Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28307 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. II, 11/12/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 11/12/2020), n.28307

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15187/2018 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POMPEO

MAGNO 94, presso lo studio dell’avvocato MAURO LONGO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONIZETTI

20, presso lo studio dell’avvocato PAOLA SPAGNOLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENRICO PARONCILLI;

– controricorrente

e contro

M.P.N.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1438/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 5/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/02/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Mauro Longo, difensore del ricorrente, che si è

riportato agli atti depositati;

udito l’Avvocato Enrico Paronolli difensore del resistente, che si è

riportato agli atti depositati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. Con ricorso depositato il 20.7.2007 (e non come dice il ricorso il 4.6.2017, cfr. sent. N. 471/2011 Tribunale di Rieti), M.F., qualificandosi proprietario e possessore di alcuni terreni in provincia di Rieti, chiese la reintegra nel possesso, assumendo di esserne stato spogliato da M.P.N. e M.P..

1.1. Il procedimento cautelare, che si svolse in contumacia, si concluse con l’accoglimento del ricorso possessorio.

1.2. Il reclamo proposto da M.P. venne dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione ad agire, perchè era stato dichiarato fallito nel 2003, prima della proposizione del ricorso possessorio, sicchè la legittimazione spettava al fallimento.

1.3. M.P.N. iniziò la fase di merito del giudizio possessorio e dedusse preliminarmente la nullità della notifica del ricorso introduttivo eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c., chiedendo dichiararsi l’inefficacia del provvedimento interdittale. Nel corso del giudizio, la medesima eccepì l’inefficacia dell’interdetto possessorio pronunciato nei confronti di M.P., sostenendo che dovesse essere evocato in giudizio il fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 43.

1.4. Il Tribunale di Rieti, con sentenza n. 471/2011, dichiarò l’illegittimità della notifica nei confronti di M.M.N., mentre, in, relazione alla posizione di M.P., affermò che la perdita della capacità processuale del fallito era relativa e poteva essere eccepita dal curatore fallimentare ma non rilevata d’ufficio dal giudice.

1.5. Il Tribunale, quindi, accolse l’eccezione di nullità relativa alla fase sommaria del giudizio, revocò l’ordinanza interdittale e, decidendo il merito possessorio, accolse la domanda proposta da M.P. nei confronti di M.P.N. e la rigettò nei confronti di M.P..

1.6. Accertò che M.F. era proprietario e possessore dei terreni oggetto di causa, prima in qualità di usufruttuario, giusto atto di donazione da parte del padre del 16.7.1082, e poi di proprietario poichè dopo la morte del donante si era consolidato l’usufrutto con la nuda proprietà. Quanto alla posizione di M.P., il Tribunale escluse la sua qualifica di possessore sulla base della relazione agronomica del Dott. G., dalla quale risultava che egli aveva ricevuto in comodato i terreni oggetto di causa da M.F., il quale aveva dimostrato di avere la proprietà ed il possesso mediato dei terreni attraverso la detenzione del fratello comodatario. Accertò quindi la condotta di spoglio posta in essere da M.P.N., mentre rigettò la domanda nei confronti di M.P., non ritenendo sufficiente, al fine di configurare lo spoglio, il mero deposito degli attrezzi agricoli e la presenza del gregge sui fondi del fratello, circostanza risultante dalla sentenza del Tribunale di Rieti del 7.5.2010, con la quale M.P. era stato assolto dal reato di cui all’art. 633 c.p..

1.7. M.P. propose appello contestando, per quanto rileva in sede di legittimità, la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione relativa alla sua carenza di capacità processuale, L. Fall., ex art. 43, evidenziando la contraddittorietà tra la sentenza – secondo cui la perdita della capacità processuale del fallito non era assoluta e poteva essere eccepita solo dal curatore fallimentare – e l’ordinanza pronunciata in sede di reclamo, che aveva dichiarato l’inammissibilità del reclamo da lui proposto perchè la legittimazione spettava al curatore fallimentare.

1.8. Ulteriore motivo d’appello riguardava l’accertamento, da parte del Tribunale, di un rapporto di comodato tra M.F. e P. avente ad oggetto i terreni oggetto del giudizio possessorio e, conseguentemente la sua qualifica di comodatario, in assenza di una valida instaurazione del contraddittorio.

