Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28318 del 05/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 05/11/2019), n.28318

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11072/2017 R.G. proposto da:

M.F., ditta individuale in amministrazione giudiziaria,

in persona dell’amministratore giudiziario e legale rappresentante

pro tempore, Dott. C.C., rappresentata e difesa, per

procura in calce al ricorso, dall’avv. Rosario CALI’, presso il cui

studio legale in Palermo, alla via Gioacchino di Marzo, n. 11, è

elettivamente domiciliata;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3693/25/2016 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, depositata in data 24/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La ditta contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, variamente articolati, cui non replica l’intimata, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, in controversia relativa ad impugnazione di tre avvisi di accertamento con cui venivano recuperate, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, maggiori imposte ai fini IVA, IRES ed IRAP con riferimento agli anni 2006, 2007 e 2008, riuniti gli appelli proposti separatamente dalle parti avverso i capi della sentenza di primo grado loro rispettivamente sfavorevoli, accoglieva quello (ritenuto principale) proposto dall’Ufficio, rilevando che la CTP si era pronunciata ultrapetita là dove aveva riconosciuto, in assenza di specifica domanda avanzata dal contribuente, la riduzione dell’aliquota dal venti al dieci per cento, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 127-sexiesdecies, allegata tabella A; rigettava, invece, l’appello (considerato incidentale) proposto dal contribuente ritenendo “carente e quasi inesistente la prova che il contribuente ha fornito per contestare i recuperi del maggior reddito eseguiti dall’Ufficio” (sentenza, pag. 6).

2. Disposta, con ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 24684 del 2018, e regolarmente effettuata dalla ricorrente la notifica del ricorso all’Agenzia delle entrate, inizialmente effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, sulla rinnovata proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo articolato motivo di ricorso la ditta ricorrente deduce la “nullità della sentenza per omessa pronuncia su due motivi di impugnazione, error in procedendo e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3 e 4, mancanza dei presupposti per ritenere assorbiti tutti i motivi del ricorso non esaminati in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

2. Sostiene la ricorrente che la CTR aveva omesso di pronunciare sul secondo e terzo motivo di appello con cui aveva eccepito “l’illegittimità della sentenza di primo grado per omessa motivazione” su due motivi del ricorso di primo grado, proposti con riferimento al recupero di ricavi perchè di competenza di un diverso anno d’imposta e di costi ritenuti indeducibili.

2.1. Ritiene il Collegio che la censura in esame sia ammissibile (essendo stata rispettata la c.d. autosufficienza virtuosa, come propugnato dal noto Protocollo d’intesa tra questa Corte ed il Consiglio Nazionale Forense, mediante allegazione al ricorso degli atti in esso richiamati) e sia anche fondata.

2.2. Invero, con la deduzione nell’atto di appello della “illegittimità della sentenza di primo grado per omessa motivazione” (come si legge a pag. 4 del ricorso) sui due motivi di impugnazione degli avvisi di accertamento indicati al precedente par. 2, la ricorrente ha sostanzialmente, anche se implicitamente, riproposto alla Commissione d’appello i motivi di censura all’atto impositivo cui i giudici di primo grado, secondo la prospettazione di parte, non avevano dato risposta.

2.3. E che i giudici di appello abbiano inteso i predetti motivi come diretti a censurare non l’omessa pronuncia sui medesimi, ma l’omessa motivazione della sentenza di primo grado, g si evince agevolmente dalla circostanza che la CTR ha fatto espresso riferimento a tale ultimo vizio (di “omessa e insufficiente motivazione” – v. pag. 6 della sentenza impugnata) rigettandolo sul rilievo che “il Giudice di Primo Grado non ha mancato di considerare i “riscontri obiettivi” emergenti dal quadro probatorio presentato dal contribuente con il suo ricorso”.

2.4. Resta però il fatto che su quei due motivi di ricorso, da ritenersi quindi riproposti in grado di appello, seppur con equivoca esposizione, la CTR ha omesso di pronunciarsi.

2.5. La censura in esame va, quindi, accolta.

3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la “illegittimità e/o nullità della sentenza per motivazione insufficiente e/o contraddittoria e/o apparente, error in procedendo e violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, illegittimità della sentenza per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3 e 4, vizio di ultrapetizione e violazione dell’art. 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

3.1. Sostiene, con una prima censura, di aver dedotto in primo grado la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, per “la mancanza di motivazione dell’atto impositivo in ordine al metodo di accertamento seguito dall’Ufficio” (ricorso, pag. 6) e “all’obbligo di indicare nell’atto impositivo la metodologia accertativa utilizzata ed i presupposti che ne legittimano l’applicazione” (ricorso, pag. 8); questione riproposta in grado appello su cui la CTR aveva però omesso di pronunciare.

3.2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3.3. Va preliminarmente precisato che la carenza motivazionale degli atti impositivi in punto di omessa indicazione negli atti impositivi del “metodo di accertamento seguito dall’Ufficio per recuperare a tassazione i ricavi presuntivamente omessi” (così a pag. 3 della memoria), non può ricavarsi, come invece sostiene la ricorrente, dalla contraddittorietà delle sentenze di merito, quella di primo grado avendo fatto riferimento del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 comma 1, lett. d), e quella di secondo grado, invece, a tale disposizione, comma 2, dovendosi attribuire prevalenza a quest’ultima statuizione alla stregua del principio secondo cui la sentenza d’appello è interamente sostitutiva della sentenza di primo grado (ex multis, Cass. n. 352 del 2017, n. 15185 del 2003).

3.4. Ciò posto, rileva il Collegio che il motivo è manifestamente infondato atteso che è la stessa ricorrente a sostenere che “l’Ufficio impositore negli avvisi di accertamento impugnati (…) ha genericamente richiama(to) la disposizione del D.P.R. n. 600 n. 1973, art. 39” e ciò è di per sè sufficiente a far ritenere infondata la censura posto che la contestazione del metodo di accertamento utilizzato dall’amministrazione finanziaria in assenza – come nel caso di specie – di specificazione del pregiudizio subito (Cass. n. 2872 del 2017), da un lato, e la mancata o l’errata indicazione, nell’avviso di accertamento, della norma asseritamente violata, dall’altro, non sono causa di nullità dell’atto per inosservanza dell’obbligo di motivazione, ove lo stesso indichi i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che permettano al contribuente di esercitare il proprio diritto difensivo (v. Cass. 9499 del 2017). Circostanza, quest’ultima, che la ricorrente non contesta.

4. Da quanto detto discende, altresì, l’infondatezza della censura di difetto assoluto di motivazione pure mossa sul punto alla statuizione impugnata.

5. Infine, anche la censura di ultrapetizione rivolta alla sentenza impugnata, per avere la CTR affermato che era “carente e quasi inesistente la prova che il contribuente ha fornito per contestare i maggiori ricavi accertati”, è del tutto infondata posto che incombeva proprio sul contribuente l’onere di fornire elementi di prova idonei a superare la presunzione dei maggiori ricavi e ciò indipendentemente dal metodo di accertamento adottato nello specifico dall’amministrazione finanziaria.

6. Conclusivamente, quindi, va accolto il primo motivo di ricorso, va rigettato il secondo e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo esame, alla competente CTR, in diversa composizione, che provvederà a regolamentare anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 09 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA