Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2829 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2829 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA

sul ricorso 11605-2008 proposto da:
MARCANTONIO LEA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA

DELL’OROLOGIO

7,

presso

lo

studio

dell’avvocato D’INCECCO BAYARD DE VOLO GIOVANNI
PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato DI CAMPLI
DONATO giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2348

PARLAPIANO TOMMASO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 134/2007 della CORTE D’APPELLO

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Data pubblicazione: 07/02/2014

di L’AQUILA, depositata il 05/03/2007 R.G.N. 1431/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato DONATO DI CAMPLI;

Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia ha ad oggetto la determinazione del canone
legale e la restituzione di somme indebitamente percette da
parte locatrice relativamente al contratto di locazione ad uso
abitativo intercorso negli anni 1990/2001 tra Lea Marcantonio,

all’immobile in Pescara, via Arapietra 39.
Con la sentenza qui impugnata, emessa in data 5 marzo 2007,
la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del
Tribunale di Pescara in data 5 luglio 2005 di rigetto delle
domande della conduttrice, per non avere la stessa osservato
il termine di decadenza semestrale di cui all’art. 79 legge n.
392 del 1978.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Lea Marcantonio svolgendo due motivi.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte
intimata.
Parte ricorrente ha anche depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l. La sentenza impugnata si basa su duplice ordine di
considerazioni, concernente, l’una, la determinazione del dies
a quo della decadenza ex art. 79 L. 392 del 1978 e l’altra gli
effetti della decorrenza del termine semestrale.
Sotto il primo profilo la Corte di appello – confermando le
valutazioni espresse in prime cure in ordine alla decadenza
dall’azione di restituzione per avvenuto decorso del termine
semestrale – ha evidenziato, per un verso, l’inattendibilità
le deposizioni testimoniali per essere state rese da persone

3

conduttrice e Tommaso Parlapiano, locatore, relativamente

(il figlio e la nuora della Marcantonio) legate alla
conduttrice e, per altro verso, l’obiettività di altri
elementi certi (quali il trasloco e il distacco della
fornitura di energia elettrica) che lasciavano intendere che
il locatore fosse rientrato nel possesso dell’immobile già in

particolare ha negato che fosse significativa la prova orale
richiamata da parte appellante, in ordine alla consegna delle
chiavi in epoca successiva al trasloco e alla permanenza
nell’immobile, pur dopo il trasloco, di “alcuni vasi” o altre
non meglio precisate “suppellettili”; e ciò vuoi per
l’inconferenza della circostanza in sé, atteso che essa non
implicava affatto la mancata riconsegna dell’appartamento,
vuoi anche perchè si trattava di deposizione priva di
attendibilità sia sul fatto della consegna delle chiavi, sia
sulla relativa data.
Sotto il secondo profilo la Corte di appello – precisato
che il precedente (Cass. n.10128 del 2004) richiamato da parte
appellante «non convince» – ha rinvenuto nella norma di cui
all’art. 79 L.392 del 1978 una condizione di proponibilità,
con conseguente preclusione alla presente azione di
ripetizione, ritenendo che l’interpretazione adottata sia
coerente con la lettera della legge e conforme alla
Costituzione per la ragionevolezza della disposizione e
l’adeguatezza del termine.
2. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009) – è soggetto, in forza del

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epoca anteriore a quella indicata dai testimoni; in

combinato disposto di cui al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
alla disciplina di cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg.
come risultanti per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione

cod. civ. (art. 360 n.3 cod. proc. civ.), nonché insufficiente
e contraddittoria motivazione in relazione al motivo di
appello riguardante il momento della riconsegna
dell’appartamento ai fini della decorrenza del termine
semestrale per la restituzione delle somme indebitamente
corrisposte (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) A conclusione del
motivo si chiede a questa Corte ai sensi dell’art. 366
cod. proc. civ.: I)

bis

«se la riconsegna dell’immobile locato,

prevista dal secondo comma dell’art. 79 1. 392/78 per la
decorrenza del termine semestrale per la ripetizione di somme
indebitamente corrisposte durante il rapporto locatizio, si ha
con la effettiva, completa ed incondizionata disponibilità da
parte del locatore»;

