Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28315 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28315 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA
sul ricorso 21125-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE C.F. 7210890584, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI, 12;
– ricorrente –

2013
3134

contro

TOPI WALTER C.F. TPOWTR40B22F740G, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA A. GRAMSCI 14, presso lo
studio dell’avvocato GIGLIO ANTONELLA,

che

lo

Data pubblicazione: 18/12/2013

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

8/2010

della CORTE D’APPELLO

di MILANO, depositata il 11/01/2010 R.G.N. 384/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
06/11/2013

dal Consigliere Dott. GIULIO

MAISANO;
udito l’Avvocato DE GIOVANNI ENRICO;
udito l’Avvocato GIGLIO ANTONELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Walter Topi ha adito il tribunale di Como, giudice del lavoro, con il ricorso
depositato il 15.1.2007. Ha premesso che l’Agenzia delle dogane, di cui era
dipendente, con la determinazione 36319 del 4 agosto 2003, ne aveva
disposto l’inquadramento nella area 3^, posizione economica F4,

maggio 1990 ed economici dal 2 settembre 1996. Ha chiesto che fosse
dichiarata l’illegittimità di due successive determinazioni della stessa
Agenzia, la prima del 10 febbraio 2004, che lo aveva retrocesso alla
qualifica inferiore, la seconda del 3 marzo 2004, con cui era stato disposto
il recupero di un credito di Euro 18.713,31. Ha poi domandato che
l’Agenzia fosse condannata a restituire con gli interessi le somme trattenute
ed a risarcire il danno che con il suo comportamento gli aveva procurato,
questo da liquidarsi in via equitativa. In via subordinata ha chiesto fosse
accertato che dal settembre 1996 aveva svolto le mansioni superiori di
funzionario tributario. L’Agenzia delle dogane ha opposto eccezioni di
difetto di giurisdizione, in relazione al periodo anteriore al 30 giugno 1998,
e di prescrizione, in relazione alle pretese dell’attore in ipotesi maturate
oltre cinque anni prima della richiesta avanzata dal ricorrente il 14 maggio
2003.
Il Tribunale con sentenza parziale, ha dichiarato il proprio difetto di
giurisdizione quanto al periodo anteriore al 30 giugno 1998 e con la
sentenza definitiva ha rigettato la domanda. Ha osservato che l’attore non
aveva diritto a che il giudicato ottenuto da altri dipendenti, sull’attribuzione
della qualifica superiore, fosse esteso anche a lui, come era avvenuto con la
determinazione poi ritirata.
La corte d’appello ha in parte accolto l’impugnazione proposta dall’attore.
Ha considerato che la giurisdizione sulla domanda spettava in tutto al
giudice ordinario. La ragione della domanda era da ravvisare nella lesione

corrispondente alla 8^ qualifica funzionale, con effetti giuridici dal 10

che al diritto dell’attore, scaturito dalla determinazione del 4 agosto 2003,
era derivato dalla successiva contraria determinazione del 10 febbraio
2004. Quanto al merito, ha osservato che l’atto di inquadramento del 2003
era derivato da una scelta discrezionale operata dall’Agenzia, pervenuta
essa a riconoscere all’attore la stessa posizione conseguita da altri in
l’estensione, e l’Agenzia che s’era dichiarata disposta a farlo a condizione
che il Topi avesse rinunziato agli interessi. Alla successiva seconda
determinazione non poteva quindi essere riconosciuto effetto.
Ne è seguito l’accertamento del diritto alla qualifica e la condanna alla
restituzione delle somme trattenute ed al pagamento di quelle non versate,
con i relativi interessi, mentre la domanda di risarcimento del danno è stata
rigettata.
L’Agenzia delle dogane ha chiesto la cassazione della sentenza in base a 5
motivi.
Walter Topi ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso riguarda la questione di giurisdizione, e su di
esso si è pronunciata la Corte di Cassazione a Sezioni Unite dichiarando,
con sentenza pubblicata il 3 maggio 2012, la giurisdizione del giudice
ordinario. Con successiva ordinanza in pari data le stesse Sezioni Unite
della Corte di Cassazione hanno rimesso la decisione sugli altri motivi di
ricorso alla Sezione Lavoro.
Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, con riferimento all’art. 2113 cod. civ. nonché con riferimento
all’art. 306 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la transazione
invocata dal lavoratore sarebbe invalida in quanto, sulla base delle
disposizioni inderogabili di legge, l’appellante non avrebbe potuto ottenere

giudizio a seguito di un accordo, tra l’impiegato che aveva sollecitato

l’inquadramento superiore in quanto l’art. 52, terzo comma del d.lgs. n. 165
del 2001 vieta per i pubblici dipendenti l’acquisizione della qualifica
superiore per effetto dello svolgimento di mansioni superiori.
Con il terzo motivo si assume omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in

sola natura privatistica dell’atto di attribuzione della qualifica superiore non
potrebbe desumersi l’impossibilità della revoca unilaterale del medesimo
atto, per cui l’amministrazione, resasi conto dell’illegittimità del proprio
provvedimento di riconoscimento di una superiore qualifica, ben può
revocarlo unilateralmente.
Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di norme di
diritto, con riferimento agli artt. 2088 e 2094 cod. civ., ex art. 360, n. 3 cod.
proc. civ. In particolare si deduce che il datore di lavoro ha l’obbligo di
uniformarsi alle disposizioni imperative di legge nell’organizzazione della
propria impresa, e l’obbligo del lavoratore ad uniformarsi e sottostare al
potere organizzativo del datore di lavoro, per cui la revoca del
provvedimento con il quale era stato riconosciuto al lavoratore
l’inquadramento superiore sarebbe pienamente legittimo.
Con il quinto motivo si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione all’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento alla mancata
pronuncia sull’eccezione di prescrizione ritualmente sollevata dalla difesa
erariale.
Il secondo, terzo e quarto motivo possono esaminarsi congiuntamente
riferendosi tutti alla validità della transazione che ha dato luogo
all’inquadramento contestato ed al conseguente trattamento economico
riconosciuto con la sentenza impugnata. I motivi sono infondati. Va infatti

27

relazione all’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si lamenta che dalla

considerato, in primo luogo che, nel caso in esame, la Pubblica
Amministrazione ha agito quale soggetto di diritto privato per cui non
trovano applicazione le limitazioni inerenti l’attività pubblica ed ai relativi
poteri autoritativi. Comunque la transazione in questione ha avuto ad
oggetto la rinuncia agli interessi da parte del dipendente e non anche il

dalla stessa Pubblica Amministrazione nei suoi poteri organizzativi.
Il quinto motivo sarebbe formalmente fondato in quanto, effettivamente il
giudice dell’appello non si è espressamente pronunciato in merito
all’eccepita prescrizione, tuttavia tale omissione sarebbe irrilevante in
quanto l’eccezione stessa è infondata. Il diritto azionato sorge infatti dalla
transazione intervenuta tra le parti per cui il termine prescrizionale sorge
solo dall’epoca di tale transazione e non dalla domanda originaria di
superiore inquadramento come dedotto nell’eccezione di prescrizione
riportata nel quinto motivo di ricorso.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza e
vanno distratte in favore della procuratrice del contro ricorrente dichiaratasi
antistataria.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €
100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge da distrarsi in favore dell’avv. Antonella Giglio antistataria.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2013.

riconoscimento della qualifica che è stata autonomamente riconosciuta

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