Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28302 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. III, 11/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17444/2017 proposto da:

MIRIAM SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GALLONIO 18,

presso lo studio dell’avvocato MARCELLO FREDIANI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato DIEGO TOSI;

– ricorrente –

contro

UNIONE DI BANCHE ITALIANE SOCIETA’ PER AZIONI UBI BANCA SPA,

rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE LA PLACA,

domiciliazione p.e.c. raffaele.laplacaacnfpec.it;

– controricorrente –

e contro

M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1039/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la Miriam, s.r.l., proponeva opposizione all’esecuzione immobiliare promossa nei suoi confronti da M.C., nel corso della quale era intervenuta la Banca Regionale Europea s.p.a., deducendo la mancanza della dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo in forza del quale aveva agito il creditore procedente, e la conseguente nullità del pignoramento e dei successivi atti di esecuzione;

il Tribunale, per quanto ancora qui rileva, dopo la fase sommaria in cui era disattesa l’istanza di sospensione avanzata, rigettava l’opposizione osservando che il decreto ingiuntivo in parola era stato dichiarato provvisoriamente esecutivo, sicchè la dichiarazione ex art. 647 c.p.c., non era necessaria come nella diversa ipotesi di ammissione al passivo fallimentare che presuppone la definitività del monito;

la Corte di appello, adita dal soccombente, dichiarava inammissibile il gravame per tardività, osservando che il ricorso introduttivo della fase di pieno merito in prime cure, era stato riqualificato ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., sicchè l’impugnazione era soggetta al relativo regime, ed era stata proposta oltre il previsto termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza conclusiva del giudizio di primo grado, tenuto conto che, trattandosi di opposizione esecutiva, non doveva applicarsi la sospensione feriale dei termini processuali;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Miriam s.r.l., articolando tre motivi;

resiste con controricorso la UBI s.p.a., già Banca Regionale Europea, s.p.a.;

con ordinanza interlocutoria 23 gennaio 2019 era disposto nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite in ordine alle conseguenze del mancato deposito di asseverazione autografa della relata di notifica della sentenza impugnata in sede di legittimità;

precedentemente, parte ricorrente aveva depositato memoria illustrativa;

Rilevato che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 702 bis e 616 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe erroneamente riqualificato quale ricorso per procedimento sommario di cognizione l’atto di riassunzione per il pieno merito dell’opposizione esecutiva, senza che ciò rispondesse ad alcuna richiesta e senza considerare l’incompatibilità tra il giudizio in questione e il rito in parola;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 325,327,702 quater, 133 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la comunicazione via p.e.c. di Cancelleria non avrebbe comunque potuto determinare la decorrenza del termine c.d. breve per impugnare;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 742 del 1969, art. 3 e art. 92 ord. giud., poichè la Corte di appello avrebbe mancato di considerare che:

– l’eccezione di tardività dell’appello era stata sollevata da UBI e dall’aggiudicataria SGS s.r.l. la quale ultima, invece, era stata solo notiziata della lite non essendo destinataria passiva di alcuna domanda;

– con l’introduzione della fase di pieno merito erano state proposte anche le domande di tardività dell’intervento di UBI e sua sopravvenuta invalidità o inefficacia a seguito della nullità del pignoramento, nonchè d’inefficacia dell’aggiudicazione a norma degli artt. 572 e 586 c.p.c., sicchè il cumulo di domande escludeva l’applicabilità della sospensione feriale dei termini processuali;

Rilevato che:

preliminarmente deve richiamarsi la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte con cui è stato chiarito che la mancata asseverazione autografa della relata di notifica telematica della sentenza impugnata determina l’improcedibilità del ricorso se vi sia disconoscimento da parte controricorrente, ovvero vi sia anche solo una parte intimata, salvo che il ricorrente depositi l’asseverazione entro l’udienza di discussione o l’adunanza in Camera di consiglio (Cass., Sez. U., 25/03/2019, n. 8312);

nel caso manca ancora l’asseverazione e vi è una parte rimasta intimata (SGS);

deve però osservarsi che è presente l’asseverazione autografa dell’attestazione di conformità della sentenza impugnata, e il ricorso risulta notificato (telematicamente con relata asseverata in modo autografo) entro i 60 giorni dalla relativa pubblicazione, superando la prova c.d. di resistenza, sicchè, a prescindere dalla relata, il ricorso può dirsi procedibile;

ciò posto, lo stesso ricorso deve comunque rigettarsi, secondo quello che si sta per osservare;

il primo motivo è infondato;

infatti:

a) la qualificazione officiosa del ricorso in riassunzione ex art. 616 c.p.c., quale opposizione esecutiva proposta nelle forme e nel regime modale dell’art. 702 quater c.p.c., espressamente affermata dal giudice di prime cure, non si allega idoneamente essere stata oggetto di motivo di appello, con conseguente definitività della stessa;

b) il regime di impugnazione va individuato in base alla qualificazione che il giudice “a quo” abbia dato all’azione proposta in giudizio e non in base al rito in tesi applicabile (cfr., tra le altre, Cass., 11/01/2012, n. 171, Cass., 12/12/2019, n. 32489, Cass., 31/08/2020, n. 18053);

c) la tardività del gravame è in ogni caso questione di ordine pubblico processuale rilevabile d’ufficio, afferendo all’ammissibilità di quello;

il secondo motivo è parimenti infondato;

l’art. 133 c.p.c., comma 2, secondo periodo, è norma evidentemente generale rispetto alla speciale e non abrogata previsione dell’art. 702 quater c.p.c., comma 1, primo periodo;

il terzo motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;

in primo luogo la qualificazione data dal Tribunale imponeva comunque, come detto con riguardo al primo motivo, di seguire il regime d’impugnazione correlativo;

in secondo luogo, le ulteriori domande che la parte afferma di aver formulato, senza peraltro riportarle come imposto, a pena d’inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., n. 6, costituivano altrettante opposizioni esecutive non soggette alla sospensione feriale;

quanto al primo profilo, è opportuno ricordare che anche l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura,,per cui il ricorrente non è dispensato dall’onere di dettagliare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale precisazione dev’essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, sicchè il ricorrente non può limitarsi a rinviare all’atto in parola o riportarne un segmento, ma deve riportarne il contenuto nella compiuta misura necessaria alla verifica (cfr. Cass., 25/09/2019, n. 23834, Cass., 29/09/2017, n. 22880);

va infine rimarcato che le questioni di mancata visualizzazione della comunicazione di Cancelleria in discussione e sua irritualità, formulate genericamente in memoria da parte ricorrente (4 giugno 2018) sono inammissibili, perchè l’atto in parola ha funzione solamente illustrativa;

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 7.800,00, oltre a 200,00 Euro per esborsi, spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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