1.9. M.F. si costituì per resistere al gravame, mentre M.P.N. rimase contumace.

1.10. La Corte d’appello di Roma, con sentenza N. 1434 del 5.3.2018, dichiarò inammissibile l’appello.

1.11. Osservò che difettava l’interesse ad impugnare in capo a M.P., in quanto la domanda nei suoi confronti era stata rigettata, sicchè nessun pregiudizio aveva subito dalla sentenza impugnata e nessuna utilità concreta poteva derivargli dalla riforma di detto provvedimento.

2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso M.P. sulla base di tre motivi.

2.1. Ha resistito con controricorso M.F..

2.2. M.P.N. non ha svolto attività difensiva.

2.3. In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memoria illustrativa e M.F. ha depositato documentazione ai sensi dell’art. 372 c.p.c..

2.4. Il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Carmelo Sgroi ha chiesto il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va, in primo luogo dichiarata inammissibile, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione, da parte del ricorrente, dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Rieti in data 29.11.2019 e dell’ispezione ipotecaria del 29.10.2019, in quanto detta documentazione non è stata prodotta nei giudizi di merito e non attiene alla nullità della sentenza o all’ammissibilità del ricorso.

1.1. Nel giudizio di legittimità, infatti, possono essere infatti prodotti, dopo la scadenza del termine di cui all’art. 369 c.p.c. e ai sensi dell’art. 372 c.p.c., solo i documenti che attengono all’ammissibilità del ricorso e non anche quelli concernenti l’allegata fondatezza del medesimo (ex multis Cass. Civ. Sez. III, Sez. III, 26/05/2020 n. 9685)

2. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta la declaratoria di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse, sostenendo che egli aveva interesse ad una pronuncia di riconoscimento della sua capacità di agire nel periodo in cui aveva assunto lo status di fallito oltre che nell’interesse ad una diversa ricostruzione della vicenda processuale, con particolare riferimento ai rapporti con M.F..

2. Con il secondo motivo di ricorso, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare la violazione della L. Fall., art. 43, per la mancata evocazione in giudizio del curatore del fallimento e l’inesistenza di un rapporto di comodato con M.F.. La formazione di un giudicato interno su tali punti arrecherebbe pregiudizio al ricorrente e giustificherebbe il suo interesse all’impugnazione.

3. Con il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, si deduce l’erroneità della sentenza di primo grado, che aveva rigettato l’eccezione relativa alla sua carenza della capacità processuale a seguito della dichiarazione di fallimento. Evidenzia la contraddittorietà tra la decisione di merito nel giudizio di primo grado – che aveva riconosciuto la perdita della capacità processuale del fallito non in termini assoluti ma relativa alla massa dei creditori con possibilità di proposizione della relativa eccezione solo da parte del curatore fallimentare e la sua non rilevabilità d’ufficio – e la decisione dello stesso Tribunale, in sede di reclamo, che aveva ritenuto che il fallito fosse privo della capacità di agire o di stare in giudizio. Inoltre, il Giudice Delegato avrebbe respinto la richiesta del ricorrente di costituzione del fallimento nel giudizio possessorio perchè i fatti erano imputabili alla persona del fallito oltre che essere successivi al fallimento. Sulla base della corretta interpretazione della L. Fall., art. 43, il giudice di primo grado avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della notifica nei confronti del curatore del fallimento e riconoscere la legittimazione del fallito ad appellare la sentenza di primo grado per disinteresse del fallimento, in quanto non era stata autorizzata la sua costituzione in giudizio nel procedimento possessorio. Il Tribunale, senza aver correttamente instaurato il contraddittorio, aveva accertato che egli era comodatario in virtù di un contratto concluso con M.F., sulla base di una mera allegazione contenuta in una consulenza di parte; poichè detta ricostruzione dei fatti, suscettibile di passare in giudicato, sarebbe idonea ad arrecargli pregiudizio, sussisterebbe l’interesse ad impugnare, che erroneamente la Corte d’appello non avrebbe riconosciuto.

