Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28296 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 04/11/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 04/11/2019), n.28296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17384/2016 proposto da:

CONSORZIO DI BONIFICA DELTA DEL PO, (già Consorzio di Bonifica Delta

Po Adige) in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO PANZARANI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLA MALASOMA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ESTER ADA

SCIPLINO, GIUSEPPE MATANO, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO

MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 637/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/01/2016 R.G.N. 17384/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLA MALASOMA;

udito l’Avvocato ESTER SCIPLINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza n.

637 del 2015, rigettando l’appello proposto dal Consorzio di Bonifica

Delta del Po nei confronti dell’I.N.P.S., anche quale mandatario di

S.C.C.I. S.p.a, ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto

dell’opposizione ad avviso di addebito, proposta dal detto Consorzio, in

riferimento a pretese contributive fondate sulla L. n. 133 del 2008,

art. 20, comma 2, per sanzioni relative a contribuzione maternità e

malattia riferite al proprio personale, per il periodo maggio 2009.

2. La Corte territoriale, dopo aver precisato che

per i datori di lavoro privati l’obbligo di versare la contribuzione per

maternità e per malattia sussiste anche in ipotesi di previsione

contrattuale collettiva che obblighi il datore di lavoro ad anticipare

il trattamento di malattia, ha accertato l’obbligo contributivo

argomentando dalla natura giuridica di impresa pubblica individuata dal D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008,

del Consorzio ricorrente e richiamando, per coincidenza di principi

regolatori, il precedente di questa Corte di Cassazione costituito dalla

sentenza n. 2756 del 2014, formatosi su fattispecie riferita a soggetto

pubblico regionale trasformato in soggetto svolgente attività di

impresa pubblica.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per

cassazione il Consorzio di bonifica Delta del Po, affidandosi ad un

articolato motivo. L’INPS, anche nella qualità di mandatario di S.C.C.I.

s.p.a., ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, il Consorzio di Bonifica Delta del Po denuncia violazione e o errata applicazione del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, conv. in L. n. 133 del 2008,

in ragione dell’errata qualificazione giuridica dei Consorzi di

Bonifica ai fini dell’applicazione della contribuzione previdenziale di

maternità relativa ai propri dipendenti e della loro inclusione tra i

destinatari del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008,

che, a decorrere dal primo gennaio 2009, ha previsto l’obbligo del

versamento all’INPS della contribuzione per malattia e maternità nei

confronti delle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli enti

locali, privatizzati e a capitale misto; sostiene il ricorrente che la

sentenza impugnata sia incorsa in errore per aver accolto la tesi

dell’INPS basata sulla considerazione della sua natura di impresa

appartenente ad ente pubblico laddove l’esatta natura giuridica,

emergente dal contesto normativo costituito dalla L.R. Veneta n. 12 del

2009, ed ancor prima dal R.D. 215 del 1933, art. 59,

sarebbe quella di ente pubblico economico istituito per perseguire

finalità pubblicistiche erogando servizi di utilità pubblica; pertanto –

prosegue il ricorso – in quanto tale il Consorzio sarebbe estraneo alla

previsione del cit. D.L. n. 112 del 2008, art. 20,

comma 2, anche in considerazione del fatto che in tale veste esso eroga

direttamente ai propri dipendenti le prestazioni di malattia e

maternità.

2. La questione controversa richiede, in primo luogo, l’identificazione dei soggetti destinatari del disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008,

che ha il seguente tenore: “A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese

dello Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a

capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a)

la contribuzione per maternità; b) la contribuzione per malattia per gli

operai”.

3. Su tale tema questa Corte di cassazione (proprio a partire da Cass. n. 2756 del 2014

citata dalla sentenza impugnata e poi con Cass. nn. 18395 e 21536,

22291 del 2019) ha affermato che il riferimento alle “imprese dello

Stato” – secondo un’interpretazione del testo costituzionalmente

orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

– conduce a ritenere che all’elencazione in essa prevista non può

essere attribuito carattere tassativo, posto che, l’espressione “imprese

di Stato” che ricorre nel linguaggio comune, dal punto di vista

giuridico (cioè come volta ad indicare lo svolgimento diretto da parte

dello Stato di un’attività economica, costituita dall’offerta di beni e

servizi in un mercato, a scopo di lucro) non ha cittadinanza negli Stati

membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE,

come interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte,

Comunicazione della Commissione UE sull’applicazione delle norme

dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione

concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale

Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e ivi ampi richiami).

4. Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo conto anche degli artt. 11 e 117 Cost.

– non può che essere intesa in senso a-tecnico, come riferita alle

“imprese partecipate, in tutto o in parte, dallo Stato” (vedi INPS –

Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa n. 18

del 22 dicembre 2009 nonchè Nota 20 luglio 2011, n. 18). Pertanto, è

evidente che la stessa valenza atecnica debba essere attribuita alla

restante parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi

va inteso nel senso di assoggettare alla contribuzione ivi prevista (da

effettuare all’INPS): a) tutte le imprese degli pubblici e degli enti

locali (di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267

e successive modificazioni e integrazioni), che sono state interessate,

per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da

processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni ‘90 ed ancora

in via di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad

un regime previdenziale di tipo pubblicistico, nonchè a regimi speciali

riconosciuti alle medesime in forza di specifiche disposizioni

normative; b) tutte le imprese a capitale misto degli enti pubblici e

degli enti locali; c) nonchè le imprese costituite a seguito di

trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui dipendenti

già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi confluiti

nell’INPDAP.

