Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28325 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 28325 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentetua con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

DE MURTAS Liliana (DRT LLN 55T69 H501P), rappresentata e
difesa, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Stefano Menicacci, presso lo studio del quale
in Roma, via Crescenzio n. 20, è elettivamente domiciliata;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

– controricorrente –

8835

Data pubblicazione: 18/12/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
depositato in data 11 giugno 2012.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 12 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Lucio Capasso, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato il 20 settembre

2010 presso la Corte d’appello di Perugia, De Murtas
Liliana chiedeva la condanna del Ministero della giustizia
al pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata di un giudizio civile di risarcimento
danni, iniziato dinnanzi al Giudice di pace di Roma il 24
settembre 1994, dichiarato interrotto il 12 giugno 2000 per
cancellazione dall’albo del procuratore della ricorrente,
non riassunta nei termini ma in data 30 marzo 2006, con
istanza di fissazione di udienza rigettata con ordinanza
del 19 luglio 2006, impugnata presso la Corte d’appello
che, con sentenza del 10 settembre 2009, rigettava il
gravame;
che l’adita Corte d’appello, ricostruita la vicenda
processuale e ritenuto che il giudizio originario si fosse
estinto perché non riassunto tempestivamente e che il
giudizio iniziato con la richiesta di riassunzione del 2006

Stefano Petitti;

si fosse svolto in un lasso di tempo ragionevole, rigettava
la domanda e condannava la ricorrente alle spese del
procedimento;
che avverso questo decreto De Murtas Liliana ha

che il Ministero della giustizia ha resistito con
controricorso.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 300 e 301
cod. proc. civ., dolendosi del fatto che la Corte d’appello
abbia ritenuto che la vicenda processuale presupposta
avesse dato luogo a due giudizi, mentre il giudizio era
unico, iniziato nel 1994 e concluso nel 2009;
che il ricorso è infondato;
che la Corte d’appello ha rilevato come a seguito della
presentazione di una prima istanza di riassunzione,
dichiarata inammissibile nel 2001, il giudizio iniziato
dinnanzi al Pretore di Roma nel 1994 ebbe ad essere
definito, atteso che l’ordinanza stessa non venne
impugnata;
che, dunque, del tutto correttamente la Corte d’appello
ha ritenuto che l’atto di riassunzione del 2006 costituisse

proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo;

una nuova domanda, in relazione alla quale il termine di
durata ragionevole non era certamente stato superato;
che d’altra parte è la stessa ricorrente che, nel
riprodurre nel ricorso il proprio atto di appello,

Cancelleria l’ordinanza, emessa fuori udienza, con cui era
stata dichiarata l’interruzione del giudizio ai sensi
dell’art. 301 cod. proc. civ., tuttavia la parte ne era
venuta a conoscenza ed aveva proposto istanza di
riassunzione, dichiarata inammissibile dal Tribunale;
che tutti i vizi relativi alla detta ordinanza
avrebbero quindi dovuto essere denunciati in sede di
impugnazione della stessa, e non anche con un anomalo atto
di riassunzione depositato a circa sei anni dall’evento
interruttivo e a circa cinque anni dal deposito della
ordinanza che aveva dichiarato inammissibile la prima
istanza di riassunzione;
che infatti non può ritenersi consentito prescindere
dai termini previsti dal codice di rito per la proposizione
della impugnazioni;
che, dunque, l’istanza di riassunzione del 2006 non
poteva essere considerata, ai fini della domanda di equa
riparazione, altro che come nuova domanda, priva di un
rapporto di continuità con il giudizio iniziato nel 1994 e

riferisce che, pur non essendo stata comunicata dalla

definito nel 2001 con l’ordinanza che ha dichiarato
inammissibile la prima istanza di riassunzione;
che del resto non vale neanche ipotizzare la violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo della

il giudice dell’equa riparazione è tenuto ad accertare la
tempestività della domanda;
che il ricorso va quindi rigettato, con conseguente
condanna della ricorrente, in applicazione del principio
della soccombenza, al pagamento delle spese del presente
giudizio, come liquidate in dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro 292,50 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI-2 Sezione Civile della Corte suprema di cassazione, il
12 novembre 2013.

mancata eccezione da parte dell’amministrazione, atteso che

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