Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28299 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. III, 11/12/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13183/2017 proposto da:

S.A., difeso in proprio ed elettivamente domiciliato

in Roma alla Via A. Riboty n. 28, presso lo studio dell’avvocato

Mancuso Fabrizio;

– ricorrente –

contro

UniCredit S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma alla via Cassiodoro, n. 1/A,

presso lo studio dell’avvocato Uva Gennaro, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

Dobank S.p.a., già UniCredit Credit Management Bank S.p.a., in

persona del legale rappresentante in carica, elettivamente

domiciliato in Roma alla via Giunio Bazzoni, n. 5, presso lo studio

dell’avvocato Russi Alessandro, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Cerasa Claudia;

– controricorrente –

e contro

Avio S.A.r.l., M.G.A., Trevi Finance n. 2 S.p.a.,

– intimati –

avverso la sentenza n. 546/2016 della CORTE d’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 18/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/10/2020 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle, osserva quanto

segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I) L’avvocato S.A. – creditore intervenuto nella procedura esecutiva n. 48/1990, promossa presso il Tribunale di Orvieto da L.C. nei confronti di M.G.A., per gli onorari riconosciutigli con decreto ingiuntivo passato in cosa giudicata, quale difensore del debitore esecutato e creditore del medesimo per le prestazioni professionali svolte – proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 512 c.p.c., con atto notificato il 2 e 3 luglio 2002, in relazione al credito ipotecario della Banca di Roma S.p.a., successivamente divenuta UniCredit S.p.a., e con riferimento alla graduazione prioritaria di detto credito nel piano di riparto predisposto dal giudice dell’esecuzione immobiliare presso detto Tribunale.

I.1) Il Tribunale adito, con sentenza n. 125/2003, depositata il 7 giugno 2003, dichiarava inammissibile l’opposizione in relazione alla domanda relativa all’inammissibilità del credito dell’intervenuta Banca di Roma S.p.a. ed a quella concernente l’inammissibilità della prededuzione dell’INVIM, e rigettava le altre domande dell’opponente, nonchè la domanda riconvenzionale, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., dell’opposta Banca di Roma s.p.a..

I.2) Avverso tale decisione proponeva appello l’avvocato S..

I.3) L’impugnazione era rigettata dalla Corte di Appello di Perugia, con sentenza n. 351, depositata il 25/09/2009 e notificata il 02/12/2009.

I.4) Adita dall’avvocato S., la Corte di Cassazione, con sentenza n. 01378 del 25/01/2016 ha cassato, con rinvio, la sentenza d’appello, per non essere stato evocato in giudizio, nella fase di appello, M.G.A., debitore esecutato e, pertanto, litisconsorte necessario.

I.5) La causa è stata, quindi, riassunta dall’avvocato S. dinanzi la Corte di Appello di Perugia, che, in diversa composizione e nel contraddittorio con UniCredit S.p.a. e Dobank S.p.a., e nella contumacia di numerosi altri soggetti, persone giuridiche e persone fisiche, tra i quali lo stesso M., l’ha decisa, con sentenza n. 546 del 18/11/2016.

I.6) Avverso la detta sentenza ricorre l’avvocato S.A..

I.7) Resistono con separati controricorsi dobank S.p.a. e Unicredit S.p.a..

I.8) Il P.G. non ha presentato conclusioni.

I.9) Il solo ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

II) I motivi di ricorso proposti dall’avvocato S. sono nell’atto individuati in numero di dodici.

In realtà essi sono in numero inferiore, almeno formalmente, in quanto i primi tre punti del ricorso, da pag. 1 a pag. 18, inclusa, contengono una esposizione dei fatti di causa, a partire dall’antefatto processuale, ossia dalla costituzione del titolo, giudiziale, che l’avvocato S. ritiene essere stato pretermesso, o meglio, il credito portato dal detto titolo è stato considerato incapiente, nel progetto di distribuzione, in quanto l’intero ricavato era stato assegnato all’istituto bancario procedente – a seguito di intervento successivo e in conseguenza della dichiarazione giudiziale di inesistenza del titolo dell’originario creditore procedente L. – Banca di Roma S.p.a., ora UniCredit S.p.a., in quanto assistito da ipoteca accedente a mutuo in favore del M. (ma erogato, nella prospettazione difensiva del ricorrente, alla Ri. S.r.l., facente capo comunque al M.).

II.1) Il motivo rubricato al n. 4, da considerarsi quale primo, afferma: “Violazione dell’art. 512 c.p.c., comma 1, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5 per il mancato e/o deficiente esame dei punti decisivi della controversia ed in particolare della effettiva esistenza e validità, come titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., del contratto di mutuo in difetto dell’atto di erogazione a favore del mutuatario” ed è svolto, con ulteriori sottomotivi, da pag. 19 a pag. 28, ove sembra concludersi con il sottoparagrafo 4.8.1.

II.2) Il motivo rubricato al punto 5) è così formulato, testualmente: “Le conclusioni del ricorrente disattese dal giudice di rinvio come giudice di appello”, ed è, anch’esso suddiviso in ulteriori sottoparagrafi, fino al n. 5.4, alla pag. 39, prime righe.

II.3) Il successivo motivo, rubricato al n. 6, deduce: “Violazione dell’art. 512 c.p.c., comma 2, in riferimento all’art. 295 c.p.c. (sospensione necessaria) per avere il G.E. revocato l’ordinanza di sospensione della distribuzione della somma ricavata nonostante la sentenza di primo grado non fosse passata in giudicato (Cass. del 9.1.2014 n. 26889)” e va da pag. 39 a pag. 41, prime quattro righe.

II.4) Il successivo motivo, rubricato al n. 7, svolto alle sole pagg. 41 e 42, afferma: “Violazione dell’art. 563 c.p.c., comma 2, per aver i giudici di merito giustificato il mancato deposito da parte della banca del titolo esecutivo nel termine perentorio fissalo dal G.E. alla data del 30.05.200, disconoscendo il potere dell’ufficio del G.E. di fissare termini perentori in difetto di specifica previsione normativa e nonostante la intrinseca perentorietà del termine stesso derivante dalla sua funzione di “consentire che prima dell’udienza dell’art. 596 c.p.c., fosse delineata la platea dei possibili creditori concorrenti (Cass. 31 marzo 2015, n. 6432).”.

II.5) Il motivo rubricato al n. 8, da pag. 42 alla metà quasi di pag. 44, propone censura di “Violazione dell’art. 2697 c.c., per aver gravato l’opponente al piano di riparlo dell’onere probatorio, in una procedura caratterizzata dall’impulso d’ufficio e che pone comunque tale onere a carico esclusivo del “creditore il cui credito fosse stato contestato” (Cass. 12238 del 2007)”.

II.6) Il mezzo di ricorso di cui al n. 9, da pag. 44 a metà circa di pag. 45, propone la seguente censura: “Violazione dell’art. 512 c.p.c., in riferimento agli artt. 1283 e 2855 c.c., per aver assegnato alla Banca di Roma interessi anatocistici, usurari e, comunque, non dovuti”.

II.7) Il n. 10, da pag. 45 alla metà della pag. 47, afferma “Violazione dell’art. 512 in riferimento all’art. 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata di limitare l’assegnazione a favore della Banca alla sola sorte capitale con assegnazione al ricorrente della residua somma di Euro 178.889,575, data dalla differenza tra il percetto e il percipiendo della stessa (Euro 405.797,50 – Euro 226.907,92)”.

II.8) Il mezzo di cui al n. 11 del ricorso, svolto da pag. 47 a pag. 48, prime quattro righe, deduce “Violazione dell’art. 210 c.p.c., in riferimento all’art. 116 c.p.c., per aver ignorato il rifiuto della banca di ottemperare all’ordine del G.I. di prime cure che consentiva al Giudice di trarre elementi di prova, circa l’inesistenza dell’atto di erogazione e quietanza la cui rilevanza probatoria era assoluta, in quanto avrebbe definitivamente dimostrato la inesistenza e/o nullità del contratto di mutuo avendo la Banca mutuante inscenato una erogazione senza fuoriuscita di denaro al fine assicurarsi la concreta assegnazione della intera somma”.

II.9) Infine il motivo di cui al n. 12, pagg. 48-49 è così formulato: “Violazione dell’art. 91 c.p.c., per aver inferto, come giudice del rinvio, una esemplare condanna al pagamento delle spese processuali di tutti i precedenti gradi del giudizio. “.

