Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28332 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. un., 05/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 05/11/2019), n.28332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6587/2018 proposto da:

PROVINCIA REGIONALE DI ENNA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIGLIENA 2, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LOMONACO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAURIZIO NICITA;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA SOCIALE A.S.M.I.D.A. A R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURIZIO ANTONELLO DIPIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/2017 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 19/12/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/09/2019 dal Presidente Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso in via principale per

l’inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Giuseppe Lomonaco per delega dell’avvocato

Maurizio Nicita e Maurizio Antonello Dipietro.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 19/12/2017, la Corte d’appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la giurisdizione del Giudice ordinario in relazione al giudizio, proposto dalla Provincia Regionale di Enna, di opposizione al decreto ingiuntivo, con cui il Tribunale di Enna aveva condannato la Provincia al pagamento, in favore della società cooperativa ASMIDA a r.l., a titolo di contributi pubblici, della somma di Euro 43.934,25, oltre interessi dalla maturazione di ciascun credito sino al soddisfo.

Secondo la Corte territoriale, nella specie è individuabile non l’interesse legittimo in capo all’appellante, ma bensì il diritto soggettivo ad ottenere dalla Provincia Regionale i contributi per l’intero triennio 1999-2002, aventi la propria fonte nella Delib. n. 510 del 1999, concessi o comunque già oggetto di impegno da parte dell’Ente e solo parzialmente conferiti, di talchè la controversia attiene alla fase di erogazione dei contributi e non già alla fase precedente, nè il conferimento, ovvero la quantificazione del contributo, era stato lasciato alla libera determinazione dell’ente, essendo chiaro che detti contribuii avrebbero dovuto essere erogati nella misura fissa del 20% rispetto ai costi sostenuti dalla Cooperativa per il servizio di assistenza agli alunni diversamente abili, il cui importo sarebbe dipeso, per gli anni scolastici 2000/2001 e 2001/2022, dal numero degli operatori impiegati sino al limite massimo di 30, avuto riguardo alle esigenze avanzate dai Comuni interessati.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, la Provincia Regionale di Enna, sulla base di un unico motivo, illustrato con memoria.

Si difende con controricorso la Cooperativa sociale ASMIDA.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico mezzo, la Provincia Regionale di Enna denuncia il vizio di “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’asserita giurisdizione del Giudice ordinario”; sostiene che con la Delib. Giunta Provinciale n. 510 del 1999, la Provincia aveva disposto la corresponsione di un contributo straordinario per l’anno 1999/2000 finalizzato all’attuazione del Progetto (OMISSIS); che in alcun modo dalla Delib. era evincibile un impegno triennale dell’ente, mentre era stato fissato l’unico impegno di spesa per l’anno 1999/2000, riservandosi l’Amministrazione provinciale di stabilire “di anno in anno, in quale misura concorrerà finanziariamente alla realizzazione del progetto”, il che equivaleva a dire che “per gli anni successivi ci sarebbe stata una nuova valutazione discrezionale dell’ente sia in ordine all’an che al quantum”; che quanto rilevato era confermato dal fatto che per l’anno successivo 2000/2001 era stato stabilito il minor contributo di 40 milioni di Lire, impegnato con apposita Delib. Giunta Provinciale 31 dicembre 2001, n. 432, nonchè dalle disposizioni del “regolamento per la concessione dei contributi nel settore dell’assistenza sociale”, di cui all’art. 7, comma 2 e art. 9, comma 1, artt. 6 e 8; che il Giudice di seconde cure, prima di affermare la propria giurisdizione, avrebbe dovuto verificare l’esistenza di una convenzione, di competenza consiliare, come prevista nel protocollo d’intesa all. n. 3 del fascicolo di primo grado.

2. Il ricorso è inammissibile.

Premessa la natura non vincolante della rubrica del motivo fatto valere col ricorso nel riferimento al vizio motivazionale, che non è ammissibile in materia processuale e quindi nella specie, in cui la ricorrente prospetta questione di giurisdizione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 (sul principio, si richiama la pronuncia dell’8/3/2017, n. 5785), purtuttavia il motivo non sfugge al rilievo di inammissibilità, per il profilo che si va a rilevare.

La pronuncia impugnata ha ben tenuto conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza delle sezioni unite, come ribaditi, tra le altre, nelle pronunce Cass., Sez. U., del 23/11/2018, n. 30418, dell’11/07/2018, n. 18241, del 27/06/2018, n. 16960, del 16/12/2010, n. 25398, del 1/12/2009, n. 25261, in relazione alla situazione giuridica soggettiva individuabile in capo a colui che aspiri a finanziamenti o sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione, che possono essere così sintetizzati: ogniqualvolta la norma di previsione affidi alla p.a. il discrezionale apprezzamento circa l’erogazione del contributo, l’aspirante è titolare di un interesse legittimo, che conserva identica natura durante tutta la fase procedimentale che precede il provvedimento di attribuzione del beneficio ed è tutelabile davanti al giudice amministrativo; l’emanazione di siffatto provvedimento determina, poi, l’insorgenza di un diritto soggettivo alla concreta erogazione, tutelabile davanti al giudice ordinario, se al provvedimento stesso non sia stata data concreta attuazione, per mero comportamento omissivo, oppure perchè l’amministrazione intenda far valere la decadenza del beneficiario dal contributo, in relazione alla mancata osservanza, da parte del medesimo, di obblighi al cui adempimento la legge o il provvedimento condizionano l’erogazione suddetta o la sua permanenza; la situazione giuridica soggettiva del destinatario della sovvenzione torna, invece, ad essere di interesse legittimo se la mancata erogazione del finanziamento, pur oggetto di specifico provvedimento di attribuzione, dipenda dall’esercizio di poteri di autotutela dell’amministrazione, la quale intenda annullare il provvedimento stesso per vizi di legittimità da cui sia affetto o revocarlo per contrasto originario con l’interesse pubblico.

