Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28286 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28286 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 22076-2008 proposto da:
ARCESE ELEUTERIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato
FANTOZZI AUGUSTO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati GIULIANI FRANCESCO,
CALLIPARI NATALE con procura speciale notarile del
Not. Dr. LUIGI MARIA D’ARGENIO in RIVA DEL GARDA,
rep. n. 131136 del 25/10/2013;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE SEDE CENTRALE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

Data pubblicazione: 18/12/2013

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende
ope legis;
– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 11/2008 della COMM. TRIBUTARIA

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/11/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
uditi per il ricorrente gli Avvocati ALIBERTI delega
Avvocato GIULIANI, MANNUCCI delega Avvocato CALLIPARI
che hanno chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’ASCIA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

Il GRADO di TRENTO, depositata il 15/02/2008;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Successivamente alla cancellazione dal Registro delle imprese della società Arcese Nord s.r.l.
l’Ufficio IVA di Trento notificava sette ingiunzioni di pagamento ad Ascese Eleuterio, in qualità di
ex liquidatore ed ex legale rappresentante della Arcese Nord s.r.1., relativi ad avvisi di accertamento
per IVA ed avvisi di irrogazione di sanzioni emessi nei confronti della società per gli anni di
imposta 1982, 1983 e 1984, non impugnati.
responsabile per tutte le somme dovute all’Erario nella sua qualità di liquidatore della Arcese Nord
s.r.l. e di amministratore unico e rappresentante legale, all’epoca dei fatti, della Arcese Nord s.r.1.,
essendo al medesimo ascrivibile la responsabilità personale e diretta relativamente alle sole sanzioni
dovute per le violazioni commesse nella predetta qualità.
3. Detto contribuente impugnava le ingiunzioni innanzi alla CT di primo grado di Trento,
deducendo l’assenza di sua diretta e personale responsabilità. Il giudice di primo grado, con due
sentenze rese il 18 giugno 1990, rigettava i ricorsi.
4.L’Arcese proponeva appello innanzi alla CT di secondo grado di Trento e, nella pendenza di tale
giudizio, il concessionario per la riscossione emetteva quattro cartelle di pagamento relative alle
somme dovute dall’Arcese Nord s.r.l. in forza delle ingiunzioni sopra ricordate, nelle quali si
specificava che l’Arcese era ritenuto personalmente responsabile per tutte le somme dovute
all’erario nella sua qualità di liquidatore della società Arcese Nord, chiusa con bilancio in pareggio,
nonchè personalmente responsabile per le sole sanzioni. L’ente concessionario faceva altresì
presente l’esigenza di rinnovare l’azione coattiva nei confronti dell’Arcese Eleuterio in ragione della
di lui titolarità di un cespite immobiliare.
5.In esito a tali notifiche ciò il contribuente proponeva istanza di sospensione all’ufficio IVA,
consegnando polizza fideiussoria.
6. Successivamente, la Commissione tributaria di secondo grado di Trento, con le sentenze
nn.6/1997 e 78/97, rigettava gli appelli. Il contribuente corrispondeva l’importo di £.503.752.000
dovuto per l’anno 1997 relativo alle cartelle ed agli interessi, proponendo ricorso per Cassazione
avverso tali decisioni che questa Corte, con sentenze nn.1949/02 e 10101/2002, accoglieva,
rinviando le cause ad altra sezione della Commissione tributaria di secondo grado di Trento per
nuovo esame.
7. Il giudice del rinvio, con sentenze n.1/2003 e 2/2004, dichiarava l’illegittimità della pretesa
erariale avanzata nei confronti dell’Arcese Eleuterio.
8.Formatosi il giudicato su tali sentenze l’Amministrazione, richiesta del rimborso delle somme
versate nel corso del procedimento, non provvedeva sicché sul silenzio rifiuto formatosi il

