Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28330 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. un., 22/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28330

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sez. –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

DELLE MUSE 8, presso lo STUDIO LEGALE PACE – ASSOCIAZIONE

PROFESSIONALE, rappresentata e difesa dagli avvocati PACE ALESSANDRO,

LAX PIERLUIGI, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.

MAZZINI 55, presso lo studio degli avvocati FIDONE GIANFRANCESCO,

LINGUITI ALBERTO, che la rappresentano e difendono, per delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 5379/2010 del Consiglio di Stato, depositata

il 24/11/2010;

uditi gli avvocati Alessandro PACE, Gianfrancesco FIDONE;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.

FEDELI Massimo, il quale chiede che la Corte di Cassazione, a Sezioni

unite, dichiari la giurisdizione del giudice amministrativo, con le

pronunce di legge.

Fatto

Con ricorso notificato alla RAI – Radiotelevisione Italiana s.p.a. il 2-10-2010 F.G., impugnando il bando dell’1-9-2010 – con il quale era stata indetta “una selezione riservata a giornalisti professionisti di lingua italiana da utilizzare, per future esigenze, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in qualità di redattore ordinario, nelle redazioni giornalistiche regionali” delle regioni e province autonome indicate – chiedeva al TAR Lazio in via principale, nel merito, di annullare l’atto impugnato ed in via cautelare, ed anche ai sensi dell’art. 56 cod. proc. amm., di “sospendere il provvedimento impugnato in parte qua ed adottare tutte le misure cautelari ritenute idonee ed opportune, in modo comunque da consentire alla ricorrente di partecipare alla selezione in questione eventualmente anche “ritenendo già utilmente prodotta la domanda già presentata (spedita a mezzo raccomandata a.r. il 29-9-2010) dall’interessata in versione cartacea, mediante utilizzo del “form on line” predisposto dall’amministrazione stessa”.

In particolare la F. lamentava che in sostanza la previsione relativa al requisito di residenza dei candidati, contenuta nel bando, violava gli artt. 3, 4, 5 e 35 Cost. essendo “irragionevole e, di fatto, priva di alcuna motivazione o giustificazione, incorrendo anche nel vizio di eccesso di potere”.

Con decreto del 1-10-2010 veniva accolta provvisoriamente l’istanza di misure cautelari provvisorie, fissandosi per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 21-10-2010.

La Rai con memoria depositata il 19-10-2010 si costituiva chiedendo il rigetto dell’avverso ricorso ed eccependo, tra l’altro, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del TAR. All’esito il TAR, con ordinanza n. 4663 del 22-10-2010, riteneva insussistente la propria giurisdizione.

Avverso la detta ordinanza la F. proponeva appello sostenendo la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

La Rai si costituiva ed il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5379 del 23-11-2010 accoglieva l’istanza cautelare ai fini della partecipazione della ricorrente alla procedura selettiva.

A fronte di tale ordinanza, affermativa della giurisdizione del giudice amministrativo, la RAI ha proposto “ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione”, articolato in tre motivi, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario con ogni conseguenza di legge.

Il Pubblico Ministero con le conclusioni scritte ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.

La F. ha resistito con controricorso.

Infine la Rai ha depositato memoria.

Diritto

Preliminarmente va rilevata la ammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, così intendendosi il ricorso stesso come riferito alla domanda introduttiva avanzata nel giudizio di merito e non rivolto contro il provvedimento cautelare emesso dal Consiglio di Stato, e ciò sulla base non solo dell’intestazione, ma soprattutto delle chiare conclusioni (“…chiede di regolare la giurisdizione nella presente controversia dichiarando, in accoglimento del presente ricorso, la giurisdizione del giudice ordinario, con ogni conseguenza di legge.. “). al di là delle espressioni impugnazione adottate nella esposizione, considerato, peraltro, che l’emanazione del provvedimento cautelare, ancorchè definitivo, non preclude la proponibilità del regolamento de ano, non essendo ancora intervenuta una decisione nel merito (v.

Cass. S.U. 2-11-2001 n. 14848. cfr. Cass. S.U. 24-4-2002 n. 6040.

Cass. S.U. 7-5-2003 n. 6954, Cass. S.U. 2-7-2003 n. 10464, Cass. S.U. 19-5-2004 n. 9532, Cass. S.U. 8-8-2005 n. 16603, Cass. S.U. 31-1-2006 n, 2053).

