Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 283 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 10/01/2017, (ud. 11/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20026-2011 proposto da:

E-VIA S.P.A. (c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SALARIA 259, presso l’avvocato ROMANO ROTELLI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati FABIO CINTIOLI, DOMENICO IELO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI PORDENONE;

– intimata –

Nonchè da:

PROVINCIA DI PORDENONE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI

5, presso l’avvocato ANDREA MANZI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANDREA DE COL, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

E-VIA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 209/2011 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 21/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato DOMENICO IELO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale, rigetto dell’incidentale;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

CALDERARA GIANLUCA, con delega orale dell’avv. MANZI, che ha chiesto

il rigetto del ricorso principale, l’accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DE RENZIS LUISA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per il rigetto.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 15 ottobre 2004, la E – Via s.p.a. proponeva opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 1434 del 2004, emesso dal Tribunale di Pordenone, con il quale le veniva intimato, per il periodo 16 settembre 2003 – 31 dicembre 2004, il pagamento, a favore della Provincia di Pordenone, oltre che della TOSAP (tassa per l’occupazione di suolo pubblico), anche del cd. canone di soggezione previsto dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, nella misura di Euro 16.752,74, in virtù della convenzione per l’occupazione di sede stradale stipulata tra le parti il (OMISSIS). Il Tribunale adito, con sentenza n. 765/2006, accoglieva l’opposizione, revocando il provvedimento monitorio.

2. L’appello proposto dalla provincia di Pordenone veniva, peraltro, accolto dalla Corte di Appello di Trieste, con sentenza n. 209/2011, depositata il 21 aprile 2011 e notificata il 26 maggio 2011, con la quale il giudice del gravame riteneva fondata la domanda monitoria proposta dalla Provincia di Pordenone nei confronti dell’istante, con la quale l’ente ha preteso il pagamento, oltre che della TOSAP, anche del canone concessorio previsto dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, essendo tale canone previsto da norma di legge statale, ai sensi del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93, comma 1, (codice delle comunicazioni elettroniche).

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso la E – Via s.p.a. nei confronti della Provincia di Pordenone, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. La resistente ha replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i tre motivi di ricorso, la E- Via s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 88 e art. 93, commi 1 e 2 e la L. n. 69 del 2009, art. 1, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. La ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia erroneamente ritenuto fondata la domanda monitoria proposta dalla Provincia di Pordenone nei confronti dell’istante, con la quale l’ente ha preteso il pagamento, oltre che della TOSAP ((tassa per l’occupazione di suolo pubblico), anche del cd. canone di soggezione previsto dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27 (codice della strada). Osserva la ricorrente che, nel caso di specie, dovrebbe trovare applicazione, non il D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93, comma 1, (codice delle comunicazioni elettroniche), che vieta l’imposizione da parte delle pubbliche amministrazione e degli enti locali, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, di “oneri o canoni che non siano stabiliti dalla legge”, bensì il comma 2 della medesima disposizione che, con riferimento specifico agli operatori, vieta l’imposizione di ulteriori oneri oltre la TOSAP o la COSAP (canone per l’occupazione di spazi pubblici), inibendo, quindi, agli enti pubblici di cumulare a tali prestazioni anche il cd. canone di soggezione.

1.2. Le censure sono fondate.

1.2.1. Va osservato, al riguardo, che i soggetti privati ben possono far valere, dinanzi al giudice ordinario, l’illegittimità della pretesa di pagamento avanzata dall’ente locale in base al regolamento per l’applicazione del canone concessorio di cui all’art. 27 C.d.S., sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo solo in relazione alla contestazione dell’atto autoritativo in sè, con il quale l’ente detta la disciplina per l’uso e l’occupazione dei beni pubblici (TAR Lombardia, 2168/2015).

1.2.2. Ciò posto, va detto che il canone di concessione per l’uso o l’occupazione delle strade trova la propria disciplina fondamentale nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 27 (Nuovo Codice della Strada), per il quale “7. La somma dovuta per l’uso o l’occupazione delle strade e delle loro pertinenze può essere stabilita dall’ente proprietario della strada in annualità ovvero in unica soluzione. 8. Nel determinare la misura della somma si ha riguardo alle soggezioni che derivano alla strada o autostrada, quando la concessione costituisce l’oggetto principale dell’impresa, al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l’utente ne ricava”. Tale canone, pertanto, si configura quale entrata patrimoniale per l’amministrazione proprietaria della strada, gravante sui soggetti titolari di concessione che utilizzano il suolo e il sottosuolo delle pubbliche strade: e, in tal senso, il canone non ricognitorio assume la funzione di corrispettivo per l’uso particolare del suolo e del sottosuolo che è accordato al concessionario. Sul punto questa Corte ha, al riguardo, affermato – sul piano generale – che la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) è compatibile (L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 63) con il pagamento di un canone concessorio, provento di natura e fondamento del tutto diversi dal primo, ed è, quindi, dovuta dal concessionario, a meno che il Comune non abbia esercitato il potere facoltativo di ridurla o annullarla (cfr. Cass. 23244/2006 16914/2007).

