Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28293 del 04/11/2019
Cassazione civile sez. lav., 04/11/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28293
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –
Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4737/2018 proposto da:
A.P., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dagli avvocati GAETANO IROLLO, MARIA ESPOSITO;
– ricorrente –
contro
GEMEAZ ELIOR S.P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE, 109,
presso lo studio dell’avvocato STEFANO ROSSI, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ADELAIDE MANGANARO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 8370/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 04/12/2017 r.g.n. 1188/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/07/2019 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Napoli, pronunziando in
sede di reclamo, ha confermato il rigetto della domanda di
A.P. intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento
intimatole in data 16.7.2014 dalla Gemeaz Elior s.p.a..
1.1. Per quel che ancora rileva, il giudice del
reclamo, premesso che in data 1.7.2015 la Gemeaz Elior s.p.a., azienda
esercente attività di ristorazione e distribuzione pasti presso le mense
scolastiche, aveva comunicato alla dipendente l’avvio di una procedura
di mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991,
a causa della perdita del servizio di refezione scolastica del Comune
di Napoli (Municipalità VIII) – presso cui la lavoratrice prestava la
propria opera -, rendendole noto la possibilità di lavoro a tempo
indeterminato, con orario part time, presso il Centro Cottura di Napoli,
che, in risposta, la lavoratrice, con fax del 4.7.2014, aveva
rappresentato di avere, in data 17.6.2015, presentato alla competente
sede INPS istanza per la richiesta di congedo parentale a far data dal
1.10.2015 rifiutando allo stato la proposta lavorativa, che con
raccomandata a.r. in data 15.7.2015 la società, preso atto del rifiuto
della proposta lavorativa, aveva comunicato il recesso dal rapporto di
lavoro in ragione della intrapresa procedura di mobilità, ha escluso la
nullità del licenziamento in quanto la descritta sequenza cronologica
escludeva che il recesso datoriale potesse ricollegarsi alla istanza di
congedo parentale, ulteriormente evidenziando che tale recesso era stato
intimato nell’ambito di una procedura di mobilità, originata dalla
perdita dell’appalto delle mense scolastiche, procedura in ordine alla
correttezza della quale la lavoratrice non aveva avanzato alcuna
censura.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso A.P. sulla base di due motivi; la parte intimata ha
resistito con tempestivo controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, violazione del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 55, comma 6 e della L. n. 604 del 1966, art. 5, in relazione all’art. 3 Cost..
Premesso che la società era a conoscenza della presentazione della
istanza di congedo, censura la sentenza impugnata per avere configurato
come giustificato motivo di licenziamento il presunto rifiuto opposto
alla nuova offerta di lavoro formulata dalla Gemeaz Elior s.p.a..
2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza in relazione agli artt. 2727,2247,2697,2729 c.c., artt. 111 e 24 Cost. e all’art. 421 c.p.c..
Premesso di avere, in seconde cure, reiterato la istanza di prova orale
su circostanze che assume destinate a dimostrare che il recesso
datoriale era causalmente collegato alla presentazione della istanza di
congedo parentale, censura la mancata ammissione della prova orale sul
punto.
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di
pertinenza delle doglianze sviluppate con la ricostruzione in fatto e le
ragioni in diritto che sorreggono la decisione.
3.1. La sentenza impugnata, sulla base della successione
cronologica degli eventi – comunicazione alla dipendente, in data
1-72015, dell’avvio di una procedura di mobilità e contestuale offerta
alla medesima di un posto di lavoro part time, risposta in data 4.7.2015
via fax della lavoratrice con la quale rendeva noto alla società di
avere presentato il 17.6.2015 alla competente sede INPS richiesta di
congedo parentale a far data dalla ripresa dell’attività lavorativa il
1.10.2015 e rifiutava allo stato la proposta di modifica del rapporto di
lavoro, ulteriore comunicazione via fax in data 8.7.2015 con la quale
la A. trasmetteva copia dell’istanza di congedo parentale
presentata all’INPS, raccomandata del 14.7.2015 con la quale la società
comunicava il recesso dal rapporto – ha escluso che il licenziamento
della lavoratrice si ponesse in connessione causale con la presentazione
della istanza di congedo parentale neppure nota alla società all’atto
dell’invio della prima comunicazione.
3.2. Tale accertamento non risulta validamente incrinato dalle
censure sviluppate con il primo motivo le quali non individuano, ai
sensi dell’art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 5, alcuno specifico fatto storico, di rilevanza decisiva,
il cui omesso esame avrebbe inciso sulla esclusione del nesso di
causalità tra licenziamento e presentazione della istanza di congedo.
Parte ricorrente si limita, infatti, a prospettare una differente
ricostruzione fattuale e giuridica della vicenda alla stregua della
quale, poichè la offerta di un nuovo posto di lavoro da parte della
società avrebbe avuto efficacia a decorrere dalla ripresa dell’attività
scolastica, in coincidenza con il periodo di congedo straordinario
richiesto dalla lavoratrice, il rifiuto dalla stessa opposto non poteva
configurare giustificato motivo di licenziamento essendo il recesso
datoriale nullo in quanto irrogato in costanza di concessione del
congedo straordinario. Gli assunti della società ricorrente in fatto ed
in diritto risultano privi di pregio alla luce della ricostruzione
fattuale della vicenda operata dalla sentenza impugnata che smentiscono
la tesi della protratta efficacia della proposta di lavoro part time e
del fatto che il licenziamento intimato si inscriveva nell’ambito di una
procedura di mobilità in relazione alla quale la Corte di merito, con
affermazione rimasta incontestata, ha evidenziato che la lavoratrice non
aveva avanzato alcuna doglianza.
3.3. Una volta escluso il nesso di causalità tra licenziamento e
istanza di congedo parentale, la sentenza in diritto è conforme al
disposto del D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 54,
comma 6, che, a differenza della ipotesi di violazione del divieto di
licenziamento di cui ai commi 1 e 2, collegati al fatto oggettivo dello
stato di gravidanza e dell’età del bambino, sanziona con la nullità il
licenziamento solo ove lo stesso si ponga in relazione causale con la
domanda o la fruizione in concreto del congedo in questione.
4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
4.1. La prova articolata e non ammessa dal giudice di merito appare
priva di decisività al fine di una diversa ricostruzione fattuale della
vicenda. In particolare il capo c) della prova articolata, vertente
sulla circostanza che la società, agli inizi del mese di giugno 2015,
aveva verbalmente comunicato alla dipendente la volontà di trattenerla
al lavoro preferendola ad altri in lista di mobilità, a patto che questa
non rinnovasse la domanda di congedo parentale, oltre ad essere
generico si rivela ininfluente per l’assorbente considerazione che il
recesso datoriale si colloca nell’ambito di una procedura di mobilità la
cui correttezza, come accertato dalla Corte di merito con affermazione
rimasta incontestata, non era stata in alcun modo posta in discussione
dalla lavoratrice.
5. Le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.
6. Sussistono i presupposti per l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.500,00 per compensi
professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella
misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019