Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28296 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28296 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 23843-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3111

CAMPANELLA MARIANGELA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 183/2005 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 21/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 18/12/2013

udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
. GIOVANNA C. SAMBITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 183/13/05, depositata il 21.6.2006, la
CTR della Lombardia confermando la decisione di primo grado,

l’iscrizione a ruolo, per l’anno 1995, di IRPEF soggetta a
tassazione separata per plusvalenza derivante da cessione
d’azienda. Sosteneva la contribuente di aver erroneamente
indicato detta plusvalenza anche ai fini ILOR e chiedeva la
compensazione tra quanto erroneamente versato, a tale titolo, e
quanto effettivamente dovuto per IRPEF sulla plusvalenza, con il
rimborso dell’eccedenza.
Il giudice di appello confermava la correttezza della
procedura effettuata dalla contribuente, l’assenza dei presupposti
per l’imposizione ILOR e il diritto al rimborso di quanto
erroneamente pagato, al netto di quanto dovuto per l’IRPEF.
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Entrate, articolando sei motivi. La contribuente
non ha depositato controricorso. Depositata la relazione ex art
380 bis cpc, la causa è stata rinviata alla pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta che la CTR ha
ritenuto ammissibile la compensazione tra debito Irpef e credito
Ilor, in violazione dei principi generali in materia tributaria, che
non la ammettono.
2. Col secondo mezzo, si deduce l’insufficienza della

i

accoglieva il ricorso proposto da Mariangela Campanella contro

motivazione sul punto decisivo della controversia relativo alla
natura dell’errore nella dichiarazione della plusvalenza ai fini
dell’imponibile Ilor, non avendo la CTR esposto le ragioni per le

3. Col terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e
falsa applicazione dell’art. 38 del dPR n. 602 del 1973 e dei
principi generali in materia di compensazione, per non aver i
giudici d’appello considerato che occorre sempre la
presentazione di un’istanza di rimborso, ex art 38 del dPR n. 602
del 1973, per opporre in compensazione un credito per Ilor
indebitamente corrisposta (che non sia stato portato in
dichiarazione come credito da rimborsare) ed ottenere il
rimborso dell’eccedenza.
4. Col quarto mezzo, la ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione degli artt. 7 e 53 ss del d.lgs. n. 546 del 1972 e
112 cpc, in combinato disposto. La CTR, lamenta la ricorrente,
non ha deciso sulla questione, sollevata con l’appello, relativa
all’inammissibilità ed all’infondatezza dell’eccezione di
compensazione e della domanda di rimborso, per l’omessa
presentazione dell’istanza di rimborso, ex art 38 del dPR n. 602
del 1973.
5. Con il quinto mezzo, la ricorrente deduce la violazione
e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1972, non
avendo la CTR affatto motivato sulla questione relativa alla
mancata presentazione dell’istanza di rimborso ex art 38 dPR n.

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quali lo ha qualificato in termini di errore materiale.

602 del 1973.
6. Col sesto motivo, si lamenta che la CTR ha violato l’art.
115 del dPR n. 917 del 1986, nel ritenere che la plusvalenza da

della cessione, per la quale sia stato richiesto il regime di
tassazione separata ai fini IRPEF, non sia soggetta all’ILOR.
7. Il sesto motivo, che va esaminato con priorità, perché a
carattere potenzialmente assorbente, è infondato. 8. A norma
dell’art. 115 del dPR n. 917 del 1986, il presupposto dell’imposta
locale sui redditi è “il possesso di redditi fondiari, di capitale, di
impresa e diversi prodotti nel territorio dello stato, ancorché
esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche o
dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche”. L’art 58, lett.
d) del medesimo decreto dispone che non concorrono alla
formazione del reddito “le plusvalenze, le indennità e gli altri
redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma primo
dell’articolo 16, quando ne è richiesta la tassazione separata a
norma del comma secondo dello stesso articolo”, e la lettera g)
richiamata dal citato art. 16 riguarda, appunto, la plusvalenza,
compreso il valore d’avviamento, derivante da cessione
d’azienda posseduta da più di cinque anni, caso, pacificamente,
ricorrente nella specie. 9. Non concorrendo a formare il reddito
ma essendo soggetta a tassazione separata, la plusvalenza non
rientra, in conseguenza, nella base imponibile Ilor nell’anno di
riferimento, imponibile che, giusta il disposto di cui all’art 118

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cessione di azienda posseduta da più di cinque anni al momento

lett. a) del dPR n. 917 in esame, si determina con riferimento ai
redditi stabiliti con i criteri del titolo I, relativi, beninteso, al
medesimo anno.