III) Ciò posto il Collegio rileva che il ricorso si dipana in oltre cinquanta pagine, afferenti, in gran parte questioni fattuali, o che richiedono accesso diretto agli atti, non risultando indicate le parti salienti degli atti di causa in cui le questioni poste sono state già trattate nella fase di merito.

III.1) Gli stessi motivi di ricorso risultano difficilmente distinguibili, a prescindere dall’ultimo che è un cd. non-motivo e rivolge inopportuni apprezzamenti all’operato dei giudici di merito, soltanto il primo reca il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mentre tutti gli altri appaiono formulati genericamente e, solo con uno sforzo interpretativo notevole possono essere ricondotti tutti al vizio di violazione e (o), falsa applicazione di norme di diritto di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, o al vizio di cui al n. 4 dello stesso articolo del codice di rito.

III.2) Il ricorso, così come articolato, sebbene apparentemente rispettoso dei canoni di cui agli artt. 360 e 366 c.p.c., è complessivamente inammissibile, in quanto: accomuna, pressochè indistintamente, in tutte le sue articolazioni e suddivisioni, censure di fatto e censure di diritto, senza in alcun modo consentire all’interprete che con esso si confronta di poterle discernere, ed anzi costringendolo ad una continua scelta del materiale rilevante ai fini del giudizio di legittimità, in tal modo tradendo la stessa volontà del ricorrente di reiterare censure in fatto all’operato dei giudici di merito.

III.3) Il ricorso, inoltre, eccede i limiti dell’originaria domanda formulata in fase di appello.

Se, infatti, è vero, come precisato dalla stessa sentenza d’appello in questa sede scrutinata, che nella specie si è di fronte ad un rinvio cd. restitutorio e non prosecutorio, stante la cassazione della precedente decisione d’appello per mancata integrità del contraddittorio (alla quale, verosimilmente aveva dato causa, almeno parzialmente, lo stesso ricorrente in questa sede, appellante avverso la sentenza di rigetto del Tribunale di Orvieto sulla controversia distributiva), in quanto non era stato parte del giudizio l’esecutato M., è però anche vero che l’originaria opposizione dell’avvocato S. riguardava, come si legge nella sentenza di questa Corte n. 01375 del 2016, pag. 1 del “RITENUTO IN FATTO”, “1) il mancato riconoscimento della natura privilegiata del proprio credito, ai sensi dell’art. 2751 bis c.c.; 2) l’inammissibilità del credito dell’intervenuta Banca di Roma, garantito da ipoteca, per incertezza sull’an e sul quantum debeatur; 3) l’inammissibilità della prededuzione dell’INVIM relativamente alla somma ricavata dalla vendita dei beni staggiti”.

I motivi di opposizione distributiva erano i suddetti e, nel corso dei giudizi di primo e secondo grado quello relativo all’INVIM non è stato ritualmente riproposto.

III.4) I motivi di censura per cassazione eccedono, quindi, in parte l’originario ambito della controversia, tendendo ad includervi, in questa sede di legittimità, questioni non proposte nelle fasi di merito o, delle quali non risulta adeguatamente dove e quando siano state proposte. E’, inoltre, necessario ribadire che nel giudizio di rinvio – anche se di carattere cd. restitutorio e quale quello in esame in cui è la fase d’appello a dover essere rinnovata – le parti mantengono la stessa posizione, in tema di domande ed eccezioni proposte proprie della fase d’appello, ad eccezione della parte già pretermessa (che nella specie però non ha ritenuto di costituirsi), che avevano prima dell’intervento cassatorio, con la conseguenza che le domande e le eccezioni non possono essere modificate ed integrate.

III.5) La sentenza impugnata ha, sul punto, esaustivamente motivato, considerando nuove le domande riguardanti la nullità assoluta del progetto di distribuzione, per intervenuta revoca dell’ordinanza di sospensione della distribuzione del ricavato, in relazione alla mancata applicazione dell’art. 297 c.p.c.; la domanda relativa all’omesso deposito del titolo esecutivo nel termine fissato dal g.e. e la domanda relativa all’illegittima revoca del suddetto termine perentorio.

L’affermazione, sul punto, della Corte territoriale, è rimasta priva di adeguato contrasto, non risultando, dal testo, pur lungo, del ricorso, con precisione dove e quando, nelle fasi di merito le dette questioni erano state poste.