2. L’Arcese Eleuterio era indicato nelle ingiunzioni di pagamento come soggetto personalmente

contribuente proponeva ricorso, in proprio, innanzi alla Commissione tributaria di primo grado di
Trento che lo respingeva.
8. L’appello proposto dal contribuente veniva deciso dalla Commissione tributaria di secondo grado
con sentenza n.11/08, pubblicata il 14 gennaio 2008, che confermava la decisione di primo grado.
8.1 Afferma la Commissione di secondo grado che il contribuente aveva errato nel ritenere come
pacifica la ricorrenza di un’ipotesi di adempimento del terzo, sicché non ricorreva alcuna ipotesi di
nell’adempimento del terzo il pagamento in nome e per conto del debitore da un suo rappresentante
o da chi si limiti ad adempiere materialmente l’obbligazione. Il fatto che l’Arcese avesse pagato
attingendo ad un conto personale non consentiva di ricondurre tale adempimento a quello del terzo
disciplinato dall’art.1180 c.c., posto che la quietanza di pagamento, avente sicuro valore
confessorio, indicava senza possibilità di fraintendimento alcuno il soggetto debitore nella società
Arcese Nord, identificandola con il codice fiscale, per come lo stesso contribuente aveva peraltro
ammesso.
8.2 Precisa il giudice del rinvio che dai documenti del giudizio risultava, dunque, come il debito
tributario era stato assolto da Arcese Nord s.r.l. come da quietanza di pagamento mediante
versamenti dalla stessa effettuati. Ragion per cui doveva escludersi qualunque ipotesi di avvenuta
modificazione nel lato passivo dell’obbligazione tributaria. A nulla valeva il pericolo di esecuzione
prospettata dal concessionario, potendo l’Arcese opporsi all’azione esecutiva nelle forme di legge.
8.2 Parimenti infonda tk era l’argomentazione esposta dall’Arcese con riguardo alla prestata
fideiussione nei confronti dell’erario. Evidenziava che sulla richiesta di interessi anatocistici relativi
alle somme che assumeva di avere versato si era formato il giudicato interno, non avendo l’Arcese
riproposto la relativa domanda in appello ai sensi dell’art.56 d.lgs.n.546/1992.
8.4 Rileva, ancora, che era infondata la dedotta violazione dell’art.70 d.lgs.n.546/92. Infatti, era
stato lo stesso contribuente, nel corso del giudizio di primo grado, ad ipotizzare che il giudizio
promosso in seguito al silenzio rifiuto era funzionale all’esecuzione di un giudicato formatosi per
effetto delle sentenze n.01/2004 e 2/2004 resa dalla C.T. di II grado di Trento. Sicché l’unico
strumento processualmente previsto per ottenere la tutela richiesta doveva ritenersi “…il giudizio di
ottemperanza innanzi al giudice che ha adottato la sentenza di condanna non eseguita
dall’amministrazione finanziaria”. Da ciò conseguiva l’irritualità del ricorso introduttivo proposto
senza l’osservanza dell’art.70 comma 1 cit.
9.L’Arcese Eleuterio ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque complesse censure,
mentre l’Agenzia delle Entrate, costituitasi fuori termine, non ha depositato difese sciitte.L’Arcese
ha pure depositato memoria ex art.378 c.p.c.

indebito soggettivo od oggettivo. Secondo la dottrina, infatti, era pacifico che non rientrava

