Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28316 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28316 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 16548-2009 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, rgià RAI – Radiotelevisione Italiana’

iSocietà

per Azioni], in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio
2013
3216

dell’avvocato CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MUSILLI FRANCO C.F. MSLFNC69A01Z401W, elettivamente

Data pubblicazione: 18/12/2013

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II

domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7, presso lo studio
degli avvocati SOLFANELLI ANDREA, D’ONOFRIO SARA, che
lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 8586/2007 della CORTE

10791/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato RUGGIERI GIANFRANCO per delega
CONSOLO GIUSEPPE;
udito l’Avvocato SOLFANELLI ANDREA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
,

Generale Dott. CARMELO CELENTANO l che ha concluso per
l’inammissibilità o in subordine rigetto.

D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/07/2008 R.G.N.

Svolgimento del processo
Con sentenza 17/12/07 — 11/7/08 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello
proposto dalla R.A.I s.p.a. avverso la sentenza del giudice del lavoro del
Tribunale capitolino con la quale era stata dichiarata l’illegittimità dei termini

aventi ad oggetto la sua assunzione a tempo determinato come operatore di
ripresa, ed accertata la sussistenza tra le parti di un unico rapporto di lavoro a
tempo indeterminato decorrente dalla data del primo contratto del 3-12-1990.
ohoArate. Co.. cen-Nujià
Conseguentemente il primo giudice aveva agtkngmedir9 del rapporto e
condannato la società radiotelevisiva al pagamento delle retribuzioni maturate dal
24-11-2003.
Con la decisione oggi impugnata la Corte territoriale ha rilevato che i contratti
antecedenti il 10-9-1998 erano stati stipulati in violazione dell’arti della legge n.
eksii

230/62, per cui la nullità del termine

pposto determinava l’instaurazione sin

dall’origine di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con la conseguenza
che divenivano irrilevanti le questioni sollevate sulla presunta legittimità dei
contratti successivamente stipulati; in ogni caso, la Corte ha osservato che la
decisione del primo giudice appariva correttamente fondata anche sulla base della
accertata mancanza della necessaria correlazione richiesta dalla normativa di
riferimento tra la professionalità del lavoratore e gli specifici programmi da
realizzare. Infine, la Corte ha ritenuto infondato il motivo incentrato sulla eccepita
risoluzione del rapporto per muto consenso , dopo aver rilevato che appariva
ininfluente il fatto che tra un contratto e l’altro fossero intercorsi intervalli variabili di
alcuni mesi.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso la R.A.I s.p.a. con due motivi.
Resiste con controricorso Musilli Franco.
La difesa della società R.A.I. s.p.a deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378
c.p.c.

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apposti a diciassette contratti conclusi fra il 1990 ed il 2003 con Musilli Franco,

Motivi della decisione
1. Col primo motivo di censura la difesa della R.A.I deduce la violazione o falsa
applicazione dell’art. 1, co. 2°, lett. e) della legge n. 230/62, come modificato dalla

punto decisivo della controversia.
tra socvirce
Sostiene 1~1 ricorrente che del tutto erroneamente sarebbe stato applicato
nella fattispecie l’indirizzo giurisprudenziale, richiamato nella sentenza impugnata,
per il quale la specificità degli spettacoli o dei programmi radiofonici e televisivi,
richiesta dalla citata norma per la legittimità dell’apposizione del termine, non
implica la straordinarietà od occasionalità del programma, dovendo quest’ultimo
essere individuato, determinato e nominato e dovendo sussistere una stretta
correlazione tra programma e produzione complessiva dell’azienda, per cui
l’apporto lavorativo del personale assunto a termine deve presentare un vincolo,
seppur complementare o strumentale, di diretta correlazione allo spettacolo o
programma per il quale avviene la specifica assunzione.
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,eitst ricorrente lo stesso orientamento giurisprudenziale
summenzionato dovrebbe essere oggetto di rimeditazione, posto che la relativa
ricostruzione della portata normativa dell’art. 1, comma 2°, lett. e), della legge n.
230/62 risulterebbe caratterizzata da un processo di sovrapposizione
dell’elaborazione giurisprudenziale stratificatasi in materia al dato normativo.
Invero, atteso che l’art. 1, lett. e), della legge n. 230/62 fa esclusivo riferimento “a
specifici spettacoli ovvero a specifici programmi radiofonici o televisivi” non può
sostenersi che la stessa norma richiede che le mansioni del lavoratore assunto
con contratto a tempo determinato siano atipiche o eccezionali o specialistiche. Ne
conseguirebbe che alcuna rilevanza normativa dovrebbe avere la qualificazione
soggettiva della prestazione lavorativa ai fini della legittimità dell’apposizione del
termine al contratto “de quo”. Avrebbe, quindi, errato la Corte d’appello nel ritenere
di poter porre a carico della società datrice di lavoro l’onere di dimostrare, ai fini

