Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28311 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 28311 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 19342-2009 proposto da:

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INTESA SANPAOLO S.P.A.; in persona del
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elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA GREGORIO VII 108, presso lo studio
dell’avvocato SCONOCCHIA BRUNO, rappresentata e difesa
dall’avvocato BARBAGALLO FILIPPO, giusta delega in
2013

atti;
– ricorrente –

2740

contro

DI BITONTO MARIO GIUSEPPE;
– intimato –

Data pubblicazione: 18/12/2013

’ avverso la sentenza n. 1796/2009 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 11/05/2009 r.g.n. 8451/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per
l’accoglimento del quarto motivo, rigetto da uno a
tre, assorbiti gli altri.

udito l’Avvocato BARBAGALLO FILIPPO;

R.G. n. 19342/09
Ud. 22 ott. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
maggio 2009, ha rigettato l’impugnazione proposta da Intesa San
Paolo S.p.A. (già Sanpaolo IMI S.p.A. e prima Banco di Napoli
S.p.A.) avverso la decisione di primo grado )che aveva riconosciuto
a Di Bitonto Mario Giuseppe l’incentivo economico relativo all’anno
1996, e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal
dipendente, ha condannato la Banca al pagamento della somma di
18.107,10 per differenze retributive e per differenze sul
trattamento di fine rapporto e sui ratei di pensione, con gli
accessori di legge.
Ha osservato la Corte di merito, per quanto ancora rileva in
questa sede, che la motivazione del datore di lavoro sulle note di
qualifica del dipendente non era idonea a giustificare il diniego
dell’incentivo economico, trattandosi di una motivazione di stile
estensibile ad una serie indifferenziata di situazioni analoghe.
Inoltre vi era stata una valutazione, da parte della Commissione
centrale, difforme da quella del responsabile dell’unità operativa,
non accompagnata da elementi idonei a dar conto delle ragioni di
tale difformità. Ancora, era stato emesso un giudizio positivo per
l’anno 1995, solo pochi mesi prima di quello negativo che aveva
indotto il datore di lavoro ad escludere l’incentivo economico.
Era poi fondato l’appello incidentale del lavoratore, dovendo la
tutela del medesimo essere assicurata con l’attribuzione effettiva
dell’incentivo, a titolo di risarcimento del danno, con i conseguenti
riflessi economici sul t.f.r. e sui ratei di pensione.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 18 marzo – 11

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Per la riforma della sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la Intesa San Paolo S.p.A sulla base di cinque motivi,
illustrati da successiva memoria. Il dipendente è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in cinque motivi, cui fanno seguito,
diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., allora in vigore.
2. Con il primo motivo la ricorrente, denunziando violazione e
falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. nonché insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, deduce che erroneamente la Corte di merito ha
ritenuto che, in caso di contestazione della legittimità dei
provvedimenti assunti dal datore di lavoro nell’esercizio dei suoi
poteri in tema di valutazione dei dipendenti, l’onere della prova
dell’esistenza di cause ostative alla concessione del beneficio
dell’incentivo economico fosse a carico del datore di lavoro.
Al contrario era il dipendente che doveva fornire la prova che
tale valutazione fosse viziata, prova nella specie mai richiesta.
3. Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa

un fatto

controverso e decisivo per il giudizio, deduce che la Corte di merito
non ha correttamente considerato le risultanze della prova
testimoniale e di quella documentale, dalle quali era emerso che la
valutazione complessiva del Di Bitonto fu determinata da diversi
elementi negativi.
4. Con il terzo motivo la ricorrente, nel denunziare vizio di
motivazione nonché violazione e falsa applicazione dei canoni di
ermeneutica previsti dagli artt. 1362 e segg. cod. civ., deduce che
la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che il giudizio negativo
per il conseguimento dell’incentivo economico non fosse
adeguatamente motivato.