Alla stregua di detti principi, la Corte del merito ha esaminato la fattispecie, evidenziando che il diritto della Cooperativa ad ottenere i contributi per l’intero triennio 1999-2002 trovava la propria fonte nella Delib. n. 510 del 1999, trattandosi di contributi già concessi, o per i quali l’Ente si era impegnato, e successivamente parzialmente conferiti; che la quantificazione non era lasciata alla libera determinazione della Provincia, ma era stata fissata nella misura del 20% dei costi sostenuti dalla Cooperativa per il servizio, il cui importo sarebbe dipeso per gli anni 2000/2001 e 2001/2002, dal numero degli operatori impiegati, sino al massimo di 30.

Quindi, secondo la Corte del merito, non vi era alcuna discrezionalità per l’ente, nè sull’an nè sul quantum dell’erogazione, visto che le ragioni del pubblico interesse all’erogazione del contributo erano state già riconosciute per il triennio dalla citata Delib., a prescindere dalla circostanza che il regolamento per la concessione dei contributo nel settore dell’assistenza sociale prevedesse la determinazione dei contributi da stabilirsi di volta in volta.

Ora, a fronte di detti rilievi, la Provincia ricorrente si limita a contestare che dalla deliberazione in oggetto possa evincersi l’impegno triennale, riporta l’indicazione, contenuta nella Delib., “che l’amministrazione provinciale stabilirà di anno in anno, in quale misura concorrerà finanziariamente alla realizzazione del progetto”, oppone che a ritenere assunto l’impegno triennale, il provvedimento avrebbe previsto gli importi della contribuzione anche per il successivo biennio, evidenzia come il contributo dell’anno 2000/2001 sia stato inferiore rispetto a quello della prima annualità, ed oggetto di specifico impegno con la Delib. n. 432 del 2001.

Detti rilievi non scalfiscono in alcun modo il nucleo centrale dell’argomentazione addotta dalla Corte del merito per pervenire a ritenere la giurisdizione del giudice ordinario, non evidenziando errori interpretativi del Giudice territoriale o violazione di norme, limitandosi alla generica contestazione dell’esegesi della Corte d’appello ed alla riproposizione della propria interpretazione.

Nella specie, quindi, la risoluzione della questione di giurisdizione richiede l’interpretazione della deliberazione in oggetto, atto amministrativo che, come affermato nelle pronunce del 29/11/2005, n. 26047 e del 7/5/2004, n. 8713, in quanto atto unilaterale è soggetto alle stesse regole che presiedono l’interpretazione dei contratti, in quanto applicabili, ex art. 1324 c.c..

Ora, l’interpretazione della deliberazione, pur costituendo questione di fatto, è sindacabile da questa Corte, che, quando decide una questione di giurisdizione è anche giudice del fatto, da ritenersi non solo quali i fatti processuali, ma di tutti i fatti, anche esterni al processo, dai quali dipenda la soluzione della questione (così, specificamente, la pronuncia Sez. U. 26/11/2008, n. 28166), ma necessariamente il ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1 richiede la specifica indicazione degli errori in cui, in tesi, sarebbe incorsa la pronuncia impugnata con le argomentazioni oggetto di censura.

Come infatti affermato nelle pronunce 29/9/2017, n. 22880, del 16/10/2007, n. 21621, e del 20/9/2006, n. 20405, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.

Nella specie, invece, la ricorrente si limita ad una generica contestazione della tesi fatta propria dalla Corte d’appello, ed in particolare, non muove alcuna specifica censura al rilievo di fondo del Giudice territoriale, secondo cui con la Delib. n. 510 del 1999, erano stati concessi, o comunque l’ente si era impegnato a concedere, i contributi per il triennio, la cui quantificazione non era stata lasciata alla libera determinazione della Provincia, ma era stata fissata nella misura del 20% rispetto ai costi sostenuti dalla Cooperativa, dipendenti dal numero degli operatori impiegati, nel limite massimo di 30.

Nè può ritenersi a riguardo pregnante il richiamo, a pag. 4 del ricorso, all’inciso della deliberazione secondo cui l’amministrazione avrebbe stabilito di anno in anno in quale misura fissare il proprio concorso finanziario alla realizzazione del progetto, dato il carattere sostanzialmente “neutro” di detto inciso, con riguardo all’interpretazione della deliberazione adottata dalla Corte di merito.

3. Conclusivamente, va dichiarato inammissibile il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la Provincia Regionale di Enna alle spese, liquidate in Euro 3500,00, oltre Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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