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legge n. 266 del 23-5-1977, nonché l’errata ed insufficiente motivazione su un

della validità delle assunzioni a termine, l’esistenza di una necessaria correlazione
tra l’apporto della prestazione lavorativa richiesta ed il programma per il quale il
medesimo dipendente era stato assunto. Il primo motivo si chiude con la
proposizione del quesito diretto a verificare se i singoli contratti a termine fra la

tempo dal 1990 al 2003 erano da considerare validi ed efficaci in quanto rispettosi
della normativa di cui all’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, come modificato
dalla legge 23 maggio 1977 n. 266.
In ordine al vizio motivazionale, prospettato col primo motivo, si osserva che lo
stesso appare incentrato sul fatto che la Corte non avrebbe considerato che
l’apposizione del termine ai contratti poteva essere consentita anche per lo
svolgimento di mansioni esecutive, come quelle espletate dal Musilli, non essendo
necessario un contributo del lavoratore valutabile in chiave di genialità creativa,
per cui male avrebbero fatto i giudici d’appello a dichiarare la nullità di tali contratti
e ad affermare l’esistenza di un unico contratto a tempo indeterminato.
Il motivo è infondato.
Invero, la legge n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. e), come modificato dalla
legge n. 266 del 1972, prevede e consente l’applicazione del termine “nelle
assunzioni di personale riferite a pubblici spettacoli, ovvero a specifici programmi
radiofonici o televisivi”.
Nell’interpretazione di tale norma, questa Suprema Corte ha ripetutamente
affermato che, affinchè il rapporto di lavoro a termine possa ritenersi legittimo, è
necessario il concorso di una pluralità di requisiti, essenzialmente riferibili alla
temporaneità e specificità dello spettacolo e dell’esigenza lavorativa che il
contratto è diretto a soddisfare, ed in particolare: a) che il rapporto si riferisca ad
una esigenza di carattere temporaneo della programmazione televisiva o
radiofonica, da intendersi non nel senso della straordinarietà o occasionalità dello
spettacolo (che può ben essere anche diviso in più puntate e ripetuto nel tempo),

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RAI ed il Musilli per ben specificati ed individuati programmi televisivi nell’arco di

bensì nel senso che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della
complessiva programmazione fissata dall’azienda, per cui, essendo destinato ad
esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa; b) che il
programma, oltre ad essere temporaneo nel senso sopra precisato, sia anche

dall’azienda nell’ambito della propria ordinaria attività radiofonica e televisiva, per
cui, essendo dotato di caratteristiche idonee ad attribuirgli una propria individualità
ed unicità (quale species di un certo genus), lo stesso sia configurabile come un
momento episodico dell’attività imprenditoriale, e come tale rispondente anche al
requisito della temporaneità; c) che, infine, l’assunzione riguardi soggetti il cui
apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se
complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicchè non
può ritenersi sufficiente a giustificare l’apposizione del termine la semplice
qualifica tecnica o artistica del personale, richiedendosi che l’apporto del peculiare
contributo professionale, tecnico o artistico del lavoratore sia indispensabile per la
buona realizzazione dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni
del personale di ruolo dell’azienda (confronta ex multis da ultimo Cass. n.
17053/2008; Cass. n. 8385/2006; Cass. n. 1291/2006).
Di tali criteri interpretativi, che il Collegio condivide e ritiene di confermare, la
sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione, per cui nessuna censura può
essere mossa alla stessa.
Infatti, una volta verificata la correttezza della decisione impugnata in merito alla
accertata instaurazione “ab initio” di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
quale sanzione normativa scaturita dalla rilevata nullità dell’apposizione del
termine al primo dei contratti in questione, ne discende che è altrettanto logica la
decisione della Corte territoriale di escludere qualsiasi efficacia ai contratti
successivamente conclusi.

caratterizzato dalla atipicità e singolarità rispetto ad ogni altro evento organizzato

2. Col secondo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza nella parte in
cui è stata decisa la riammissione in servizio del Musilli in contrasto con lo ius
superveniens rappresentato dall’art. 21 della legge n. 233 del 2008 che ha
modificato l’art. 4 del d.lgs n. 368 del 2001 attraverso l’introduzione della

di violazione delle norme in materia di apposizione e proroga del termine.
Osserva la Corte che il motivo è inconferente, sia perché le disposizioni normative
ritenute violate dalla Corte di merito sono, nella fattispecie, quelle di cui alla citata
legge n. 230 del 1962 e non quelle del decreto legislativo n. 368 del 2001, sia
perché l’art. 4-bis di tale decreto, così come introdotto dall’art. 21, comma 1-bis,
del decreto-legge del 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge del 6 agosto 2008 n. 233, è stato dichiarato incostituzionale dal giudice delle
leggi con la sentenza n. 214 del 2009.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza della ricorrente e vanno attribuite ai difensori dell’intimato,
dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre accessori di legge, con attribuzione agli avvocati
d’Onofrio e Solfanelli.
Così deciso in Roma il 12 novembre 2013.

disposizione transitoria di cui all’art. 4 — bis concernente l’indennizzo per le ipotesi

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