per quelli che denunziano violazione di legge, i relativi quesiti di

3

Rileva che tale incentivo veniva erogato non sulla base delle
sole note di qualifica, ma anche alla ulteriore condizione di un
giudizio positivo sul “potenziale”.
Nella specie il giudizio finale era stato formulato a seguito di
una complessa procedura stabilita dagli accordi sindacali e dalle
positiva fatta dalla Commissione centrale – alla quale spettava il
riesame delle rilevazioni del “potenziale” e l’attribuzione del giudizio
fmale di idoneità agli incentivi – nessun’altra motivazione,
ancorchè sintetica, poteva aggiungersi a quella che aveva ritenuto
inadeguati i valori di “potenziale”.
Anche le note di qualifica non erano state espresse ai
massimi livelli, essendo stato attribuito al dipendente un
punteggio insufficiente a superare la soglia prevista per l’accesso
all’incentivo economico.
Errata era poi l’affermazione della Corte di merito, secondo
cui, in presenza di valutazioni del responsabile dell’unità operativa
difformi da quelle della Commissione centrale, dovessero prevalere
quelle effettuate dal primo. La Commissione infatti disponeva di
tutte le notizie e dell’intero percorso professionale degli interessati.
Inspiegabile sul piano logico era, ancora, il fatto che la
sentenza impugnata aveva attribuito rilevanza al minimo scarto tra
il punteggio attribuito al Di Bitonto (2,4) e quello che gli avrebbe
consentito di accedere agli incentivi (2,5), essendo pacifico che
nell’attribuzione dei punteggi esiste un gradino immediatamente
sottostante a quello positivo convenzionalmente fissato.
Deduce, infine, la ricorrente che l’unico obbligo a carico del
datore di lavoro era quello di attenersi alle procedure previste dagli
accordi sindacali e dai successivi atti applicativi, fermo restando
che la valutazione sulla capacità dei singoli lavoratori è rimessa
all’apprezzamento discrezionale del datore di lavoro e che, nel caso
di giudizio negativo, l’onere di idonea motivazione deve intendersi

successive delibere di attuazione. Di fronte ad una valutazione non

,•

4

adempiuto con la comunicazione al dipendente dell’esito di tale
valutazione.
5. Con il quarto motivo la ricorrente denunzia violazione e
falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1226 cod. civ. nonché
vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il

Rileva che, ove si pervenga, in applicazione dei principi di
buona fede e correttezza, ad una dichiarazione di illegittimità della
valutazione datoriale, la conseguenza non può che essere il
risarcimento del danno conseguente all’inadempimento. La Corte
territoriale ha invece riconosciuto integralmente al dipendente
l’incentivo per l’anno 1996, senza peraltro motivare sulle ragioni di
tale statuizione.
6. Con il quinto motivo la ricorrente, denunziando vizio di
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
contesta gli importi riconosciuti dalla Corte di merito al
dipendente.
Deduce che, per effetto dell’accordo 4 agosto 1995, l’importo
dell’incentivo economico è stato cristallizzato alla data del 21
giugno 1995, senza ulteriori adeguamenti, per essere poi abolito a
seguito dell’accordo del 22 luglio 1996 e fatto confluire in un
assegno ad personam posto in assorbimento con gli aumenti
contrattuali; che i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre
1990 sono stati iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria
(AGO) e trasferiti ad una gestione speciale dell’INPS, al quale fa
carico l’erogazione di una pensione all’atto del loro collocamento a
riposo; che l’art. 4 del d. lgs. n. 357/90 “pone a carico dei fondi

esclusi, esonerati, etc. la differenza tra il trattamento pensionistico
previsto dai fondi di provenienza e quelli erogati dall’INPS”, onde per
quantificare il differenziale di pensione a carico degli ex dipenenti
del Banco di Napoli era necessario conoscere l’importo della
pensione liquidato dall’INPS e sottrarlo da quanto sarebbe spettato
in forza della normativa aziendale all’epoca vigente; che la Corte di

giudizio.

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merito ha omesso ogni accertamento al riguardo, ritenendo corretti
i conteggi prodotti da Di Bitonto con il ricorso introduttivo.
7. I primi tre motivi, che in ragione della loro connessione
vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
Al giudice non è dato di sindacare nel merito le valutazioni

professionale, dei dipendenti, poiché esse costituiscono
espressione della libertà d’iniziativa economica privata, tutelata
dall’art. 41 Cost. Il giudice può nondimeno controllare il rispetto
dell’art. 1375 cod. civ., ossia del criterio di buona fede nell’esercizio
dei poteri spettanti alla parte nel contratto di lavoro; criterio non
rispettato quando le valutazioni siano prive di motivazione, oppure
motivate in modo contraddittorio o, ancora, oltrepassino il
contenuto del contratto.
Nella specie la Corte territoriale, nel premettere che l’accordo
aziendale del 28-29 dicembre 1988, con il quale era stato
regolamentato l’incentivo economico, prevedeva che il giudizio, se
negativo, dovesse essere “idoneamente motivato” – prescrizione
questa ribadita nella successiva normativa aziendale di dettaglio ha escluso che tale giudizio fosse stato adeguatamente motivato,
avendo il datore di lavoro fatto uso di una formula di stile, limitata
alla mera comunicazione del mancato raggiungimento della soglia
di accesso al beneficio, con una formula analoga a quella utilizzata
per altri dipendenti in identiche fattispecie.
Ha poi il giudice d’appello dato adeguatamente conto delle
ragioni per le quali il giudizio negativo non era coerente con gli
elementi acquisiti, richiamando al riguardo le prove documentali
ed escludendo che le prove testimoniali potessero fornire elementi
a sostegno della ricostruzione operata dal datore di lavoro.
In siffatta situazione, diversamente da quanto sostiene la
ricorrente, non solo non risultano violati i principi di ermeneutica
contrattuale previsti dagli artt. 1362 e segg. cod. civ., ma nemmeno

