Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28302 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/11/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 04/11/2019), n.28302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20072-2018 proposto da:

D.A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

17, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PETRONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCIO MODESTO MARIA ROSSI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10705/13/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 18/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

CASTORINA ROSARIA MARIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 10705/13/2017, depositata il 18.12.2017 non notificata, la CTR della Campania ha accolto l’appello proposto da D.A.G. nei confronti della Agenzia delle Entrate per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Caserta che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il professionista aveva presentato per l’Irap versata negli anni dal 2003 al 2008.

Avverso la pronuncia della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

1.Con il primo motivo e il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto due distinti profili: nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dal professionista, commercialista/ per il fatto che nell’anno 2003 il contribuente aveva partecipato ad una associazione professionale e, negli altri anni, perchè aveva esercitato l’attività in uno studio condiviso, percependo un reddito da partecipazione derivante da una distinta ed autonoma “associazione professionale”.

2.Le censure sono manifestamente infondate Giova premettere che il contrasto giurisprudenziale formatosi sulla res controversa è stato composto dalle Sezioni Unite di questa Corte le quali, con la sentenza n. 9451/16, hanno statuito, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il seguente principio di diritto: il requisito dell’autonoma organizzazione previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 , il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Questa Corte, inoltre ha precisato che il presupposto dell'”autonoma organizzazione”, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun professionista (Cass.n. 1089/2018; Cass. 1136/2017). Orbene, nel caso di specie la CTR ha correttamente ritenuto integrato l’elemento dell’autonoma organizzazione in relazione alla stabile e rilevante collaborazione con altri professionisti.

La CTR ha ritenuto, con riferimento agli anni di imposta 20042007 che la collaborazione con altri professionisti e in particolare il contratto stipulato con la società di servizi G.I.D. Consulting s.r.l. aveva dato luogo ad una combinazione stabile di prestazioni di lavoro, tale da potenziare la produttività ed incrementare la redditività del contribuente.

Con riferimento all’anno di imposta 2003 la CTR ha correttamente ritenuto dovuta l’Irap, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in base al quale “In tema d’IRAP, l’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa” (Cass. ord. n. 18920/16, Cass. sez. un. 7371/16, ord. n. 24088/16, 21164/16), prova nella specie nemmeno allegata.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 2300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 4 novembre 2019

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