Con il primo motivo la ricorrente in sostanza deduce la erroneità della qualificazione della “selezione per personale giornalistico 2010” della RAI come “procedura concorsuale”, e la inesistenza nella specie di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva in capo al M., in quanto il provvedimento impugnato dinanzi al giudice amministrativo non era un bando di concorso, essendo semplicemente finalizzato alla selezione di un gruppo di persone che la RAI si riservava di assumere o meno, a seconda delle future esigenze aziendali.

Con il secondo motivo la ricorrente rileva la erroneità della qualificazione della s.p.a. RAI come ente equiparato alla pubblica amministrazione, deducendo che la RAI è una società per azioni (D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 49) equiparata agli enti pubblici soltanto a determinati fini, e cioè con riguardo alla disciplina degli appalti e alla responsabilità contabile dei funzionari, ma non in relazione alla disciplina dell’organizzazione interna, interamente sottratta al diritto pubblico, ed aggiungendo che la scelta legislativa in favore della natura privatistico societaria della RAI, è stata dettata proprio dall’intento di differenziare la RAI dalle amministrazioni pubbliche, sicchè equiparare la prima alle seconde per via giurisprudenziale costituirebbe una “invasione del merito legislativo”, non consentita all’Autorità Giudiziaria. La ricorrente, inoltre, deduce che:

– la nomina di taluni consiglieri d’amministrazione da parte di una commissione parlamentare non è risolutiva per affermare la natura di ente pubblico della RAI, perchè caratteristica comune a tutte le società per azioni di interesse nazionale;

– l’indisponibilità dello scopo sociale è comune a numerose imprese, ivi comprese quelle indubitabilmente private operanti nel settore radiotelevisivo, le quali non possono avere altro oggetto sociale che l’esercizio dell’attività radiotelevisiva;

– la percezione di fondi pubblici consegue alla scelta originaria, secondo la quale la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, ancorchè società per azioni, dovesse essere in mano pubblica;

– la sottoposizione ai poteri di vigilanza di un’apposita commissione parlamentare non depone per la natura pubblica dell’ente, ed anzi prescinde dalla forma prescelta per lo stesso;

– il controllo della Corte dei Conti discende dal fatto che la RAI rientra tra gli enti, non necessariamente pubblici, destinatari di contribuzioni ordinarie da parte dello Stato;

– l’obbligo dell’osservanza delle procedure di evidenza pubblica nell’affidamento degli appalti, scaturisce dall’inquadramento a tal fine negli “organismi di diritto pubblico” ai sensi della normativa comunitaria in materia, ma non implica affatto la natura pubblica dell’ente.

Con il terzo motivo la ricorrente, deduce che anche le norme generali sul riparto di giurisdizione di cui agli artt. 7 e 133 del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010) escludono nella fattispecie la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto la RA1 non è titolare di poteri autoritativi e nell’esercizio della propria attività non emana provvedimenti amministrativi, rilevando altresì che neppure potrebbe dilatarsi “a dismisura” l’ambito applicativo del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 in forza della “generalissima disposizione” contenuta nel D.L. 112 del 2008, art. 18, comma 2 (conv. con L. n. 133 del 2008), con conseguente “surrettizio ampliamento della giurisdizione” del giudice amministrativo.

In primo luogo, osserva il Collegio che la RAI -Radiotelevisione italiana s.p.a. è designata direttamente dalla legge (vedi ora D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 49, comma 1 “T.U. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici” -, e già L. 3 maggio 2004, n. 112, art. 20, comma 1) quale concessionaria (fino al 6-5-2016) del “servizio pubblico generale radiotelevisivo” (in precedenza sulla “natura” di s.p.a. “di interesse nazionale ex art. 2461 c.c.” (ora art. 2451 c.c.) della società concessionaria v. L. n. 206 del 1993, art. 1 e sulla previsione della concessione “ad una società per azioni a totale partecipazione pubblica” v. L. n. 223 del 1990, art. 2, comma 2 e, prima ancora, L. n. 103 del 1975, art. 3; da ultimo, invece, sulla previsione dell’avvio del processo di “dismissione della partecipazione dello Stato” v. L. n. 112 del 2004, art. 21 richiamato nell’art. 49, comma 13).

Il comma 2, poi, del citato art. 49 del T.U. stabilisce t espressamente che “per quanto non sia diversamente previsto dal presente teso unico la Rai Radiotelevisione s.p.a. è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche per quanto concerne l’organizzazione e l’amministrazione”.