dell’imprenditore sulla capacità, e in genere sul valore

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è ravvisabile il vizio di omessa o insufficiente motivazione,
apparendo questa adeguata, logica e non contradditoria.
Al riguardo va ricordato che il vizio di motivazione di cui
all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., sussiste solo se nel
ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza,

della controversia, e non può invece consistere in un
apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello
preteso dalla parte perché la citata norma non conferisce alla Corte
di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della
causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale
e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal
giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del
proprio convincimento e all’uopo, valutarne le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze
probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in
discussione.
Non si pone, infine, nella specie un problema di onere della
prova, avendo la Corte di merito fondato la propria decisione sulla
scorta degli elementi probatori acquisiti agli atti (note di qualifica,
schede di valutazione, relazioni del responsabile dell’unità
operativa), elementi tutti pacifici ed incontroversi.
8. Anche il quarto motivo è infondato.
La Corte di merito, in accoglimento della domanda
subordinata proposta dal lavoratore, ha condannato l’odierna
ricorrente al pagamento della somma al medesimo spettante a
titolo di incentivo economico per l’anno 1996 nonché di ulteriori
importi per differenze sul t.f.r. e sui ratei di pensione, conseguenti
all’accoglimento di detta domanda.
Così facendo, ha applicato il principio affermato da questa
Corte in analoga fattispecie (cfr. Cass. 9 maggio 1997 n. 11106, in
motivazione), qui condiviso, secondo cui, una volta accertata la
infondatezza della valutazione negativa operata dalla Banca e

sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi

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riconosciuto il diritto all’incentivo economico, non v’e ragione di
limitare la tutela all’annullamento dell’atto, senza assegnare al
lavoratore il beneficio richiesto.
La giurisprudenza richiamata dalla ricorrente attiene al
diverso aspetto delle procedure selettive degli avanzamenti di

legittimo, la cui violazione può dare luogo ad un risarcimento del
danno, che non può essere pari all’utilità finale da lui pretesa, ma
di incerta spettanza, bensì può coprire solo la perdita delle
possibilità favorevoli (cosiddetta perdita di chance). Nella specie
l’incentivo economico è per contro oggetto di un diritto soggettivo
perfetto, la cui lesione comporta un risarcimento del danno pari
all’intera perdita illegittimamente sopportata, ai sensi dell’art. 1223
cod. civ.
9. Inammissibile è infine il quinto motivo.
La questione relativa all’importo dell’incentivo economico che,
secondo la ricorrente, sarebbe stato prima cristallizzato e poi
abolito e fatto confluire in un assegno ad personam posto in
assorbimento con gli aumenti contrattuali, è stata affrontata dalla
sentenza impugnata e decisa in senso sfavorevole alla ricorrente,
per non avere questa precisato, a fronte del prospetto contabile
depositato dal lavoratore, quali fossero i minori importi spettanti al
medesimo per effetto del riassorbimento.
Sul punto la ricorrente non formula censure specifiche,
limitandosi a ribadire che gli importi indicati nel prospetto
contabile anzidetto sono erronei, in quanto non tengono conto
“dell’assorbimento per effetto degli intervenuti aumenti
contrattuali”.
Le altre questioni, relative al trattamento pensionistico e alla
incidenza sullo stesso del beneficio dell’incentivo economico
riconosciuto al lavoratore, non risultano esaminate dalla sentenza
impugnata né la ricorrente deduce di averle proposte in sede di
appello ed in quali termini.

carriera: in queste il lavoratore è titolare di un mero interesse

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Trattandosi di questioni nuove, esse non possono trovare
ingresso in questa sede.
10. Il ricorso deve in conclusione essere rigettato.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo giudizio, non
avendo il lavoratore svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma in data 22 ottobre 2013.

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