II)

«se il trasloco ed il distacco

dall’utenza elettrica sono meri atti preparatori ed
antecedenti alla riconsegna dell’immobile locato, cosicchè non
possa dirsi verificato il presupposto per la decorrenza del
termine di cui al secondo comma dell’art. 79 1. n. 392/78»;
III)

«se l’onere di provare la tardività dell’azione di

ripetizione delle somme indebitamente corrisposte di cui
all’art. 79 1. n. 392/78 spetti al locatore».

Mentre in

relazione alla seconda parte dell’art. 366 bis cod. proc. civ.
in comb. disp. con l’art. 360 n.5 cod. proc. civ. si assume

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o falsa applicazione degli artt. 79 L. 392 del 1978 e 2697

che

«la

sentenza

impugnata

contiene una motivazione

contraddittoria in relazione ai fatti sintomatici della
riconsegna dell’immobile, da considerare ai fini della
decorrenza del termine di cui al secondo comma dell’art.79 1.
n. 392/1978».

secondo i canoni elaborati da questa Corte in relazione
all’art. 366 bis cod. proc. civ., tuttora applicabili per le
ragioni esposte

sub

2., stante l’univoca volontà del

legislatore di assicurarne ultra-attività della norma

(ex

multis, cfr. Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194) – la formulazione
del quesito di diritto deve avvenire in modo rigoroso e
preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da ciò
consegue che i motivi di ricorso fondati sulla violazione di
leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono essere
sorretti da quesiti separati. Invero le Sezioni Unite – pur
ritenendo ammissibile, in via di principio, il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino con un unico articolato
motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di
motivazione in fatto – hanno precisato che a tali effetti
occorre che il motivo si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al
fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31
marzo 2009, n. 7770).
Orbene la singolare struttura dei quesiti di diritto sopra
testualmente riportata, rende possibile enucleare una sola

6

2.2. Prima di ogni altra considerazione si rileva che –

proposizione determinativa di una questione di diritto
quella sull’onere della prova enunciata con il terzo quesito la quale, peraltro, si rivela priva di correlazione con le
ragioni

della

decisione

e

risulta,

in

definitiva,

inconferente, atteso che i giudici del merito non hanno

di dimostrare la tempestività dell’azione proposta, bensì
hanno ritenuto provato l’avvenuto decorso del termine
semestrale al momento della proposizione dell’azione.
E’ appena il caso di aggiungere che al quesito all’esame
(come agli altri quesiti) è estranea la questione della
“sospensione” del termine di decadenza, inammissibilmente
introdotta con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
2.3. Gli altri due “quesiti di diritto” prospettano,
invece, una questione di mero fatto, qual è quella della
determinazione del momento in cui il locatore ha avuto “la
disponibilità” dell’immobile

(ergo è avvenuto il rilascio) e

della rilevanza, a tal fine, di alcuni elementi (quali il
distacco dell’utenza elettrica e il trasloco) che, nel
percorso argomentativo della decisione impugnata non sono
affatto assimilati al rilascio (come lascerebbe intendere il
secondo quesito), bensì assunti come dati sintomatici dello
stesso.
Orbene,

se è indubbiamente vero che la locuzione

“riconsegna”, utilizzata nell’art. 79 per indicare il momento
iniziale del termine semestrale, va normalmente interpretata
nel senso che tale

dies a quo

coincide con quello in cui

l’immobile in locazione viene rilasciato dal conduttore e

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affatto ritenuto inadempiente l’odierno ricorrente all’onere

posto in concreto nella disponibilità effettiva del locatore,
è altrettanto vero la decisione impugnata non ha assegnato a
detta locuzione un significato diverso e non ha, dunque,
violato o falsamente applicato la norma, essendosi limitata ad
affermare che – quand’anche fosse stata rispondente al vero la

ricorrente circa la permanenza nell’immobile, dopo il
trasloco, di “alcuni vasi” o altre non meglio precisate
“suppellettili” – non per questo poteva inferirsi la mancata
riconsegna dell’appartamento, dovendo la circostanza

«essere

interpretata alla stregua del buon senso, come mera modalità,
e l’espressione di reciproca tolleranza».
2.4.

