Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28329 del 07/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 07/11/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 07/11/2018), n.28329

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26200/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

3 D Rent Spa

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Molise

n. 52/02/12, depositata il 1 ottobre 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Sorrentino Federico, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avvocato dello Stato Paola Zerman che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

3 D Rent Spa, commerciante in autovetture, impugnava gli avvisi di accertamento per gli anni 2003 e 2004, il primo per maggior Irpeg ed Irap e per Iva, il secondo solo per quest’ultima, oltre sanzioni, emessi dall’Agenzia delle entrate per l’indebita cessione agevolata di vetture con aliquota al 4% (a soggetti con ridotte o impedite capacità motorie) in assenza delle condizioni di legge, l’indebita deduzione di costi (per riparazioni e manutenzioni) non inerenti, nonchè per operazioni soggettivamente inesistenti relative a cessioni in esenzione Iva a favore di società interposte, autrici di dichiarazioni di intento non veritiere.

Il giudice di primo grado accoglieva l’impugnazione; la sentenza era confermata dalla CTR del Molise.

L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con due motivi. La contribuente è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonchè violazione dell’art. 31 Tariffa Parte 2^ all. al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 12, comma 2 tuir (comma 3, come poi novellato) e art. 2697 c.c.: l’Agenzia lamenta, quanto alle cessioni in regime agevolato, il carattere meramente apparente della motivazione della sentenza impugnata, completamente omissiva delle risultanze allegate dall’Ufficio e dei criteri di riparto dell’onere della prova.

2. Il motivo è fondato.

2.1. La CTR, dopo aver premesso, che “le eccezioni sollevate dall’Ufficio sono aleatorie e prive di elementi di prova per cui sono da considerarsi presunzioni semplici” ha espressamente motivato sulla questione nei seguenti termini: “Per quanto concerne la cessione di autovetture con aliquota Iva ridotta a soggetti con ridotte o impedite capacità motorie, la società accertata sostiene che la documentazione relativa è stata consegnata all’Agenzia delle Entrate, che non ha smentito tale affermazione, per cui è da ritenersi vero quanto dedotto in merito dalla società”.

2.2. Il giudice d’appello, dunque, ha inteso assolvere al suo obbligo di motivazione limitandosi ad enunciare che l’accertamento si basava su semplici elementi presuntivi e che gli (asseriti) elementi giustificativi erano stati comunicati all’Ufficio.

Quanto al contenuto delle giustificazioni della contribuente, peraltro, è del tutto ignoto se (prima ancora che quali) vi siano atti o documenti, essendo omesso ogni riferimento od indicazione.

2.3. Nella descritta situazione, invero, non si è in presenza di una cd. motivazione per relationem, cioè fondata sulla mera condivisione della rappresentazione contenuta in atti esterni alla sentenza, che risulti fatta propria con forza argomentativa dal giudice, perchè detto tipo di motivazione suppone o la riproduzione del contenuto degli atti esterni al fine di farlo valere come argomento a sostegno della decisione e, quindi, come motivazione, o almeno un rinvio agli atti esterni che, pur non riproducendo il contenuto oggetto di esso, si accompagni all’indicazione della ragione di diritto o fattuale che giustificherebbe il valore attribuito e, anzi, all’oggetto del rinvio sì da consentire di comprendere appunto il senso della condivisione, al fine di poterlo criticare.

Si è, invece, in presenza non solo di un rinvio che prescinde non solamente dalla riproduzione di ciò a cui si è inteso fare rinvio e far proprio come motivazione, ma anche della mancanza di qualsiasi indicazione della ragione giuridica o fattuale che, in quanto emergente dall’oggetto del rinvio, si è ritenuto di condividere.

La motivazione, dunque, risulta materialmente carente per tutti gli oggetti del rinvio come parte formale della sentenza, prima che come parte sostanziale, perchè, anche ove fosse possibile motivare rinviando ad atti esterni (come per i precedenti giuridici, che possono richiamarsi, perchè essi fanno parte del “diritto” che è conosciuto o conoscibile da chiunque e, quindi, anche da chi legge la sentenza per percepirne la giustificazione), sarebbe impossibile individuare quella parte perchè il giudice non l’ha individuata (v. in termini Cass. n. 7402 del 2017).

2.4. Oltre a ciò, poi, va dato atto che la CTR ha del tutto obliterato che l’Agenzia aveva, invece, fornito riscontro (allegato H al pvc, riprodotto per autosufficienza per la parte di rilevanza) che i redditi degli invalidi interessati risultavano tutti superiori ai limiti di legge ex art. 12 tuir, sicchè, anche per questo profilo, è errata l’affermata non contestazione da parte dell’Amministrazione e, correlativamente, l’assolvimento dell’onere della prova da parte della contribuente.

3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c, e comma 2, come integrato dal D.L. n. 746 del 1983, art. 1, comma 2, conv. in L. n. 17 del 1984, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, art. 2727 c.c. e ss.

L’Agenzia delle entrate lamenta, in sostanza, che la CTR, da un lato, ha ritenuto necessaria la prova di un “accordo preventivo” o della partecipazione “oltre ogni ragionevole dubbio” alla frode carosello non essendo sufficienti elementi presuntivi, e, dall’altro, ha omesso ogni motivazione sul rilievo che la cessione, in regime di sospensione d’imposta, era avvenuta a soggetti privi della qualità di esportatori abituali.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. In tema di operazioni soggettivamente inesistenti questa Corte, con la sentenza n. 9851 del 10/04/2018, ha precisato che:

– l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta;

– la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi

e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente;

– incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

3.3. La CTR non si è attenuta a tali principi poichè ha ritenuto elemento integrante la condotta la necessità di un preventivo accordo e la partecipazione all’operazione in evasione d’imposta e non, invece, che il contribuente, anche in relazione alla qualità professionale ricoperta (commerciante di auto) e alle concrete modalità di scelta e realizzazione dell’operazione commerciale, “sapeva o avrebbe dovuto sapere con l’uso dell’ordinaria diligenza” che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; ha, poi, ritenuto elemento costitutivo della (richiesta) partecipazione l’esistenza di un dimostrato vantaggio (“non sia stata raggiunta la prova che la 3D Rent Spa abbia tratto vantaggi fiscali dall’intera operazione messa in atto”), circostanza, invece, estranea alla struttura della fattispecie.

3.4. Parimenti fondata è la contestata omessa motivazione quanto alla contestata violazione dell’art. 8, comma 1, lett. c, essendosi la CTR limitata a motivare “Per le dichiarazioni d’intento rilasciate dalle ditte acquirenti l’operazione appare del tutto legittima in quanto la società aveva, in merito, interpellato l’Ufficio chiedendo lumi in proposito e l’Ufficio non aveva sollevato obiezioni”, affermazione che pone in relazione una richiesta di preventive informazioni sulla procedura prevista in caso cessioni ad esportatori abituali con l’operazione effettivamente posta in essere, relazione, tuttavia, oltre che illogica, apodittica ed irrelata perchè priva di qualsiasi indicazione della ragione giuridica o fattuale del suo fondamento.

4. In accoglimento del ricorso, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Molise in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2018

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