Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28296 del 15/10/2021

Cassazione civile sez. II, 15/10/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 15/10/2021), n.28296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12656-2017 proposto da:

ACCADEMIA INTERNAZIONALE DI TEATRO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

EDOARDO D’ONOFRIO n. 43, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO

PACILEO, che lo rappresenta e difende

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 21415/2016 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 15/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/05/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Giudice di Pace di Roma l’Associazione d’Arte Circo a Vapore (oggi, Accademia Internazionale di Teatro) proponeva opposizione avverso alcune determinazioni dirigenziali del Comune di Roma per violazione degli artt. 15 e 28 del Regolamento comunale per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione del servizio di pubbliche affissioni. La ricorrente lamentava in particolare la carenza di motivazione dei provvedimenti impugnati, la mancata audizione personale, l’omessa considerazione dell’adesione alla sanatoria prevista dalla L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 480, cd. finanziaria 2015.

Nella resistenza del Comune di Roma, il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 45574/2010, rigettava l’opposizione.

Interponeva appello avverso detta decisione l’odierna ricorrente ed il Tribunale di Roma, con la sentenza impugnata, n. 21415/2016, emessa nella resistenza di Roma Capitale, rigettava il gravame.

Propone ricorso avverso detta decisione l’Accademia Internazionale di Teatro, affidandosi a due motivi.

Roma Capitale, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 480, (finanziaria 2005), recante modifiche al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 20 bis, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 La ricorrente deduce, in particolare, di aver aderito alla sanatoria prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 20 bis, comma 2, provvedendo al versamento dell’importo fisso previsto dalla norma nel termine all’uopo prescritto, prorogato dalle successive disposizioni sino al 31.12.2011. Inoltre, la ricorrente allega di aver presentato ricorso al Prefetto il 4.12.2003 e di non aver mai ricevuto alcuna risposta, né di esser stata convocata per l’audizione personale. Deduce, infine, di aver ricevuto la notificazione delle determinazioni dirigenziali impugnate il 16.1.2009, e quindi dopo il decorso dei termini di cui all’art. 204 C.d.S.; di conseguenza, il ricorso al Prefetto avrebbe dovuto essere ritenuto implicitamente accolto.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 204, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente sostiene di aver presentato ricorso al Prefetto il 4.12.2003 e di esser stata convocata per l’audizione il 4.9.2008. Di conseguenza, erano scaduti sia il termine di 90 giorni per l’emissione dell’ordinanza ingiunzione, sia quello di ulteriori 150 giorni per la sua notificazione al trasgressore. Sempre ad avviso di parte ricorrente, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto nuova, e quindi inammissibile, la contestazione in esame, la quale – invece – sarebbe stata proposta sin dal primo grado di giudizio.

Le due censure, suscettibili di essere esaminate congiuntamente, sono inammissibili.

Il Tribunale ha ritenuto che la sanatoria di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 20 bis introdotto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 480, ed oggetto di successive proroghe sino al 31.12.2011, fosse limitata ai soli manifesti politici, e non a tutte le affissioni. L’interpretazione è corretta, posto che la norma – oggi abrogata, per effetto dell’entrata in vigore della L. 27 dicembre 2019, n. 160 – stabiliva che “Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino all’entrata in vigore della presente disposizione, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 Euro per anno e per provincia”. Si trattava dunque, come esattamente rilevato dal Tribunale, di una sanatoria limitata alle sole affissioni politiche, e non applicabile dunque in favore dell’odierna parte ricorrente.

Il Tribunale dà anche atto che l’eventuale vizio del procedimento amministrativo conseguente alla presentazione del ricorso al Prefetto, derivante dalla mancata o tardiva convocazione del ricorrente per l’audizione, non è rilevante, poiché in materia di sanzioni amministrative il giudizio che si svolge, nella fase di opposizione all’atto amministrativo, innanzi l’Autorità giudiziaria non è limitato alla sola verifica della regolarità formale dell’atto, bensì investe il rapporto, con conseguente possibilità, per il destinatario della sanzione, di far valere in sede giudiziaria tutte le proprie difese.

L’affermazione è coerente con i precedenti di questa Corte, ai quali il collegio ritiene di dare continuità, secondo cui “In tema di ordinanza ingiunzione per Pirrogazione di sanzioni amministrative – emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto, ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 204 ovvero a conclusione del procedimento amministrativo L. n. 689 del 1981, ex art. 18 – la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non comporta la nullità del provvedimento, in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale” (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 21146 del 07/08/2019, Rv. 655278; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1786 del 28/01/2010, Rv. 611244).

Peraltro, nel caso di specie neppure si comprende, dalla lettura dei due motivi di ricorso proposti dalla parte ricorrente, se effettivamente la convocazione dinanzi il Prefetto vi sia stata o meno, poiché la circostanza, negata nel primo motivo, viene invece ammessa nell’ambito dell’esposizione della seconda censura.

Per quanto infine concerne l’ultima parte del secondo motivo, con il quale la parte ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha ritenuto inammissibile la censura concernente la violazione dell’art. 204 C.d.S. per tardività, si deve osservare che il giudice di merito specifica che tale doglianza era stata proposta dall’Accademia Internazionale di Teatro soltanto “nelle note conclusiva del 29.1.2016″e quindi non nell’atto di appello. Dal che deriva che, anche ammettendo che la questione fosse stata proposta già in prime cure, come sostenuto dall’odierna ricorrente – peraltro senza neanche riportare, sia pure per stralcio, la parte del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado in cui detto argomento sarebbe stato sviluppato – essa non sarebbe comunque stata ritualmente devoluta al giudice di seconda istanza mediante un motivo di appello. Ne consegue che la censura è in ogni caso inammissibile, in tesi per carenza di specificità, ed in ipotesi, comunque, perché effettivamente la questione proposta oggi dall’Accademia non era stata veicolata in appello mediante i motivi di gravame.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2021

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