Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28309 del 22/12/2011
Cassazione civile sez. III, 22/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28309
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 5216-2007 proposto da:
AEM S.P.A. (OMISSIS) in persona del Presidente e legale
rappresentante Ing. Z.G., elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato GENTILE GIOVANNI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEL RE FERNANDO
giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
S.L. (OMISSIS), S.S.
(OMISSIS), SC.BI. (OMISSIS),
considerati domiciliati “ex lege” in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato COCCO
DONATO giusta delega in atti;
– controricorrenti –
e contro
B.M., D.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 898/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 04/04/2006, R.G.N. 3238/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/11/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito l’Avvocato FERNANDO DEL RE;
udito l’Avvocato DONATO COCCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
POLICASTRO Aldo che ha chiesto l’inammissibilità, in subordine
rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Milano ha respinto gli appelli proposti avverso la sentenza del Tribunale di Milano, che aveva condannato il B. e l’AEM a risarcire i danni subiti dall’appartamento dei S. e della Sa. in occasione di un incendio da esplosione di gas verificatosi nell’appartamento limitrofo, occupato dal B.. Il ricorso per cassazione della AEM è svolto in due motivi. Rispondono con controricorso i S. e la Sa..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il quesito correlato al primo motivo chiede di sapere se una condotta omissiva, quale la mancata sospensione della fornitura di gas, possa essere assunta a fonte risarcitoria in base al solo principio del neminem laedere, oppure occorra individuare l’obbligo giuridico di impedire l’evento lamentato.
Il questo connesso al secondo motivo chiede di sapere se il somministratore possa addurre quale ragione d’impossibilità di una prestazione possibile l’eventualità che il somministrato utilizzi la fornitura in maniera incongrua si da arrecare danni a se o a terzi.
Il ricorso è infondato.
Occorre innanzitutto rilevare che i quesiti deviano rispetto a quella che è stata la ragione del decidere della sentenza impugnata, la quale ha accertato che: l’esplosicene è avvenuta a causa dell’inadeguato collegamento tra la rete e la stufa del B.; i tecnici dell’Azienda avevano riscontrato più irregolarità nell’appartamento di quest’ultimo, provvedendo a risolverne solo una (la sostituzione del tubo di collegamento tra la rete e la cucina);
all’utente era stato imposto un termine per regolarizzare la situazione; il termine imposto coincideva con quello precedente a quello in cui avvenne l’esplosione. Da queste circostanze il giudice, con motivazione congrua e logica ed immune da vizi giuridici, ha dedotto che: l’Azienda, avendo conoscenza della situazione, doveva immediatamente sospendere l’erogazione del gas; tale obbligo deriva da quello generico sancito dall’art. 2043 c.c., senza la necessità di ricercare uno specifico obbligo normativo; la sospensione dell’erogazione era consentita dalla disposizione dell’art. 1256 c.c., trattandosi di impossibilità sopravvenuta ad adempiere.
Altrettanto logica è la considerazione che proprio il fatto che l’esplosione avvenne il giorno dopo di quello fissato all’utente per adempiere alle prescrizioni impostegli dall’Azienda dimostra la responsabilità della stessa per non avere provveduto all’urgente sospensione della fornitura.
Correttamente, dunque, il giudice ha inquadrato la fattispecie nell’ambito della colpa per omissione, individuando così tutti gli elementi fondatori della responsabilità aquiliana. Tutte le altre questioni rimangono relegate al tema del fatto, il cui accertamento è precluso in questa sede.
Il ricorso deve essere, pertanto, respinto, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4200,00, di cui Euro 4000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011