La

questione

stessa

sarebbe

stata,

dunque,

prospettabile solo sotto il profilo del controllo della
logicità della motivazione, non essendo consentita in questa
sede la revisione del “ragionamento decisorio”, ossia
dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una
determinata soluzione della questione esaminata.
Peraltro, sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5 cod.
proc. civ., il motivo avrebbe dovuto essere corredato da un
apposito momento di sintesi

(«la chiara indicazione»

di cui

bis cod. proc. civ.), da cui

all’ultima parte dell’art. 366

risultasse non solo il fatto controverso, ma anche, se non
soprattutto, la “decisività” del vizio. Tale requisito non
può, infatti, ritenersi rispettato quando solo la completa
lettura dell’illustrazione del motivo all’esito di
un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto

8

circostanza, riferita dai testimoni addotti dall’odierna parte

ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007,
n. 16002), né può ritenersi soddisfatto dalla mera
enunciazione della «contraddittorietà della motivazione»,

con

cui si conclude il motivo all’esame.
Invero il vizio di contraddittoria motivazione presuppone

sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e
da non consentire l’individuazione della

ratio decidendi,

e

cioè l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto
a base della decisione adottata (cfr.

ex plurimis.

Cass. 3

agosto 2007, n. 17076); il che avrebbe postulato l’indicazione
(nel “quesito di fatto”, prima ancora che nel motivo) di
espressioni tra loro contraddittorie ossia inconciliabili
contenute nella parte motiva della sentenza impugnata, tali da
elidersi a vicenda e non permettere, di conseguenza, di
comprendere quale sia la

ratio decidendi

che sorregge la

pronunzia stessa.
2.5. Del resto l’inadeguatezza dei quesiti di diritto e “di
fatto” non costituisce altro che il riflesso della reale
natura del motivo, che, attraverso la surrettizia deduzione
del vizio motivazionale e di violazione di legge, mira, nella
sostanza, a sollecitare null’altro che una diversa lettura
delle risultanze procedimentali così come accertate e
ricostruite nell’impugnata sentenza, muovendo censure che non
sono consentite in sede di legittimità; e ciò in quanto la
valutazione delle risultanze probatorie (non meno che il
giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di
alcuni invece che di altri) così come la scelta, fra esse, di

9

c9cLe

che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino

quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione,
involgono apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al
giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio
convincimento e della propria decisione una fonte di prova con
esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione

e ipoteticamente verosimili), non incontra altro limite che
quello, qui osservato, di indicare le ragioni del proprio
convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e
discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a
confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva.
Il motivo va, dunque, rigettato.
3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione
o falsa applicazione dell’art. 79 co.2 L. n. 392/1978 (art.
360 n.3 cod. proc. civ.). Il motivo attinge al secondo ordine
di considerazioni svolto nella decisione impugnata, sulla base
del tenore letterale della norma di cui all’art. 79 L.
392/1978, in dichiarato dissenso con il precedente di questa
Corte n. 10128 del 2004. A tal riguardo parte ricorrente,
richiamata la ratio legis intesa a consentire al conduttore di
ottenere la restituzione dell’indebito, senza remore che il
locatore possa agire in ritorsione, sollecita la conferma del
principio enunciato con il richiamato precedente, chiedendo a
questa Corte ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. «se il
rispetto del termine di cui al secondo comma dell’art. 79
della 1. n. 392/1978 comporti la mera ineccepibilità della
prescrizione dei crediti ultra decennali e se, di conseguenza,
il mancato rispetto del medesimo termine consenta al locatore

