Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28289 del 11/12/2020
Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 15/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28289
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9603/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del. Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato
– ricorrente –
Contro
ROBOVIDEO s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore
rappresentata e difesa giusta delega in atti dall’avv. Carlo Pagani
(PEC carlo.pagani.avvocatimantova.it) e dall’avv. Lorenzo Prosperi
Mangili (PEC lorenzobrosperimangili.ordineavvocatiroma.orq) con
domicilio eletto in Roma presso quest’ultimo difensore in via G. B.
Vico n. 1;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia sez. staccata di Brescia n. 23/68/12 depositata il
14/02/2011 e non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
15/10/2020 dal Consigliere Dott. Succio Roberto.
Fatto
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha respinto l’appello dell’Ufficio e quindi confermato la pronuncia della CTP di Mantova che aveva sancito la illegittimità dell’atto impugnato, avviso di accertamento per IVA 2004;
– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo; resiste con controricorso la società contribuente.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– vanno preliminarmente esaminate e disattese le eccezioni di inammissibilità poste in controricorso;
– quanto al lamentato vizio di autosufficienza, lo stesso non sussiste; l’Agenzia delle Entrate pone infatti le questioni fondanti i motivi di ricorso quali violazioni di legge e le stesse, alla luce anche della sentenza impugnata, risultano adeguatamente percepite da questa Corte che quindi le può esaminare e decidere;
– quanto poi al denunciato ulteriore vizio, lo stesso pure non sussiste poichè l’articolazione della questione richiede un suo esame non meramente iterativo di precedenti decisioni di questa Corte;
– può dunque procedersi all’esame del ricorso;
– con il solo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 41, comma 1, lett. a) e art. 46, comma 2, nonchè del D.L. n. 331 del 1993, art. 50 come convertito in L. n. 427 del 1993 ratione temporis applicabili per avere la CTR bresciana erroneamente ritenuto che il mancato inserimento del codice identificativo del cliente spagnolo, attribuito dall’Amministrazione Finanziaria iberica, nelle fatture emessa dalla contribuente relative a cessioni di beni, non impedisca la qualificazione di tali operazioni come non imponibili in difetto di prova della insussistenza dei requisiti sostanziali delle operazioni contestate;
– il motivo è infondato;
– nel caso di cessioni intracomunitarie, infatti, la mera erronea indicazione del codice identificativo del cessionario, ovvero l’indicazione di un codice cessato al momento dell’operazione, ovvero ancora, omessa indicazione nell’elenco riepilogativo Istat (intrastat) non costituiscono ragioni sufficienti a far venire meno la possibilità di applicazione del regime di non imponibilità di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50, commi 1 e 2, trattandosi di requisiti formali e non sostanziali (v. da ultimo Cass. 16756 del 2016; Cass. 23763 del 2015; Cass. 28831 del 2019);
– in tale evenienza assume rilievo la sostanza e l’effettività della transazione, sicchè il contribuente è tenuto a dimostrare che, pur a fronte della indicazione erronea che non consente l’ordinario funzionamento del sistema di gestione degli scambi intracomunitari sotto il profilo fiscale, le operazioni erano effettive. Nella specie, tuttavia, non è dubbia la sussistenza dei requisiti sostanziali;
– pertanto, il ricorso è rigettato;
– la spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 7.800 oltre al 15% per spese generali, CPA ed iva di legge che pone a carico di parte soccombente.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020