Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28305 del 18/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 28305 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 945-2012 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE
DE ROSE, VICENZO STUMPO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente contro
VITALE DONATO;

– intimato avverso la sentenza n. 6160/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 6/12/2010, depositata il 01/2011;

Data pubblicazione: 18/12/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIUSEPPE MATANO (per delega
avv. ANTONIETTA CORETTI) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO

1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente
contenuto:
“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Lucera, Donato
Vitale, operaio agricolo a tempo determinato, conveniva in giudizio
l’I.N.P.S., chiedendo la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione
agricola per l’anno 1998. Il ricorrente, premesso che il suddetto
trattamento di disoccupazione gli era stato corrisposto dall’Ente
previdenziale sulla base del salario medio convenzionale congelato
all’anno 1995, sosteneva che lo stesso dovesse essere invece calcolato,
ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 146 del 1997, sui minimi retributivi
previsti dalla contrattazione collettiva provinciale, con conseguente
diritto alle differenze tra quanto spettante e quanto percepito. L’adito
Tribunale con sentenza 1173/2006, accoglieva la domanda. A seguito
dell’appello proposto dall’I.N.P.S., la Corte di appello di Bari, con
sentenza del 3 gennaio 2011, n. 6160/2010, confermava la sentenza di
primo grado.
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre
l’I.N.P.S., affidandosi a due motivi.
Il Vitale è rimasto intimato.
Con il primo motivo di ricorso l’Istituto ricorrente denunzia
violazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639/70, eccependo la decadenza.
Con secondo motivo di ricorso l’I.N.P.S. lamenta violazione degli
artt. 44, 49 e 53 del C.C.N.L. per gli operai agricoli e florovivaisti del
Ric. 2012 n. 00945 sez. ML – ud. 24-10-2013
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ROMANO che si riporta alla relazione scritta.

10 luglio 1998 in relazione all’art. 6, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 314
del 1997 ed all’art. 3 del D.L. 14 giugno 1996, n. 318, conv. nella legge
29 luglio 1996, n. 402, nonché in relazione agli artt. 1362 e segg., 2120
cod. civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge 29 maggio 1982 n. 297
(art. 360, n. 3, cod. proc. civ.) censurando la sentenza per avere

dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce denominata

quota di T.ER., voce che – contrariamente a quanto affermato la Corte
territoriale – ha natura di retribuzione differita.
Il primo motivo è manifestamente infondato, non ravvisandosi la
decadenza in caso di riliquidazione della prestazione previdenziale,
secondo il principio affermato dalla sentenza delle Sez. U, n. 12720 del
29/05/2009: «La decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R 30 aprile 1970,
n. 639 – come interpretato dall’art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con modificazioni, nella legge I giugno 1991, n. 166 – non
può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale
sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla
prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di
detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello
dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso
in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o
ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non
soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione
decennale».
Nello stesso senso da ultimo è stato affermato (cfr. Cass. n. 6959
del 08/05/2012 e successive conformi) che: «In tema di decadenza
delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione di una
prestazione parzialmente riconosciuta, la novella dell’art. 38 lett. d) del
d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in 1. n. 111 del 2011 – che prevede
Ric. 2012 n. 00945 sez. ML – ud. 24-10-2013
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incluso, nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione

l’applicazione del termine decadenziale di cui all’art. 47 del d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del
credito -, detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva
limitata ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore

disciplina non trovi applicazione, come nel caso di giudizi pendenti in
appello alla data predetta, vale il generale principio dell’inapplicabilità
del termine decadenziale».
E’ invece manifestamente fondato il secondo motivo alla stregua
della recente giurisprudenza di questa S.C. secondo cui, ai fini della
liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di
retribuzione – definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da
porre a confronto con il salario medio convenzionale d.lgs. 16 aprile
1997, n. 146, ex art. 4 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto. Ne consegue che la voce denominata quota di T.F.R. dai
contratti collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, evidenziata
nei prospetti paga ma non erogata se non alla fine del rapporto di
lavoro, va esclusa dal computo della indennità di disoccupazione, in
considerazione della volontà espressa dalle parti stipulanti, che è
vietato disattendere in forza della disposizione di cui al d.l. 14 giugno
1996, n. 318, art. 3, convertito nella legge 29 luglio 1996, n. 402, a
norma della quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in
base agli accordi collettivi, non può essere individuata in difformità
rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che
detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti
stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti
legali da parte dell’autonomia collettiva (cfr. Cass. n. 200 del 5 gennaio
2011, id n. 11152 del 20 maggio 2011, n. 17832 del 30 agosto 2011, n.
Ric. 2012 n. 00945 sez. ML – ud. 24-10-2013
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delle nuove disposizioni, con la conseguenza che, ove la nuova

7118 del 10 maggio 2012 e numerose altre conformi). Recentemente,
peraltro, il significato della norma di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 146 del
1997, individuato dalla giurisprudenza sopra citata, è stato esplicitato
anche dal legislatore, che al d.l. n. 98 del 2011, art. 18, comma 18,
conv. nella legge n. 111 dello stesso anno, ha specificato che « il d.lgs.

comma 5 conv. con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, si
interpretano nel senso che la retribuzione utile per il calcolo delle
prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo
determinato non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva».
Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del
secondo motivo di ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod.
proc. civ., n. 5”.
2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore
siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il
presupposto dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione
camerale del processo, soluzione non contrastata dalle parti – che non
hanno depositato memoria – e condivisa dal Procuratore generale, che
ha aderito alla relazione.
3 – Conseguentemente, il ricorso va accolto e la sentenza cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., la causa può decidersi nel merito, rigettando
la domanda di inclusione della quota di T.F.R. nella base di calcolo della
indennità di disoccupazione agricola.
4 – L’esito complessivo del giudizio e la relativa novità della tesi
propugnata dalla sentenza impugnata consigliano la compensazione
delle spese dell’intero processo.
Ric. 2012 n. 00945 sez. ML – ud. 24-10-2013
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16 aprile 1997, n. 146, art. 4 e il d.l. 10 gennaio 2006, n. 2, art. 1,

P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda quanto alla inclusione della

quota di T.F.R. nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione
agricola. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2013.

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