Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28325 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 05/11/2019), n.28325

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17493/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.L.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 10353/05/2017 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, Sezione staccata di SALERNO, depositata in

data 06/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 09/07/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue:

1. Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento in materia di IRPEF notificato al contribuente D.L.G. in data 26/03/2014, con cui l’Agenzia delle entrate con riferimento all’anno d’imposta 2007 contestava al contribuente l’omessa dichiarazione di redditi di capitale integrante, per l’entità degli importi evasi, il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, rigettava l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo, per quanto qui di interesse, che nella specie non operava il raddoppio dei termini di accertamento non avendo l’amministrazione finanziaria presentato la relativa denuncia penale.

2. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replica l’intimato.

3. Il motivo di ricorso con cui la difesa erariale deduce la violazione della disciplina in materia di raddoppio dei termini di accertamento (violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) è fondato e va, pertanto, accolto.

4. Al riguardo deve ribadirsi l’insegnamento di questa Corte secondo cui “In tema di accertamento tributario, i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per l’IVA, nella versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza”, come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza 25 luglio 2011, n. 247, “senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati” (Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016).

5. Nelle citate pronunce la Corte ha avuto cura di precisare: a) che “non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza”, applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, nè dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando “nè l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, nè la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)” (Cass. n. 16728/16, cit.); c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per l’accertamento (L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonchè D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati – come nel caso in esame, in cui l’atto impositivo risulta notificato nell’anno 2014 (ricorso pag. 1) – si applica la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2 (che non è stato modificato dalla successiva L. n. 208 del 2015), che fa espressamente salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in vigore del predetto decreto.

6. Pertanto, alla stregua di quanto detto al precedente par. 5, lett. b) e c), deve ritenersi, contrariamente a quanto sostenuto dalla CTR nell’impugnata sentenza, che è del tutto irrilevante la presentazione della denuncia penale al momento dell’emissione dell’atto impositivo, perchè quello che invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza – sussistente nella fattispecie in esame – che le violazioni tributarie accertate (omessa dichiarazione con imposta evasa maggiore delle soglie di punibilità previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4) integrassero fatti penalmente rilevanti.

7. Conclusivamente, quindi, il ricorso va accolto e la sentenza cassata con rinvio alla competente CTR per l’esame delle questioni rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 09 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

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