5. Ciò premesso, va individuata la natura giuridica del Consorzio

ricorrente. Sul punto questa Corte di legittimità (vd., tra le altre, Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017) ha avuto modo di affermare, al fine di accertare la natura dei consorzi di bonifica, che il R.D. n. 215 del 1933, art. 59, li qualifica espressamente quali “persone giuridiche pubbliche”; inoltre, la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c.. Inoltre, quanto alla presente fattispecie, va osservato che la L.R. Veneto 8 maggio 2009, n. 12, art. 1

(avente ad oggetto “Nuove norme per la bonifica e la tutela del

territorio”), che ha abrogato la precedente L.R. n. 3 del 1976

(contenente “Riordino dei consorzi di bonifica e determinazione dei

relativi comprensori”) e la L.R. 1 marzo 1983, n. 9

(intitolata “Nuove disposizioni per l’organizzazione della bonifica”),

con rispettive integrazioni e modifiche, così espressamente recita

all’art. 3 (Consorzi di bonifica): “Nell’ambito di ciascun comprensorio

di cui all’art. 2, la Giunta regionale costituisce un consorzio di

bonifica avente natura di ente pubblico economico, retto da un proprio

statuto, la cui azione è informata ai principi di efficienza, efficacia,

economicità, trasparenza e sussidiarietà, secondo le disposizioni della

presente legge”.

6. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è costante nel

ritenere che i consorzi di bonifica, definiti dalla legge – come si è

visto – enti pubblici economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a

costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità

ed imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno

tendenzialmente, a coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU., 11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036). Si è pure aggiunto che i rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907)

e che l’attività dagli stessi espletata, di natura imprenditoriale, non

si sottrae alla classificazione come industriale o agricola; tale

natura, industriale o agricola, dell’attività imprenditoriale svolta dal

consorzi di bonifica va accertata non sulla base di criteri generali ed

astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali, dal D.P.R. n. 797 del 1955, art. 33 e della L. n. 92 del 1979, art. 6, lett. b), o, in tema di determinazione del reddito agrario, dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 28 – ma, in conformità all’enunciazione dell’art. 2070 c.c., comma 1, posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135 c.c.,

sulla base dell’attività effettivamente esercitata da tali enti

(pubblici economici), attività da considerare, peraltro, dopo la

soppressione dell’ordinamento corporativo, non già alla stregua di

criteri meramente merceologici, ma tenendo conto della valutazione

operatane dalla contrattazione collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).

7. Peraltro, il Consorzio ricorrente non contesta tali caratteri ed

anzi richiama un’opinione che esclude la possibilità che un ente

pubblico possa definirsi economico senza esercizio effettivo di attività

d’impresa. Tuttavia, ritiene errata la sentenza impugnata imputandole

di aver assimilato la propria natura giuridica a quella degli Istituti

per l’edilizia residenziale pubblica, di cui trattava il precedente di

questa Corte di legittimità n. 2756 del 2014.

8. La critica non coglie nel segno giacchè, per quanto si è sopra

esposto, il principio espresso da quel precedente e dai successivi

arresti sopra indicati risulta applicabile alla posizione contributiva

del Consorzio ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in termini

di “impresa pubblica” nell’accezione a-tecnica sopra specificata che

comporta la sua inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento

dei contributi di maternità e malattia, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 20, comma 2, conv. in L. n. 133 del 2008.

9. Inoltre, del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità

dell’obbligo contributivo in oggetto, è la circostanza che il Consorzio

abbia erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione alla luce

della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero

sistema previdenziale.

10. Invero, va qui ribadito quanto affermato da questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10232 del 2003 (seguita da Cass. n. 15112 del 2004 e da Cass. n. 13791 del 2006),

là dove si è affermato che il fondamento della previdenza sociale sta

nel principio di solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di

equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla

rappresentazione del sistema giacchè all’apporto contributivo delle

categorie interessate si accompagna il costante intervento finanziario

dello Stato e quindi della solidarietà generale.

11. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte Cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 c.c.;

nè l’ammontare delle prestazioni è necessariamente proporzionale a

quello dei contributi, dipendente dalla quantità della retribuzione

imponibile, dalla varietà delle aliquote di computo, dall’età

dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni del prodotto

interno (nazionale) lordo.

12. Dunque, ben può persistere l’obbligazione contributiva a carico

del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni dei lavoratori

dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe prestazioni.

13. L’obbligazione contributiva previdenziale partecipa, inoltre,

della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica, equiparabili a

quelle tributarie a causa dell’origine legale e della destinazione ad

enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali (Cass. 21

luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e,

quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato

e pertinente alla finanza complementare dello Stato.

14. Tutto ciò comporta che il regime legale della contribuzione non

può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata. Tali debbono

oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a differenza

di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal D.L. 5 agosto

1943, n. 721 e dal decreto luogotenenziale 23 novembre 1944 n. 369.

Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione contributiva oggetto di

causa la previsione del c.c.n.l. 1 giugno 2005 agli artt. 95 e 100,

c.c.n.l. applicato dal Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro

intercorrenti con i propri dipendenti, che obbliga il medesimo ad

erogare direttamente ai dipendenti sia il trattamento di malattia che

quello di maternità.

15. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento

delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00 per

compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella

misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,

comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali

per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a

norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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