Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28289 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. III, 22/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 22/12/2011), n.28289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28210-2009 proposto da:

G.I. (OMISSIS), M.D.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ATTILIO

FRIGGERI 111, presso lo studio dell’avvocato MORGANTI PAOLO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FURLAN GIAN MARIA

giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

MILANO ASSICURAZIONI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1276/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 08/11/2008; R.G.N. 759/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;

udito l’Avvocato GIAN MARIA FURLAN;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata M.G., quale esercente la potestà sul figlio minore D., conveniva in giudizio Z.M. e la Spa Milano Assicurazioni perchè fossero condannati in solido al risarcimento dei danni subiti dal minore a seguito di un incidente stradale avvenuto il (OMISSIS). In esito al giudizio, in cui intervenivano altresì M.G., in proprio, e sua moglie G. I. lamentando di aver subito dei danni personali a causa del sinistro, il Tribunale di Massa rigettava le domande risarcitorie avanzate.

Avverso tale decisione proponevano appello principale i soccombenti ed appello incidentale la società assicuratrice. In esito al giudizio, la Corte di Appello di Genova confermava la decisione impugnata con sentenza depositata in data 8.11.2008.

Avverso la detta sentenza G.I. e M.D., divenuto maggiorenne, hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi, in proprio e nella qualità di eredi di M.G.. Il collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La prima doglianza, svolta dai ricorrenti, si articola essenzialmente attraverso due profili: il primo per motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fondato sulla premessa che nel caso di specie la Corte non avrebbe valutato adeguatamente alcune risultanze probatorie decisive ed attendibili quali le dichiarazioni degli unici testi oculari Ma.Iv. e G.I. e la relazione peritale dell’ing. Gr.; il secondo per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, fondato sul fatto che il giudice di appello avrebbe posto a base della decisione fatti ai quali aveva “erroneamente attribuito la propria scienza personale, dando ingresso a fatti non vagliati, nè discussi, non sussumibili dal materiale probatorio”.

Inoltre – ed in tale rilievo si sostanzia la terza doglianza, articolata sotto il profilo della violazione dell’art. 115 c.p.c. nonchè della motivazione mancante, insufficiente, incongrua e contraddittoria, la cui trattazione viene anticipata per comodità di esposizione – la sentenza sarebbe meritevole delle censure dedotte. E ciò, in quanto la Corte di merito avrebbe dovuto statuire che era assolutamente prevedibile la presenza o la comparsa di bambini sul posto e persino un loro improvviso attraversamento, circostanze alle quali lo Z. avrebbe dovuto adeguare il suo comportamento, se avesse esaminato o comunque valutato la sussistenza di obiettive circostanze di pericolo quali il traffico intenso, la presenza della scuolabus, il fatto che il suo conducente aveva più volte azionato il clacson. I motivi in questione, che possono essere trattati congiuntamente, proponendo profili di censura connessi tra loro, devono essere dichiarati inammissibili per un duplice ordine di considerazioni. Ed invero, in primo luogo, deve rilevarsi con riguardo ad entrambi i motivi che nessuno dei profili di doglianza, nè quelli riguardanti il dedotto vizio motivazionale nè quelli riguardanti la pretesa violazione di legge, sono stati accompagnati da momenti di sintesi, i primi, o da quesiti di diritto, i secondi. E ciò, ad onta del fatto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, la norma di cui all’art. 366 bis citato non può essere interpretata nel senso che il momento di sintesi o il quesito di diritto possano desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso, poichè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione.

L’inammissibilità deriva inoltre dalla considerazione che i profili di doglianza, nel loro complesso, pur lamentando formalmente una violazione di legge e/o un vizio di motivazione, si risolvono, nella sostanza delle cose, in una (inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. I ricorrenti, infatti, mirano ad ottenere una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure inaccoglibili, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. Ne deriva l’inammissibilità dei due motivi.

Passando infine all’esame della seconda doglianza, articolata sotto il profilo della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. nonchè dell’art. 191 C.d.S., comma 3, art. 140 C.d.S., comma 1 e art. 141 C.d.S., commi 1, 2, 3 e 4, la cui trattazione è stata posticipata, deve premettersi che la stessa si fonda sulla considerazione che la Corte di Appello, dopo aver enunciato circostanze obiettive e concrete di prevedibilità del pericolo, quali la presenza in zona di un cartello di fermata scuola bus, le avrebbe poi colpevolmente trascurate. Ha quindi concluso il motivo di impugnazione con il seguente quesito “se in tema di pedoni, siano essi bambini o persone anziane, ed in genere di situazioni concrete e/o codificate che fanno prevedere la presenza (segnaletica, presenza di scuolabus, reiterati segnali di clacson, orario scolastico, traffico intenso) una corretta lettura dell’art. 2054 c.c. e art. 191 C.d.S., comma 3, impone debba essere previamente valutata e/o comunque considerata la prevedibilità in concreto di tale presenza, quindi anche di comportamenti scorretti o improvvisi e di conseguenza, proprio in relazione a tali circostanze concrete di prevedibile presenza di bambini e/o di attraversamento della strada, debba essere valutato il comportamento del conducente del veicolo in quanto tenuto a prevenirle ed adeguarsi alle stesse alla luce delle anzidette disposizioni di legge”.

Anche quest’ultima censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto, peraltro scritto in modo poco chiaro nella parte iniziale, non è stato formulato correttamente, in maniera compiuta ed autosufficiente, in modo che dalla sua risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione (cfr. Sez. Un. 28054/08) nè tanto meno contiene l’indicazione della questione di diritto controversa e la formulazione del diverso principio di diritto rispetto a quello che è alla base del provvedimento impugnato, di cui si chiede, in relazione al caso concreto, l’applicazione (cfr.

Sez. Un. n. 23732/07). Ed è appena il caso di sottolineare che il quesito non può essere integrato dalla Corte attraverso un’interpretazione della motivazione (Cass. 14986/09).

Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, il ricorso per cassazione in esame deve essere dichiarato inammissibile, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 23 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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