10

circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili

di proporre l’eccezione di prescrizione dei crediti
ultradecennali».
3.1 n motivo è fondato, dovendo qui ribadirsi il
principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui il termine semestrale di decadenza per

qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei
limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, previsto
dalla legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 79, comma 2, fa sì
che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il
conduttore è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione
dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il
rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di
tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento
del rilascio dell’immobile locato, il che si traduce nella
inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione
(oltre la già cit. Cass. 26 maggio 2004, n. 10128, tra le
tantissime, Cass. 13 maggio 2008, n. 11897; Cass. 16 ottobre
2008, n. 25274; Cass. 6 maggio 2010, n. 10964; Cass. 7 luglio
2010, n. 16009; Cass. 17 dicembre 2010, n. 25638).
Al riguardo è stato osservato che la norma (di chiara
derivazione giuslavoristica, data la volontà del legislatore
di ampliare le facoltà del conduttore di ripristinare
l’equilibrio globale del rapporto esaurito) corrisponde alla
ratio

prevalente di consentire al conduttore di ottenere

quanto ha indebitamente corrisposto, senza la remora che il
locatore possa agire in ritorsione, impedendo che alla
scadenza la locazione possa proseguire in tacita sua

11

l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme sotto

rinnovazione pattizia.
Per altro verso, poi, poichè non è sembrato opportuno
stabilire anche per i crediti di restituzione a favore del
conduttore la regola di esclusione della decorrenza della
prescrizione nel corso della locazione, in conformità a quanto

lavoro, il legislatore, ad evitare che tra le parti
sussistesse una situazione di incertezza immotivatamente
perdurante per troppo tempo in pregiudizio del locatore, ha
introdotto la disciplina della situazione intermedia di
fissare il suddetto termine di decadenza dei sei mesi, secondo
una regola nuova di compatibilità tra prescrizione e
decadenza, che non contraddice la previsione della tassatività
delle ipotesi di sospensione della prescrizione.
Infine, è stato evidenziato che, ove si ammettesse che,
trascorsi i sei mesi dall’avvenuto rilascio, si verifica per
il conduttore la decadenza di ogni suo diritto di ripetere gli
indebiti suoi pagamenti, detto limite all’evidenza dovrebbe
essere ritenuto irragionevole, visto che esso sarebbe posto a
carico del solo conduttore e, senza la previsione di analoga
decadenza in danno del locatore in relazione alle sue pretese
di corrispettivi non versatigli, creerebbe una ingiustificata
situazione tra le parti.
Deve, pertanto, escludersi che la norma del citato art. 79,
comma 2, esprima l’oggettiva esigenza di circoscrivere in un
lasso di tempo determinato la potenziale conflittualità dei
contraenti e di realizzare la condizione della certezza delle
situazioni giuridiche delle parti una volta cessato il

12

è previsto per i crediti del lavoratore durante il rapporto di

rapporto di locazione.
L’interpretazione di cui innanzi, del resto, è l’unica
costituzionalmente orientata, atteso che anche il giudice
delle leggi (Corte Cost., ord., 2 gennaio 1990, n. 3) ha
evidenziato la situazione del conduttore di esposizione a

di una minor misura del canone dovuto che giustifica, per le
conseguenti remore all’esercizio del diritto, il trattamento
previsto dalla norma.
In definitiva il primo motivo va rigettato, il secondo va
accolto; ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata
in relazione al motivo accolto e il rinvio alla Corte di
appello di L’Aquila in diversa composizione, che provvederà
anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il
secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia
anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di
appello di L’Aquila in diversa composizione.
Roma 9 dicembre 2013

ritorsioni ricollegabili all’accertamento, da lui postulato,

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