III.6) I primi due motivi dell’opposizione distributiva, come desumibili dalla sentenza di questa Corte n. 01378 del 20116, sono stati, inoltre, affrontati sia dal giudice della controversia distributiva, presso il Tribunale di Orvieto che dalla Corte di Appello di Perugia. In relazione ad essi le censure dell’avvocato S. si appuntano in particolare sull’insussistenza di un valido titolo della banca mutuante, assistita da ipoteca e sul computo degli interessi in favore della stessa.

Sotto il primo profilo le deduzioni dell’avvocato S. travalicano l’ambito dell’opposizione distributiva, come disegnati dalla giurisprudenza di questa Corte, poichè rimettono in discussione l’esistenza del titolo, ma non lo fanno con lo strumento processuale adeguato, che sarebbe stato costituito dall’opposizione agli atti esecutivi (Cass. n. 07707 del 02/04/2014 Rv. 630351 – 01): “Nell’espropriazione immobiliare, conclusa la fase della vendita con il decreto di trasferimento, le doglianze per vizi ad esso anteriori, non fatte valere utilmente con i rimedi allo scopo apprestati, quale, in particolare, l’opposizione agli atti esecutivi, sono irreversibilmente precluse nella successiva fase della distribuzione, che è volta solo a ricostruire l’entità della somma ricavata ed a procedere alla sua attribuzione o distribuzione, e giammai al riesame della ritualità degli atti precedenti” o anche dell’opposizione all’esecuzione (Cass. n. 22310 del 26/10/2011 Rv. 620287 – 01; sui limiti della cognizione giudiziale nell’ambito della controversia distributiva si veda, per la giurisprudenza nomofilattica, Sez. U. n. 1082 del 05/02/1997 Rv. 502215 – 01, che esclude che in detta sede possano ancora porsi questioni attinenti all’illegittimità del pignoramento o della stessa esecuzione forzata).

Le deduzioni dell’avvocato S., inoltre, e sotto altro profilo, non appaiono conferenti, atteso che esse sono incentrate, senza fare riferimento ad alcuna prova induttiva del fatto negativo, su di un’asserita inesistenza (o, quantomeno, mancato deposito) del titolo, ossia del contratto di mutuo e dell’atto di erogazione e quietanza, che, viceversa, dal testo della sentenza impugnata, risultano essere stati rituali – (Cass. n. 09389 del 10/05/2016 Rv. 639901 – 01): “In caso di stipulazione del contratto di mutuo fondiario ai sensi del D.P.R. n. 7 del 1976, art. 3, l’onere della prova dell’erogazione della somma data a mutuo è assolto dall’istituto di credito mutuante mediante la produzione in giudizio dell’atto pubblico notarile di erogazione e quietanza, spettando, in tal caso, al debitore che si opponga all’azione esecutiva del creditore dare la prova della restituzione della somma mutuata e degli accessori ovvero di altre cause estintive dell’obbligazione restitutoria.” – e sulla circostanza che l’erogazione del mutuo sarebbe avvenuta, a fini di pregiudicare le ragioni di credito del legale, in favore di soggetto diverso (la Ri. S.r.l.) dal mutuatario M., circostanza, questa, soltanto dedotta e rimasta sfornita di qualsivoglia addentellato fattuale.

Il giudice dell’impugnazione di merito ha, peraltro, adeguatamente affermato, con motivazione cd. per relationem alla sentenza di primo grado, che la proposizione delle azioni di cui agli artt. 512 e 617 c.p.c., potesse escludere la sussistenza dei presupposti per l’esperimento dell’azione surrogatoria (pagg. 7 e 8).

III.7) La parte di ricorso rivolta avverso il computo degli interessi è, anch’essa, inammissibile, per difetto di specificità in punto di censure e di deduzioni relativa alla pregressa fase di merito ed alla stessa statuizione della Corte territoriale nella sentenza qui impugnata, e inoltre, sconta la generale mancanza di adeguate prospettazioni e non si confronta con il tenore complessivo della sentenza d’appello, che ha motivato sulle ragioni e sulle modalità applicative, nella fattispecie concreta, dell’art. 2855 c.c..

IV) Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

V) Le spese di lite di questo giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in favore di ciascuna delle due controricorrenti.

VI) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 3.100,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge in favore di ognuna delle due parti controricorrenti, Dobank S.p.a. e Unicredit S.p.a..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

 

 

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