La RAI è quindi una società per azioni per volontà stessa del legislatore (che peraltro con la L. n. 112 del 2004, art. 21 ha previsto anche la incorporazione della “Rai-Radiotelevisione italiana s.p.a.” nella RAI-Holding s.p.a.” nonchè, “per l’effetto”, la assunzione da parte della incorporante della denominazione sociale di “RAI- Radiotelevisione italiana s.p.a.”) e, seppure soggetta ad una disciplina particolare per determinati aspetti ed a determinati fini, riguardanti anche la giurisdizione, chiaramente dettata da interessi di natura pubblica, per tutto quanto non diversamente previsto non può che essere regolata secondo il regime generale delle società per azioni.

In particolare va premesso che il T.U. citato, all’art. 7 chiarisce che la RAI è “la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo” istituita “al fine di favorire l’istruzione, la crescita civile e il progresso sociale, di promuovere la lingua italiana e la cultura, di salvaguardare l’identità nazionale e di assicurare prestazioni di utilità sociale”, con il contributo pubblico da essa percepito, costituito dal canone versato dagli utenti, che “è utilizzabile esclusivamente ai fini dell’adempimento dei compiti di servizio pubblico generale affidati alla stessa” (all’uopo l’art. 47 dello stesso T.U. prevede la tenuta di “una contabilità separata” e il divieto di “utilizzare, direttamente o indirettamente, i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico” – in tal senso v. già L. n. 112 del 2004, art. 18).

La norma, peraltro, precisa che l’informazione radiotelevisiva di qualsiasi emittente costituisce comunque un “servizio di interesse generale”.

L’art. 49 disciplina gli organi, i relativi poteri e le relative nomine, stabilendo tra l’altro che spetta alla Commissione parlamentare di vigilanza il potere di nominare i sette noni del consiglio di amministrazione “fino a che il numero delle azioni alienate non superi la quota del 10 per cento del capitale”.

La RAI è poi sottoposta a penetranti poteri di vigilanza da parte della detta Commissione parlamentare (art. 50) e alla verifica dell’adempimento dei compiti affidata all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (art. 48), nonchè al controllo della Corte dei Conti (ai sensi della L. n. 259 del 1958, art. 2, trattandosi di ente “cui lo stato contribuisce in via ordinaria” e, dal 2010, a seguito del D.P.C.M. 10 marzo 2010, ai sensi dell’art. 12 della stessa legge, configurandosi, con riguardo alla intervenuta recente fusione sopra richiamata, la fattispecie tipica dell’apporto statale al patrimonio in capitale).

In tale quadro, poi, è stato precisato da questa Corte che “poichè la RAI è un’impresa pubblica (sotto forma societaria, in cui lo Stato ha una partecipazione rilevante) operante nel settore dei “servizi” pubblici di telecomunicazioni radio e televisive in concessione, assoggettata ai poteri di vigilanza e di nomina da parte dello Stato e costituita per soddisfare finalità di interesse generale, essa deve essere qualificata come “organismo di diritto pubblico” tenuto ad osservare le norme comunitarie di evidenza pubblica, nonchè le rispettive norme interne attuative, per la scelta dei propri contraenti in tutti gli appalti di valore eccedente le soglie indicate per i servizi di cui al D.Lgs. n. 158 del 1995, art. 7 (ad eccezione delle sole procedure per l’aggiudicazione di appalti che siano relativi specificamente a servizi di radiodiffusione e televisione – settore “escluso” dalla Direttiva 92/50/CEE del 18 giugno 1992)”, con le relative conseguenze in ordine alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, lett. d) come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. a). (v. Cass. S.U. 23-4-2008 n. 10443).

Nello stesso quadro, infine, pur sempre delimitato, va collocata la affermazione della sostanziale “assimilabilità” della RAI ad un “ente pubblico” al fine della qualificabilità come danno erariale del danno cagionato dai suoi agenti e della conseguente loro assoggettabilità all’azione di responsabilità amministrativa davanti al giudice contabile, peraltro connessa al controllo ex L. n. 259 del 1958 al quale è assoggettata (v. Cass. S.U. 22-12-2009 n. 27092).

Orbene, tali aspetti particolari, costituiscono pur sempre dei segmenti speciali di una disciplina che, comunque, per tutto quanto non diversamente disposto si rifà al regime proprio delle società per azioni. Del resto la espressa configurazione per legge in tal senso non potrebbe di certo assumere una valenza assolutamente “neutrale”.

In conclusione la RAI-Radiotelevisione Italiana, anche se fortemente caratterizzata dagli evidenziati peculiari aspetti e tuttora in mano pubblica, resta pur sempre una società per azioni, e ciò deve vieppiù affermarsi a seguito della L. n. 112 del 2004 e del T.U. n. 177 del 2005 (in precedenza sulla natura privatistica della RAI v.

fra le altre Cass. S.U. 26-11-1996 n. 10490. Cass. 13-8-2002 n. 12200).