inammissibile: esso manca, infatti, della redazione del momento
di sintesi, nel quale si indichi in modo chiaro e sintetico il fatto
controverso in riferimento al quale la motivazione si assume
omessa, contraddittoria o insufficiente, ai sensi dell’art. 366 bis
cpc.
11. L’omessa pronuncia, dedotta col quarto motivo, è
infondata: la sentenza di appello ha, infatti, pronunciato
sull’inammissibilità dell’eccezione di compensazione e della
domanda di rimborso, e le rigettate, sia pur in modo implicito,
con l’affermazione della correttezza della procedura seguita dalla
contribuente e con la conferma della sentenza di primo grado che
aveva accolto, nel merito, entrambe le predette istanze. 12. In
conseguenza inammissibile è il quinto motivo, col quale si
deduce la medesima censura sotto il profilo della mancanza di
motivazione, che avrebbe però dovuto esser dedotta come vizio
motivazionale, ex art. 360, 1° co n. 5 cpc, ed esser corredata dal
c.d. quesito di fatto ex art 366 bis cpc.
13. I motivi primo e terzo sono parzialmente fondati,
occorrendo distinguere gli effetti della mancata presentazione
dell’istanza di cui all’art. 38 del dPR n. 602 del 1973 ai fini della
compensazione e del rimborso. 14. Sotto il primo profilo, la

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10. Il secondo motivo, che va ora esaminato, è

condivisibile giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 23787 del
2010) ha, già, ritenuto legittimo l’utilizzo in compensazione di
un credito Irpef al fine di omettere il versamento dell’acconto

(conv. nella legge 6 febbraio 1992, n. 66), nel raffronto con le
precedenti disposizioni che hanno nel tempo regolato la materia,
dimostra la volontà del legislatore di ampliare l’ambito della
compensazione, non riproducendo l’inciso, presente ad esempio
nell’art. 4, comma 3, del d.l. 2 marzo 1989 n. 69 (conv. in legge
27 aprile 1989, n. 154) “distintamente per ciascuna imposta”, sia
perché la compensazione tra crediti e debiti verso lo Stato deve
essere considerato un principio immanente nel nostro
ordinamento, anche prima della sua codificazione con l’art. 8
della legge 27 luglio 2000, n. 212″.
15. Tale conclusione è in linea con la consolidata
giurisprudenza di questa Corte che, muovendo dalla natura c.d.
di scienza delle dichiarazioni fiscali, emendabili dal contribuente
(salvo casi particolari: ad es., le dichiarazioni integrative
presentate ai fini del condono), se, per effetto di errore di fatto o
di diritto commesso nella relativa redazione, possa derivarne
l’assoggettamento ad oneri fiscali diversi e più gravosi di quelli
che, sulla base della legge, devono restare a suo carico (Cass. SU
n. 15063 del 2002), ne ha fatto conseguire che la possibilità per
il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di
fatto o di diritto commessi nella sua redazione, ed incidenti

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Ilor, rilevando che “l’art. 2 del d.l. 30 dicembre 1991, n. 417

sull’obbligazione tributaria, può essere esercitata non solo nei
limiti in cui la legge prevede il diritto al rimborso ai sensi del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, ma anche in sede

dell’amministrazione finanziaria (Cass. n 22021 del 2006, n 2626
del 2011; n. 5852 del 2012).
16. Per ottenere il rimborso di quanto erroneamente
versato, a seguito della presentazione della dichiarazione dei
redditi, è, invece, necessaria la presentazione dell’apposita
richiesta, nel prescritto termine di decadenza, ai sensi del D.P.R.
n. 602 del 1973, art. 38, disposizione che stabilisce un regime
legale, attinente i rimborsi, anche se riferiti ad indebiti oggettivi,
in ragione dell’interesse pubblico alla stabilità delle entrate
tributarie oltre un tempo definito (ragion per cui la decadenza in
cui sia incorso il contribuente è rilevabile d’ufficio, salvo che
non si sia già formato sul punto un giudicato interno. cfr. Cass.
n. 791 del 2011; n. 1964 del 2012). 17. Tale conclusione
discende, del resto, anche dalla stessa struttura -d’impugnazionemerito- del contenzioso tributario, in base alla quale in assenza
dell’atto impugnabile (nel caso: di un provvedimento di diniego,
anche tacito, del rimborso di somme che si assumono
indebitamente versate) il ricorso è inammissibile per difetto di un
presupposto processuale rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato
e grado del giudizio (cfr. Cass. n. 6724 del 2008; n. 21356 del
2012).

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contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa tributaria

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1.•zu crIARIA

18. L’impugnata sentenza va, in conclusione. cassata, e
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa
può essere decisa nel merito, con l’annullamento dell’atto

restitutoria avanzata dalla contribuente.
19. L’esito della lite giustifica la compensazione integrale
delle spese del giudizio.
PQM
La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il primo
ed il terzo motivo, inammissibili secondo e quinto, rigettati
quarto e sesto, cassa e, decidendo nel merito, annulla l’atto
impugnato e dichiara inammissibile l’istanza restitutoria
avanzata col ricorso introduttivo. Compensa tra le parti le spese
del giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 novembre 2013.

impugnato e la declaratoria d’inammissibilità dell’istanza

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