1.2.3. Ciò posto, va osservato con specifico riferimento alla materia oggetto di causa, che il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 93, nel testo applicabile ratione temporis, dispone: “1. Le Pubbliche Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge. 2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l’obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l’Ente locale, ovvero l’Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d’arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall’Ente locale. Nessun altro onere finanziario o reale può essere imposto, in base alla L. 31 luglio 1997, n. 249, art. 4, in conseguenza dell’esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo 2 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, e successive modificazioni ed integrazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lett. e), del medesimo articolo, ovvero dell’eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui al predetto D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 47, comma 4”. Orbene, la disciplina succitata è stata considerata, dall’indirizzo interpretativo assolutamente prevalente, come “espressione di un principio fondamentale” dell’ordinamento di settore delle telecomunicazioni, “in quanto persegue la finalità di garantire a tutti gli operatori un trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di porre a carico degli stessi oneri o canoni”, posto che – ove ciò non fosse – ogni singola amministrazione dotata di potestà impositiva “potrebbe liberamente prevedere obblighi pecuniari a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere imposti” (cfr. C. Cost., nn. 336/2005; 450/2006; 272/2010; 47/2015; C. St. 2335/2016).

1.2.4. In tale prospettiva, un orientamento monolitico di questa Corte (cfr. tra le ultime, Cass. 14788 e 14789/2014; 17524/2015; 13912/2016), riferito, peraltro, alla diversa materia dell’attraversamento, con infrastrutture della rete di telecomunicazione, del cd. reticolo idrico demaniale gestito dalle regioni ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1998, artt. 86 e 89, ha stabilito che l’attraversamento in questione non è assoggettabile al pagamento di oneri o canoni diversi da quelli previsti dal D.Lgs. n. 259 del 2003 (Codice delle comunicazioni elettroniche), o da legge statale ad esso successiva. Si è, per vero, ritenuto che il menzionato principio ha trovato conferma nella nuova formulazione dell’art. 93, comma 2, del Codice (come novellato dal D.Lgs. n. 70 del 2012, art. 68, inapplicabile “ratione temporis) la quale – a fronte di una generica indicazione contenuta nel comma 1 – ha precisato, in senso restrittivo, che nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l’applicazione della tassa o del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche.

1.2.5. Va, peraltro, osservato che nella specifica materia in discussione nel caso concreto – della debenza del cd. canone di soggezione imposto per l’installazione di reti di telecomunicazioni nel sottosuolo provinciale -, la giurisprudenza più recente è pervenuta al convincimento che l’applicabilità del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, (che consente all’ente proprietario della strada l’imposizione di un canone per l’uso o l’occupazione a qualsiasi titolo del suolo e del sottosuolo della strada medesima), non sarebbe esclusa per effetto dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 259 del 1993, art. 93, benchè si tratti di norma ad esso precedente. Si è, invero, osservato – in proposito – che, anche a prescindere dalla circostanza che gli enti proprietari diversi dai Comuni e dalle Province – come, ad esempio, l’ANAS – non sono titolari del relativo potere di imposizione tributaria, e non sono, pertanto, legittimati ad imporre TOSAP e COSAP, sarebbe decisivo e assorbente il rilievo che l’attuale testo del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93, comma 1, – peraltro richiamato, attraverso il rinvio indeterminato ed onnicomprensivo “alle disposizioni di cui all’art. 93” ivi contenuto, anche dal D.Lgs. n. 259 del 2003, invocato dalla ricorrente – fa espressamente salva, nel suo comma 1, l’applicazione di altre disposizioni di legge che stabiliscono altri canoni o oneri per l’impianto di reti o per l’esercizio di servizi di comunicazione elettronica. Ebbene, secondo tale giurisprudenza, il presupposto per la contestata pretesa dell’amministrazione non si rinviene, per certo, in norme regionali o in regolamenti provinciali o comunali, bensì nelle stesse fonti legislative che presuppongono la corresponsione del canone di occupazione: ossia il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, commi 7 e 8, la L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 149, che ha conferito al Governo la delega per la revisione dei tributi locali, nel D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 52, comma 1, che in attuazione di tale delega dispone che “le province e i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie” e nel D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, art. 14, comma 6, secondo il quale “è confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui al citato D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52, anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento”. Il suesposto quadro normativo di riferimento individuerebbe, pertanto, quelle fonti legislative che, ai sensi del D.Lgs. n. 59 del 2003, art. 93, comma 1 derogano al divieto di imposizione di oneri o canoni per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica. D’altro canto – si rileva dalla menzionata giurisprudenza – andrebbe rilevato che, anche in forza della seconda parte del ventiduesimo “considerando” della Direttiva 2002/21/CE 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), rimangono impregiudicate le “disposizioni nazionali vigenti in materia di espropriazione o uso di una proprietà, normale esercizio dei diritti di proprietà, normale uso dei beni pubblici”. Non troverebbe, infine, applicazione alla fattispecie concreta il disposto della L. n. 69 del 2009, art. 1, comma 6, a tenore del quale “All’art. 231 C.d.S., comma 3, di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, il primo periodo è sostituito dal seguente: “In deroga a quanto previsto dal capo 1 del titolo 2, si applicano le disposizioni di cui al capo 5 del titolo 2 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al D.Lgs. 10 agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni””, atteso che la norma non inciderebbe sull’attribuzione agli enti locali del potere di imporre altri oneri, oltre TOSAP e CONSAP, attesa la natura di norme speciali rivestita dalle disposizioni legislative che prevedono il predetto potere impositivo degli enti locali, e dallo stesso D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, con specifico riferimento alle strade (cfr., tra le altre, in particolare C. St. 6459/2014, con riferimento ad una fattispecie sostanzialmente identica a quella ricorrente nel caso concreto).

