Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28290 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 15/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28290

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8502/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato

– ricorrente –

contro

D.A.;

– intimato –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 51/09/13 depositata il 12/03/2013 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

15/10/2020 dal Consigliere Dott. Succio Roberto;

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha respinto l’appello dell’Ufficio la pronuncia della CTP capitolina che aveva sancito la illegittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA 2003;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a tre motivi; il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 3 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR erroneamente annullato l’atto impugnato non avendo l’Ufficio, a fronte dell’allegazione del contribuente relativa alla responsabilità esclusiva del consulente per l’omesso invio delle dichiarazioni tributarie, fornito prova contraria quanto alla responsabilità del contribuente; la CTR avrebbe invece dovuto accertare che il contribuente aveva scelto con ragionevole diligenza l’intermediario abilitato e adeguatamente vigilato sul suo operato;

– il motivo è fondato;

– va premesso che questa Corte ha anche di recente e in plurime occasioni confermato come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12901 del 15/05/2019) in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai finì dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza;

– conseguentemente, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. E’ comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2139 del 30/01/2020);

– questa Corte infatti, in termini, ha statuito che (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11832 del 09/06/2016) il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinchè tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicchè la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento;

– nel presente caso, poichè il contribuente ha affidato a soggetto non abilitato alla professione i compiti in oggetto e non ha adeguatamente vigilato sull’operato dello stesso, neppure chiedendo periodicamente informazioni relative agli adempimenti contabili e tributari delegatigli, questi non può andare esente da responsabilità nè sottrarsi alle conseguenze delle violazioni di disposizioni tributarie;

– il secondo motivo di ricorso si incentra sulla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e degli artt. 2697 e 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere il giudice dell’appello annullato l’atto impugnato pretendendo dall’Ufficio il raggiungimento di prova piena e non anche solo presuntiva della maggior pretesa, in quanto il secondo giudice ha statuito che l’Amministrazione “non ha dato prova…dell’iter della rettifica…con l’accertamento… del valore del reddito imponibile”;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2, 3, art. 25, comma 3 e degli artt. 112 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere il giudice dell’appello omesso di pronunciarsi, rideterminandolo, in merito al reddito non dichiarato dal contribuente;

– alla luce della decisione sul primo motivo di ricorso, i successivi motivi sono assorbiti.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo e il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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