Sulla base di tale premessa deve quindi escludersi che, con riferimento alla stessa, possa applicarsi la riserva della giurisdizione del giudice amministrativo, “in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4.

La RAI, infatti, non è in alcun modo annoverabile tra le pubbliche amministrazioni indicate nell’art. 1 comma 2 dello stesso D.Lgs..

Nè all’uopo potrebbe invocarsi l’ampia espressione contenuta nell’art. 7, comma 2 del Codice del processo amministrativo, D.Lgs. n. 104 del 2010 (Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo”). Il detto articolo, infatti, come si legge nella Relazione trasmessa dal Governo al Senato, “definisce la giurisdizione del giudice amministrativo in ossequio alle norme costituzionali e ai noti principi dettati dalla Corte Costituzionale, in particolare nelle sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006. In applicazione di tali regole e principi la giurisdizione amministrativa è strettamente connessa all’esercizio (o al mancato esercizio) del potere amministrativo e in tale ambito rientrano in essa le controversie concernenti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente a detto potere. L’art. 7 costituisce una clausola generale tesa a spiegare la ratio delle diverse ipotesi di giurisdizione amministrativa in termini unitari”.

In definitiva ciò che è comunque essenziale è la riconducibilità dell’atto, del provvedimento o del comportamento all’esercizio di un pubblico potere (cfr. C. Cost. n. 191 del 2006, n. 35 del 2010), esercizio che è del tutto assente in capo alla RAI. Alla luce, quindi, di quanto espresso nella richiamata Relazione, deve escludersi qualsiasi incidenza innovativa dell’art. 7, comma 2 citato sulla estensione della giurisdizione amministrativa nella materia delle procedure concorsuali come prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, tanto meno in combinato disposto con il D.L. n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 conv. con L. n. 133 del 2008 (“Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità”).

In primo luogo l’art. 7, comma 2 citato non contiene alcun rinvio all’art. 18, comma 2 citato, con la conseguenza che tale ultima disposizione di natura chiaramente sostanziale non può assumere di per sè alcuna rilevanza processuale, tanto meno al fine di un allargamento della giurisdizione del giudice amministrativo prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4.

L’obbligo, poi, di adottare i detti “criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi”, si inserisce pur sempre nell’agire (jure privaiorum) della società, senza comportare esercizi di pubbliche potestà e senza incidere sulla giurisdizione.

Inoltre non può ignorarsi che la riserva della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure concorsuali, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 4, presuppone la finalità della instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico, seppure contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione e non può affatto configurarsi in funzione della insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni.

In tale quadro, manifestamente infondata risulta, poi, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 2 citato, sollevata in via subordinata dalla controricorrente, secondo cui “l’equiparazione delle sole società di cui al primo comma del citato art. 18 alle amministrazioni pubbliche per quanto riguarda il reclutamento del personale e le conseguenze in punto di giurisdizione appare in contrasto con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di buon andamento (art. 97 Cost.)”.

Infatti anche per le società contemplate dal primo comma (che “gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica” e che sono tenute ad adottare, più specificamente, “criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3), la disciplina è dettata sul solo piano sostanziale, senza conseguenze sulla giurisdizione, che, parimenti, resta al giudice ordinario anche per quanto concerne l’espletamento delle procedure concorsuali per le assunzioni, trattandosi di società ugualmente non equiparabili, in mancanza di norma specifica, alle “pubbliche amministrazioni” di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63 (v. fra le altre da ultimo Cass. S.U. 10-3-2011 n. 5685).

Infine, con riferimento alla fattispecie in esame, neppure può trascurarsi che la selezione de qua (“riservata a giornalisti professionisti di lingua italiana da utilizzare, per future esigenze, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in qualità di redattore ordinario, nelle redazioni giornalistiche regionali” delle regioni e province autonome indicate) non ha ad oggetto, in via immediata, l’assunzione di giornalisti, ma solo l’individuazione di un gruppo di giornalisti idonei in vista di future assunzioni, di guisa che anche sotto tale profilo non potrebbe invocarsi il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 (per un’ipotesi analoga v. Cass. 13- 8-2002 n. 12200 cit.).

In conclusione, sul regolamento preventivo di giurisdizione proposto, nella controversia in esame va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Infine in considerazione della complessità e della novità delle questioni, le spese del presente giudizio vanno compensate tra le parti.

P.Q.M.

La Corte pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, compensa le spese, e rimette le parti davanti al Tribunale civile.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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