3.1. I motivi, che per la loro connessione, meritano una trattazione congiunta sono fondati.

3.1. Il principio contenuto nell’art. 100 c.p.c., secondo il quale per proporre una domanda o per resistere ad essa è necessario avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, in cui l’interesse ad impugnare una data sentenza o un capo di essa va desunto dall’utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e non può consistere nella sola correzione della motivazione della sentenza impugnata ovvero di una sua parte (Cassazione civile sez. II, 05/02/2020, n. 2670; Conforme a Cass. 27 gennaio 2012 n. 1236). Non è pertanto sufficiente l’esistenza di un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata e che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte (Cass. Sez. U., Sentenza n. 12637 del 19/05/2008; Cass. Civ. Sez. Lav., 23.5.2008, n. 13373).

3.2. Deve pertanto ritenersi normalmente escluso l’interesse della parte integralmente vittoriosa ad impugnare la sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione ove non sussista la possibilità, per la parte che l’ha fatta, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile.

3.3 Va, invece, ritenuto sussistente l’interesse all’impugnazione qualora la pronuncia contenga una statuizione contraria all’interesse della parte medesima nel senso che, quale premessa necessaria della decisione, sia suscettibile di formare il giudicato (cfr. Cass. 14 dicembre 1996 n. 11180).

3.4. Come più volte affermato da questa Corte, il giudicato si forma, oltre che sull’affermazione o negazione del bene della vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del decisum mentre non comprende le enunciazioni puramente incidentali e in genere le considerazioni estranee alla controversia, che, in quanto eccedenti la necessità logico giuridica della decisione, devono considerarsi un “obiter dictum”, come tale non vincolanti (Cassazione civile sez. I, 08/02/2019, n. 3793; Cassazione civile sez. II, 08/02/2012, n. 1815 in tema di giudicato della sentenza nel giudizio possessorio nell’ambito del giudizio petitorio: questa Corte ha affermato che, nel giudizio possessorio, l’accoglimento della domanda prescinde dall’accertamento della legittimità del possesso, perchè è finalizzato a dare tutela ad una mera situazione di fatto avente i caratteri esteriori della proprietà o di un altro diritto reale con la conseguenza che il giudicato formatosi sulla domanda possessoria è privo di efficacia nel giudizio petitorio avente ad oggetto l’accertamento dell’avvenuto acquisto del predetto diritto per usucapione (Sez. 2, Sent. n. 21233 del 2009 e, da ultimo Cassazione civile sez. II, 16/04/2019, n. 10590, non massimata).

3.3. Dall’esame degli atti processuali, consentito in ragione della natura del vizio di error in procedendo, risulta che il giudice di primo grado ha affermato il possesso di M.F. e l’esistenza di un rapporto di comodato tra M.F. e P. avente ad oggetto i terreni oggetto del giudizio possessorio.

3.4. La statuizione relativa alla sussistenza del possesso dei fondi in capo a M.F. costituisce elemento costitutivo dell’azione di reintegra del possesso e, quale premessa necessaria della decisione, è suscettibile di passare in giudicato. Parimenti, è suscettibile di passare in giudicato l’affermazione relativa all’insussistenza del possesso in capo a M.P. per essere comodatario dei terreni oggetto di causa e, quindi, mero detentore dei medesimi.

3.5. Tali statuizioni sono idonee ad arrecare pregiudizio al ricorrente perchè accertano, con autorità di giudicato tra le parti, che M.F. è possessore esclusivo dei terreni oggetto di causa e che il ricorrente è comodatario dei medesimi. Viene quindi a consolidarsi, per effetto del giudicato, la posizione di possessore in capo a M.F. e quella di comodatario in capo a M.P., accertamento contestato dall’odierno ricorrente che aveva quindi interesse ad essere presente in giudizio ed a contestarlo in appello; ne deriva l’utilità giuridica, e non di mero fatto, dell’impugnazione (in tal senso Cass. Sez. 2, 29/10/1974, n. 3285; Cass. Sez. 2, 16/07/1964, n. 1936).

3.6. Sussisteva quindi l’interesse della parte ricorrente ad impugnare la decisione affinchè il giudice d’appello accertasse se M.F. era possessore dei terreni oggetto di causa – e che egli esercitava il possesso in via mediata attraverso il comodatario – o se sia fondata l’opposta tesi sostenuta dal ricorrente.

3.6. Il ricorso va, pertanto, accolto.

3.7. La sentenza impugnata va cassata e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione perchè esamini l’appello proposto da M.P..

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, in data 5 febbraio 2020 e, a seguito di riconvocazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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