danno per l’occupazione acquisitiva che per il pagamento delle indennità dovute in conseguenza di espropriazioni rituali, deve essere individuata proprio nelle menzionate norme di legge” (S.U. 20 marzo 2009 n. 6769, Cass. 14 dicembre 2007 n. 36261).

Quanto alla questione della pretesa modifica della disciplina normativa che precede, conseguente alla “direttiva n. 16” del Commissario di governo, non meglio specificata, il richiamo a tale tipo di atto, che ha natura solo regolamentare e attuativa delle ordinanze emesse dallo stesso commissario con poteri di deroga alle norme di legge, non consente di ritenere la deduzione rilevante nel caso di specie, in ragione delle norme di legge citate che non possono essere derogate con il citato atto di matura solo regolamentare.

Dal ricorso non risulta peraltro in quale contesto del giudizio di merito la questione di detta direttiva è stata proposta dal ricorrente, con la conseguenza che essa deve ritenersi prospettata per la prima volta in cassazione, con conseguente inammissibilità, per tale profilo, del motivo di ricorso. La conferma della legittimazione passiva nel presente giudizio del Consorzio ricorrente comporta il rigetto anche del sesto motivo di ricorso.

3.4. In ordine alla circostanza della mancata occupazione delle aree per le quali si è liquidata la indennità a carico del ricorrente, tale fatto negativo, ad avviso della giunta, è smentito dal verbale d’immissione in possesso del consorzio concessionario nelle aree oggetto di causa in data 5 giugno 1981 (cfr. pagg. 8 e 10 sentenza impugnata).

L’avvenuta immissione in possesso, come verbalizzata nell’atto indicato, rileva fino a querela di falso e di conseguenza, in mancanza di prova della restituzione del terreno all’I.A.C.P., non può che riaffermasi l’avvenuta privazione di godimento del terreno in danno dell’Istituto, riconosciuta dalla G.S.E., per cui correttamente si è liquidata l’indennità di occupazione oggetto di causa.

3.5. In ordine all’ultimo motivo di ricorso, la censura relativa alla omessa considerazione delle modificazioni del valore venale delle aree occupate nel tempo, quale componente della indennità virtuale di esproprio, non può assumere rilievo, come si afferma nella stessa citata Cass. n. 16744/2007 che per prima ha enunciato il principio relativo, se non sia evidenziato il rilievo di detta diversità dei valori venali per il computo dell’indennità di occupazione che, nel caso di specie, è calcolata senza gli interessi dalla scadenza di ciascuna annualità alla data della decisione. L’utilizzazione del valore venale del terreno alla data della decisione, per liquidare l’indennità virtuale di espropriazione e ricavare da questa quella di occupazione, non comporta necessariamente una entità del dovuto maggiore della somma liquidata in base alle diverse indennità di espropriazione determinate anno per anno, perchè i valori del mercato immobiliare all’attualità non sono necessariamente maggiori e possono anche essere minori di quelli delle epoche precedenti e non costituiscono in alcun caso una mera rivalutazione delle somme da corrispondere.

Nel caso, del resto, la sentenza della G.S.E. espressamente afferma la natura di debito di valuta dell’indennità di occupazione (pag.

14) e, dato il criterio equitativo e presuntivo in base al quale si determina quanto dovuto per tale titolo, in una percentuale della indennità di espropriazione e al solo fine di compensare il mancato godimento del bene per tutta la durata dell’occupazione (in tal senso, tra altre, la recente Cass. 13 gennaio 2011 n. 714), non è predeterminabile in modo sicuro il danno subito dal ricorrente per la mancata commisurazione ai valori venali variati nel tempo della indennità di occupazione (su tale tipo di calcolo, con la sentenza citata in ricorso n. 16744/2007, cfr. Cass. 21 giugno 2010 n. 14939 e 14 aprile 2008 n. 9321, che peraltro collegano il criterio ad un interesse concreto).

Nulla esclude che, nel caso, il computo complessivo di quanto dovuto, liquidato anno per anno, con i valori venali modificati nel tempo e con l’aggiunta degli interessi maturati dalla scadenza di ciascuna annualità al deposito del dovuto presso la Cassa Depositi e prestiti, dei quali nessun conto si tiene nella sentenza oggetto di ricorso, possa dare luogo ad una somma maggiore o pari a quella liquidata nel merito e oggetto di impugnazione dal soggetto che deve corrisponderla. La condanna agli interessi dalla data della sentenza invece che dalle singole annualità al pagamento, può infatti compensare l’eventuale maggiore liquidazione della indennità dovuta con gli interessi solo dalla data della sentenza al saldo, anche se computata in base al valore all’attualità del terreno utilizzato per determinare quanto dovuto per l’espropriazione. Mancando in ricorso un computo, sia pure sommario, delle somme che il ricorrente avrebbe potuto risparmiare con il diverso metodo di liquidazione da lui proposto, non è certo neppure l’interesse concreto e attuale del Consorzio al motivo di impugnazione, che, per tale profilo, è quindi inammissibile.

4. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi e, per la soccombenza, il ricorrente Consorzio dovrà rimborsare al controricorrente I.A.C.P. di Napoli, le spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo; opportuna è la compensazione delle spese tra ricorrente e Metropolitana di Napoli s.p.a., la quale nel suo controricorso esattamente rileva la propria estraneità alla causa in cui è stata evocata solo per esigenze processuali. Nulla per le spese nei confronti degli intimati che non si sono difesi in questa sede.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese del presente giudizio al controricorrente I.A.C.P. di Napoli, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre le spese generali e agli accessori di legge.

Compensa interamente le spese del giudizio di legittimità tra ricorrente e M.N. – Metropolitana di Napoli s.p.a..

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della corte Suprema di Cassazione, del 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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