Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28326 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 28326 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con nwtivazione
sentplifìenta

sul ricorso proposto da:

LAPALOMBELLA Fonte (LPLFNT 64/69 B619J), rappresentata e
difesa, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Claudio Defilippi, elettivamente domiciliata
in Roma, via degli Scipioni n. 132, presso lo studio
dell’Avvocato Claudio Federico;

ricorrente

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– resistente –

283G

Data pubblicazione: 18/12/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Torino
depositato in data 20 giugno 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 12 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito

il

P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 27 aprile

2012 presso la Corte d’appello di Torino, Lapalombella
Fonte chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata di un procedimento penale nei suoi
confronti, iniziato nel 2003 e conclusosi con sentenza
assolutoria in data 11 novembre 2011;
che l’adita Corte d’appello riteneva che il giudizio
penale, iniziato il 30 maggio 2003 (con una perquisizione
nei confronti della ricorrente) e conclusosi in data 11
novembre 2011, avesse avuto una durata complessiva (otto
anni e cinque mesi) eccessiva rispetto a quella da
considerare ragionevole di quattro anni e sei mesi (di cui
un anno per le indagini preliminari, sei mesi per l’udienza
preliminare e tre anni per il giudizio di primo grado), e
per la durata irragionevole di tre, anni e undici mesi
liquidava un indennizzo di euro 3.916,63, computato sulla

Stefano Petitti;

base del criterio di 1.000,00 euro per anno di ritardo,
disattendendo la richiesta della ricorrente che
l’indennizzo venisse calcolato con riferimento alla intera
durata del processo, e compensava per metà le spese

che Lapalombella Fonte ha proposto ricorso per la
cassazione di questo decreto, affidato a due motivi;
che il Ministero della giustizia non ha resistito con
controricorso ma ha depositato atto di costituzione ai fini
della partecipazione alla discussione.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso, la ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della
legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6.1. della CEDU, nonché
dell’art. 117 Cost., dolendosi del fatto che la Corte
d’appello non abbia liquidato il danno non patrimoniale con
riferimento alla intera durata del giudizio, così come
imposto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
come interpretata dalla Corte EDU;
che con il secondo motivo la ricorrente deduce
violazione dell’art. 92 cod. proc. civ., in relazione
all’art. 6.1. della CEDU, censurando la statuizione di
compensazione, ancorché parziale, delle spese;

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processuali;

che il primo motivo di ricorso è infondato;
che, invero, in tema di equa riparazione conseguente
alla violazione del diritto alla ragionevole durata del
processo, la valutazione equitativa dell’indennizzo a

rinvio contenuto nell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n.
89 all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848), al rispetto
delle Convenzione medesima, nell’interpretazione
giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo; tale
rispetto non concerne, però, anche il profilo relativo al
moltiplicatore della base di calcolo dell’indennizzo,
essendo peraltro il giudice nazionale vincolato al rispetto
del terzo comma, lett. a) dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001, ai sensi del quale è influente solo il danno
riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, non
toccando tale diversità di calcolo la complessiva
attitudine della citata legge n.89 del 2001 ad assicurare
l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto
alla ragionevole durata del processo (Cass. n. 17440 del
2011);
che tale approdo non collide con la giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale – nei
precedenti Martinetti e Cavazzuti c. Italia del 20 aprile

titolo di danno non patrimoniale è soggetta, per specifico

2010, Delle Cave e Corrado c. Italia del 5 giugno 2007 e
Simaldone c. Italia del 31 marzo 2009 – “ha osservato che
il solo indennizzo, come previsto dalla legge italiana n.
89 del 2001, del pregiudizio connesso alla durata eccedente

apprezzamento di cui dispone ciascuno Stato aderente alla
CEDU, che può istituire una tutela per via giudiziaria
coerente con il proprio ordinamento giuridico e le sue
tradizioni, in conformità al livello di vita del Paese,
conseguendone che il citato metodo di calcolo previsto
dalla legge italiana, pur non corrispondendo in modo esatto
ai parametri enunciati dalla Corte EDU, non è in sé
decisivo, purché i giudici italiani concedano un indennizzo
per somme che non siano irragionevoli rispetto a quelle
disposte dalla CEDU per casi simili” (Cass. n. 478 del
2011;
che non è fondato neanche il secondo motivo, atteso che
la Corte d’appello ha motivato la parziale compensazione
delle spese con il limitato accoglimento della domanda
proposta dalla ricorrente, oltre che con il comportamento
remissivo dell’amministrazione;
che se tale seconda argomentazione tale ragione non è
idonea a giustificare una deroga al criterio della
soccombenza nei giudizi di equa riparazione, atteso che la
mancata opposizione da parte dell’Amministrazione che ha

il ritardo non ragionevole, si correla ad un margine di

dato causa all’azione non può giustificare detta
regolazione (Cass. n. 901 del 2012), non altrettanto può
dirsi della prima, la quale risponde al costante
orientamento di questa Corte che ha affermato in più

richiesta con la domanda giudiziale non integra gli estremi
della reciproca soccombenza, ma ugualmente, con valutazione
discrezionale incensurabile in Cassazione purché
adeguatamente motivata, il giudice ne può tener conto ai
fini della compensazione, totale o parziale, delle spese
(Cass. n. 16526 del 2005);
che in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
che non avendo la difesa erariale partecipato alla
discussione, non vi è luogo a provvedere sulle spese del
presente giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il
12 novembre 2013.

occasioni che la riduzione, anche sensibile, della somma

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