1.2.6. E tuttavia, proprio la linea interpretativa seguita da una parte delle decisioni della giurisprudenza amministrativa ed ordinaria (tra le quali si inserisce anche la sentenza della Corte di Appello di Trieste n. 209/2011, oggetto del presente giudizio) ha indotto il legislatore ad emanare una norma di interpretazione autentica del D.Lgs. n. 259 del 2003, art. 93. Ed invero, il D.Lgs. 15 febbraio 2016, n. 33, art. 12, comma 3, ha stabilito che “Il D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 93, comma 2, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica possono essere soggetti soltanto alle prestazioni e alle tasse o canoni espressamente previsti dal comma 2 della medesima disposizione”. Orbene, è di tutta evidenza altrimenti la disposizione non avrebbe alcun significato, essendo la prescrizione suindicata già desumibile dal testo dell’art. 93, comma 2, cit. – che la norma ha inteso stabilire il canone interpretativo unico applicabile alla disposizione specifica concernente “gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica”, prescrivendo che la disposizione in parola debba essere interpretata nel senso che essi siano sottoposti soltanto alle tasse o canoni (TOSAP e COSAP) previsti dal comma 2 della disposizione succitata. Resta, pertanto, esclusa per tali soggetti l’applicabilità del comma 1, che concerne genericamente “l’impianto di reti” o “l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica”, vietando alle amministrazioni, anche locali, di imporre “oneri o canoni che non siano stabiliti per legge”. Ed è del tutto incontroverso che, nel caso concreto, la E- Via s.p.a. sia un operatore di telecomunicazioni.

Nè può revocarsi in dubbio che la suddetta norma interpretativa, per tale sua natura, sia applicabile retroattivamente anche a fattispecie – come la presente – insorte prima della sua entrata in vigore. Ed invero, la qualificazione di una disposizione di legge come norma di interpretazione autentica esprime univocamente l’intento del legislatore di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni di pari grado, così da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, dovendosi escludere, in applicazione del canone ermeneutico che impone all’interprete di attribuire un senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo, che la disposizione possa essere intesa come diretta ad imporre una determinata disciplina solo per il futuro (cfr. Cass. S.U. 9941/2009).

1.3. Per tali ragioni, pertanto, il ricorso principale non può che essere accolto.

2. Resta assorbito il ricorso incidentale, con il quale la provincia di Pordenone si duole del fatto che la Corte di Appello abbia dichiarato che l’efficacia pattizia del canone di occupazione del suolo – prevista dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 27, richiamato dalla convenzione stipulata dalle parti il 16 gennaio 2001 – abbia perso efficacia dal 2009, per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 1, comma 6.

3. L’accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione della sentenza di appello. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, accoglie l’opposizione della E- Via s.p.a. avverso il D.I. n. 1434 del 2004, emesso dal Tribunale di Pordenone.

4. Concorrono giusti motivi, tenuto conto della novità delle questioni giuridiche trattate, per dichiarare interamente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso principale; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione della E- Via s.p.a. avverso il D.I. n. 1434 del 2004, art. 1, comma 6, emesso dal Tribunale di Pordenone; dichiara assorbito il ricorso incidentale; dichiara interamente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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