Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28311 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/11/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28311

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19140-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

EDIL SAPA SOC. COOP.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 10585/11/7017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONA di NAPOLI, depositata il 13/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/07/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato:

che la soc. coop. EDIL SAPA impugnava un avviso di accertamento basato sulla ritenuta inesistenza dell’operazione commerciale sottesa ad una fattura contabilizzata dalla ricorrente;

che la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della contribuente evidenziando che il raddoppio dei termini per l’accertamento consegue al mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dalla presentazione di questa;

che la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello della contribuente ritenendo che il raddoppio dei termini avrebbe potuto operare solo a condizione che la denuncia penale fosse stata presentata entro la scadenza del termine ordinario, salvo gli avvisi di accertamento notificati entro la data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 128 del 2015, ossia il 2 settembre 2015, mentre l’avviso di accertamento è stato notificato più tardi, ossia il 12 novembre 2015;

che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato ad un unico motivo mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che, con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 nella formulazione introdotta dAl D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, seconda parte, laddove stabilisce che sono fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui al D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015;

considerato che, secondo questa Corte, i termini previsti del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per l’IVA, come modificati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 24, conv. con modif. dalla L. 248 del 2006, nella versione applicabile ratione temporis, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo: Cass. 13 settembre 2018, n. 22337), anche con riferimento alle annualità d’imposta anteriori a quella pendente al momento dell’entrata in vigore (4 luglio 2006) del predetto decreto, tanto derivando non dalla natura retroattiva della novella, ma, secondo la lettura di tali disposizioni data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 247 del 2011, dalla circostanza che, stabilendo il prolungamento dei termini non ancora scaduti alla data dell’entrata in vigore del detto decreto, essa incide necessariamente (protraendoli) sui termini di accertamento delle violazioni che si assumono commesse prima di tale data, nel rispetto del principio cristallizzato dall’art. 11 disp. prel. c.c., comma 1 (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27629);

considerato inoltre che è stato analogamente affermato che i termini previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 per l’IRPEF e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 per l’IVA, come modificati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, conv., con modif., in L. n. 248 del 2006, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, già notificati, incidano le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, attesa la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l’applicazione del D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, nella parte in cui sono fatti salvi gli effetti degli avvisi già notificati (Cass. 14 maggio 2018, n. 11620);

considerato infatti che, secondo il D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto. Sono, altresì, fatti salvi gli effetti degli inviti a comparire di cui al D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 5 notificati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonchè dei processi verbali di constatazione redatti ai sensi della L. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 24 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015;

ritenuto che dalla giurisprudenza citata si evince un favor del legislatore per il raddoppio dei termini in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale (indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa), in ossequio ai principio costituzionale di cui all’art. 53 Cost. (capacità contributiva) e 112 Cost. (obbligo di esercitare l’azione penale e interesse della collettività al perseguimento dei reati) tutte le volte in cui tale raddoppio del termine non incida su diritti fondamentali del contribuente, quali il diritto di difesa, diritto che nel caso di specie non appare compromesso;

considerato che l’art. 2, comma 3, cit. va interpretato in maniera costituzionalmente orientata alla luce della suddetta ratio nonchè in virtù di una interpretazione piana e lineare della norma, la quale consente il raddoppio del termine ove gli atti recanti la pretesa impositiva siano comunque notificati entro il 31 dicembre 2015;

ritenuto che la CTR non si è conformata a tali principi laddove ha ritenuto non doversi raddoppiare i termini senza porsi il problema da un lato dell’avvenuta o meno conoscenza del processo verbale di contestazione entro la data di entrata in vigore del decreto (2 settembre 2015) e dall’altro della compatibilità del ragionamento giuridico svolto nella sentenza con la giurisprudenza citata e con la norma da ultimo citata, dal momento che l’avviso di accertamento è stato notificato in data 12 novembre 2015, ossia prima del limite temporale del 31 dicembre 2015 previsto dall’art. 2, comma 3, cit.;

ritenuto dunque che il motivo di ricorso è fondato e conseguentemente il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 4 novembre 2019

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