Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2830 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 06/02/2020), n.2830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2969-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DI SPAGNA 15

STUDIO CLEARY, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MARIA

SALERNO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI FERRAU’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 353/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

CATANIA, depositata il 02/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza n. 353/17/11 la Commissione tributaria regionale della Sicilia sezione distaccata di Catania ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania n. 567/02/2007 che ha accolto il ricorso proposto da S.L., socio per il 25% della società semplice S.L.S. Agriserre di L.V. & C. avverso l’avviso di accertamento n. R381005074 con il quale era stato determinato un maggior reddito di partecipazione per Lire 119.711.000 in rapporto al reddito imponibile della società di Lire 478.846,00 per l’anno 1997.

La Commissione tributaria regionale, confermando la sentenza di accoglimento del giudice di primo grado, ha considerato che la stessa Commissione tributaria regionale della Sicilia con altra sentenza aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva pure accolto il ricorso proposto dalla società Agriserre avverso l’accertamento del reddito complessivo ad essa relativo.

2. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su cinque motivi.

3. Resiste con controricorso S.L. eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per la violazione del principio di autosufficienza del ricorso, e chiedendo comunque il rigetto del ricorso stesso deducendone l’infondatezza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata in quanto la ricorrente espone in modo completo i motivi di doglianza dopo avere sommariamente esposto i fatti di causa in modo da consentire alla controparte ed alla Corte, di comprendere appieno i motivi di doglianza.

2. Con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’artt. 111 Cost., artt. 101,102 e 107 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 10 e art. 14, commi 1, 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; in particolare si deduce che esiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario fra soci e società per cui la sentenza emessa nei confronti di una sola delle parti che avrebbero dovuto partecipare al giudizio sarebbe nulla.

Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 132, comma 2, n. 4 e comma 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè priva di motivazione o con motivazione solo per relationem.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.p.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 5,28,51 e 79 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendosi che il contribuente non avrebbe provato la sussistenza del diritto fatto valere.

Con il quarto motivo si deduce omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, non avendo il giudice dell’appello affatto preso in esame le motivazioni dell’atto impugnato proposte dall’Ufficio.

Con il quinto motivo si assume violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 28,51 e 79, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla circostanza relativa al regime contabile scelto dalla società di cui è socio S.L. e con il quale si è inteso qualificare il reddito conseguito come reddito d’impresa.

3. Il primo motivo è fondato.

E’ principio reiterato e pacifico che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci (salvo che si prospettino questioni personali), sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; la controversia infatti non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., sent. n. 14815/2008; Cass., Sez. 6-5, ord. n. 25300/2014; Cass., Sez. 5, sent. n. 23096/2012; n. 31130/2017).

Poichè nella fattispecie la società e gli altri soci sono rimasti estranei al presente contenzioso, trovano applicazione i richiamati principi.

La sentenza impugnata va pertanto cassata per la nullità dell’intero giudizio, che va rimesso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, cui spetterà provvedere alla definizione dell’intera controversia, previa costituzione del regolare e completo litisconsorzio, oltre al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara la nullità dell’intero giudizio, cassa le sentenze di primo e secondo grado e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Catania, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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