Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28291 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 15/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2996/2015 R.G. proposto da:

LO SCOGLIO DEI F.LLI N. & C. s.n.c. in persona del suo legale

rappresentante pro tempore; N.F., B.M.,

N.B., P.P.D.M., N.T.,

BE.PA., tutti rappresentati e difesi giusta delega in atti dall’avv.

Leonardo Vernillo (PEC avvleonardovernillo.puntopec.it) con

domicilio eletto in Latina presso il ridetto procuratore, p.zza B.

Buozzi n. 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 1933/39/14 depositata il 27/03/2014 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

24/03/2020 dal Consigliere Dott. Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha accolto l’appello principale dell’Ufficio e respinto l’appello incidentale dei contribuenti e quindi sancito la legittimità dell’atto impugnato, avviso di rettifica per IVA 1997;

– avverso la sentenza di seconde cure propongono ricorso per cassazione la società e i soci ridetti della stessa, affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 2 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR campana attribuito la responsabilità per sanzioni alla società ricorrente e ai suoi soci mentre unica responsabile era la commercialista incaricata della tenuta della contabilità;

– il motivo, nel concreto articolato quale censura diretta a far valere la violazione di legge, è infondato;

– va premesso che questa Corte ha anche di recente e in plurime occasioni confermato come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12901 del 15/05/2019) in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza;

– conseguentemente, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. E’ comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo ó della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2139 del 30/01/2020);

– nel caso che ci occupa, la CTR ha accertato in fatto come le violazioni che hanno condotto all’accertamento e alla irrogazione delle sanzioni constavano nella irregolare tenuta della contabilità (pag. 5 riga 15 della sentenza impugnata);

– il caso quindi è ben diverso dalla fattispecie nella quale il consulente incaricato trae in inganno il contribuente, ad esempio consegnando a questi documentazione falsa dalla quale si evinca la redazione della dichiarazione e il versamento dei tributi;

– questa Corte infatti ha statuito che (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11832 del 09/06/2016) il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinchè tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicchè la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento;

– la CTR ha correttamente applicato tal principio, osservando proprio come, quanto all’obbligo di tenere correttamente la contabilità, si tratti di “obbligazioni di carattere pubblico/sanzionatorio, esse non sono delegabili”; e ciò in quanto – più correttamente esprimendosi – dette obbligazioni anche ove delegate a terzi non esonerano il contribuente, che ne è soggetto e destinatario, dall’obbligo di controllarne l’adempimento da parte del delegato;

– il secondo motivo di ricorso si incentra sulla nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il giudice dell’appello sotto un primo profilo – ritenuto legittima la ricostruzione del reddito operata dall’Ufficio partendo da fatti incerti, sulla scorta dei tovaglioli utilizzati dalla società contribuente senza riconoscere alcuno scarto nè distinguere tra i tipi di tovaglioli e l’uso vario degli stessi e comunque utilizzando la media aritmetica per determinare il prezzo di un “singolo coperto”; ulteriormente, detta ricostruzione non avrebbe riconosciuto, nella rideterminazione dei tributi dovuti, i costi sostenuti dall’impresa;

– il motivo è inammissibile;

– come correttamente eccepito in controricorso, questa Corte con l’ordinanza resa n. 28160 del 2011 inter partes ha rigettato il ricorso principale dei contribuenti e accolto il ricorso incidentale dell’Ufficio;

– ebbene, con orientamento che risale a oltre mezzo secolo fa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 998 del 14/05/1962) questo Giudice di Legittimità ha chiarito che la questione che ha formato oggetto di specifico motivo di ricorso per Cassazione, rigettato dalla suprema Corte, non può essere più riproposta, ànche se, in accoglimento di un’ autonoma censura, la causa sia stata rinviata per nuovo esame essendosi sulla questione stessa formato il giudicato, che ne preclude la riproposizione;

– si tratta infatti di fare applicazione, in sede di giudizio di rinvio, dei principi del codice di rito relativi alla formazione del giudicato, che preclude ogni riproposizione della questione con esso definita; in tal senso questa Corte ha coerentemente sancito (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3970 del 18/03/2003) che in tema di giudicato interno, è fondata l’eccezione – rilevabile d’ufficio in cassazione, anche nel caso di controricorso dichiarato inammissibile – tendente a dichiarare l’esistenza della preclusione per il giudice del rinvio (a seguito di un primo giudizio di cassazione) – ad esaminare la domanda per la mancata impugnazione della pronuncia di rigetto, quand’anche vi sia stata accettazione del contraddittorio da parte dell’impugnato, atteso che tale accettazione non ha nel giudizio di impugnazione (e ancor più nel giudizio di impugnazione a seguito di rinvio da parte della Cassazione) lo stesso effetto che ha nel giudizio di primo grado. Infatti, se in quest’ultimo l’accettazione del contraddittorio consente di superare il limite posto dalle regole processuali nell’interesse e in favore dei privati, nel giudizio di rinvio (come, e ancor più, che in quello di appello) la delimitazione della “res litigiosa” è data dall’interesse pubblico e, quindi, non è nella disponibilità delle parti;

– dalla lettura della sentenza della CTR del Lazio, sez. staccata di Latina n. 249/40/07, debitamente trascritta in controricorso in parte qua nel rispetto del canone di autosufficienza dei motivi, si evince come la stessa si fosse pronunciata effettivamente sia sulla legittimità del metodo accertativo sia sulle risultanze delle indagini finanziarie; la pronuncia di questa Corte resa in sede di impugnazione di questa ridetta sentenza ha rigettato l’impugnazione del contribuente, producendo la formazione del giudicato su tutte le questioni poste e proponibili in quella sede;

– il motivo contiene poi un secondo profilo, con il quale si censura l’avere la CTR ritenuto legittimo l’accertamento anche in forza delle risultanze delle indagini finanziarie sui conti bancari dei soci, in ordine ai quali i contribuenti non avrebbero potuto fornire prova contraria stante la condotta sottrattiva del commercialista, che sottrasse e/o distrusse la contabilità (pag. 11 ricorso secondo capoverso);

– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non risultando trascritto in ricorso per cassazione l’atto dei giudizi di merito nei quali il motivo è stato, sotto questo specifico profilo, posto tempestivamente;

– invero, tal profilo non risulta esaminato dalla gravata sentenza, che esamina il diverso profilo relativo alle conseguenze per il contribuente dell’omessa presentazione della dichiarazione da parte del commercialista a ciò delegato e della conseguente responsabilità per sanzioni;

– pertanto, il ricorso va rigettato;

– le spese seguono la soccombenza;

– sussistono i requisiti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato per atti giudiziari.

PQM

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 5.600,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte ricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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