Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28323 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. III, 22/12/2011, (ud. 02/12/2011, dep. 22/12/2011), n.28323

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.C. (OMISSIS), considerato domiciliato “ex lege”

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dagli avvocati RIBALDONE MARIA ELENA, MOSCA

GIUSEPPE giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE SEPARATA DEI BENI CIVICI DI BUTTOGNO (OMISSIS) in

persona del Presidente pro tempore D.P.G.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati BERTOLO ROBERTO,

CAPRISTO DOMENICO giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 753/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

SEZIONE AGRARIA, depositata il 22/05/2009, R.G.N. 1331/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito l’Avvocato MARIA RIBALDONE;

udito l’Avvocato ENRICO IVELLA per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Amministrazione separata dei Beni civici di Buttogno adiva, dopo infruttuoso tentativo di conciliazione davanti all’IPA, il Tribunale di Verbania, sez. spec. agraria, chiedendo la condanna di B. C., affittuario per contratto dell’alpeggio pascolativo (OMISSIS), al pagamento della somma di Euro 5.229,10 a titolo di canoni per gli anni 2004, 2005, 2006.

Si costituiva il B.C. ed eccepiva (per quello che qui interessa) l’improcedibilità della domanda per difetto di rituale tentativo di conciliazione, nonchè l’infondatezza della domanda. Il Tribunale accoglieva la domanda. Proponeva appello il convenuto.

La Corte di appello di Torino, sez. spec. agraria, con sentenza depositata il 22.5.2009, ha rigettato l’appello. Ha proposto ricorso per cassazione B.C.. Resiste con controricorso l’attrice.

Il collegio ha disposto la motivazione semplificata di questa sentenza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per contraddittorietà della motivazione in relazione al mancato accoglimento del secondo motivo di appello. Tale secondo motivo di appello atteneva alla pretesa improcedibilità o improponibilità della domanda per mancanza di valido tentativo di conciliazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per insufficienza della motivazione in relazione al mancato accoglimento del quarto motivo di appello, attinente ad un pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c., conseguente all’erronea valutazione del petitum e della causa petendi.

3.1. Ritiene questa Corte che entrambi i motivi siano inammissibili.

Va, anzitutto osservato che, per quanto prospettate come vizi di motivazione (sotto il quale profilo esse sarebbero inammissibili, giusto quanto osservato in seguito), le due censure attengono a violazioni di norme procedurali e, quindi, ricadono nell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Infatti il vizio di motivazione riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione o l’applicazione di norme giuridiche; in questo secondo caso, che invece ricade nella previsione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 4 il vizio di motivazione in diritto non può avere rilievo di per sè, in quanto esso, se il giudice del merito ha deciso correttamente le questioni di diritto sottoposte al suo esame, supportando la sua decisione con argomentazioni inadeguate, illogiche o contraddittorie, o senza dare alcuna motivazione, può dar luogo alla correzione della motivazione da parte della Corte di Cassazione (Cass. 06/08/2003, n. 11883; cass. n. 14630/2000).

3.2. Sennonchè, così correttamente inquadrate le censure , i motivi sono inammissibili per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Nella fattispecie nessuno dei 2 motivi presenta il quesito di diritto.

3.3. Peraltro anche sotto il prospettato profilo del vizio di motivazione i motivi di ricorso sarebbero inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., mancando del momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. S.U. 1.10.2007, n. 20603; Cass. 18.7.2007, n. 16002).

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal resistente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dal resistente e liquidate in complessivi Euro 2200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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