MOTIVI DELLA DECISIONE
10. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che il
giudice di appello aveva frainteso e travisato la censura proposta dal contribuente alla sentenza di
prime cure, tutta incentrata sulla circostanza che l’adempimento effettuato nel corso del giudizio
non poteva qualificarsi come adempimento del terzo, avendo invece rappresentato che i versamenti
dell’esecuzione forzata e che, dunque, ricorreva un’ipotesi di indebito oggettivo, incompatibile con
la qualificazione di adempimento del terzo. La motivazione doveva quindi ritenersi apparente o
comunque insufficiente.
11.Con il secondo motivo il contribuente deduce la nullità della sentenza ex art.360 comma 1 n.4
c.p.c., prospettando le medesime ragioni di fatto indicate nel primo motivo sotto il profilo della
nullità della decisione che aveva omesso di pronunziarsi sulle ragioni dell’appello, totalmente
diverse da quelle esaminate dalla commissione tributaria di II grado.
12. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un
punto decisivo della controversia, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che
erroneamente il giudice di appello aveva evocato, a sostegno della decisione, la quietanza di
pagamento e la sua efficacia confessoria, dalla stessa desumendo che il soggetto adempiente era
stato la società Arcese Nord.
12.1 In realtà, secondo il ricorrente, la commissione tributaria di II grado aveva tralasciato di
considerare che le sette ingiunzioni di pagamento e le quattro cartelle notificate al contribuente
avevano tutte fatto riferimento alla responsabilità personale dell’Arcese Eleuterio per le somme
dovute all’erario, ipotizzando l’azione coattiva nei confronti dello stesso.
12.2 L’obliterazione di tali circostanze, come anche di quella relativa alla connessione della polizza
fideiussoria da parte dell’Arceri avevano viziato la decisione vuoi sotto il profilo della omessa
motivazione, vuoi sotto quello dell’insufficiente motivazione, anche considerando che la prospettata
valenza probatoria della quietanza era insussistente, in quanto proveniente da soggetto
terzo(concessionario) e comunque unicamente correlata a circostanze sfavorevoli per l’autore della
quietanza. Tale censura veniva esposta in due autonomi momenti di sintesi.
13. Con il quarto motivo il ricorrente deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli
artt.2730 e 2735 c.c. nonché dell’art.116 c.p.c., in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta
che erroneamente il giudice di appello aveva fatto espresso riferimento al valore confessorio della
quietanza rilasciata dal concessionario per riferire il pagamento alla società Arcese Nord sii, in
quanto proveniente da un terzo (il concessionario) che non era parte del processo. Senza considerare

erano stati effettuati da chi era stato indicato dall’amministrazione come debitore e minacciato

che il valore probatorio e confessorio della quietanza doveva ritenersi limitato alla somma della
quale si attesta il pagamento, ma non certo con riguardo alla persona che aveva effettuato il
pagamento, valendo solo per il soggetto adempiente.Tale censura veniva formulata in otto autonomi
quesiti di diritto.
14. Con il quinto motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa motivazione circa un punto
decisivo della controversia, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che il giudice di
omesso di considerare, quale fatto decisivo, il contenuto delle sentenze nn.1 e 2 del 2004 rese dalla
Commissione tributaria di secondo grado, dalle quali sarebbe stato agevole rilevare che non era
stata adottata alcuna statuizione di condanna. Ciò che impediva il ricorso allo strumento del
giudizio di ottemperanza.
15. Con il sesto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art.70 d.lgs.n.546192, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Si duole che la Commissione tributaria di secondo grado abbia
ritenuto che alla proposizione del ricorso contro il silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso delle
somme corrisposte nel corso del giudizio dal contribuente ostava l’art.70 d.lgs.n.546/92 che, nel
caso di specie, era inoperante in ragione del contenuto di mero annullamento delle sentenze nn.1 e 2
del 2004 rese dalla Commissione tributaria di secondo grado.
16. Vanno esaminati con priorità per ragioni di ordine logico i motivi cinque e sei del ricorso.
17. Le due censure, che meritano un esame congiunto in ragione della loro stretta connessione,
appaiono fondate.
17.1 Giova premettere che il sistema di esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie
disciplinato dagli artt.68 e ss. d.lgs. n.546/92 prende in considerazione la possibilità che il
contribuente, nel corso del processo, abbia corrisposto talune somme relative alla pretesa fiscale
secondo le scansioni indicate nell’art.68 d.lgs.cit. E’ poi l’art.69 ad aggiungere che “…se la
commissione condanna l’Ufficio del Ministero delle finanze o l’ente locale al pagamento di somme
dovute e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia copia spedita in forma
esecutiva a norma dell’art. 475 del codice di procedura civile, applicando per le spese l’art. 25,
comma 2.”
17.2 Aggiunge poi l’art.70 d.lgs.ult.cit. che “… Salvo quanto previsto dalle norme del codice di
procedura civile per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo,
la parte che vi ha interesse può richiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla
sentenza della commissione tributaria passata in giudicato mediante ricorso da depositare in
doppio originale alla segreteria della commissione tributaria provinciale, qualora la sentenza
passata in giudicato sia stata da essa pronunciata, e in ogni altro caso alla segreteria della

appello, nel ritenere l’improponibilità dell’azione alla stregua dell’art.70 d.lgs.n.546/92, aveva

commissione tributaria regionale. “Aggiunge il secondo comma che “Il ricorso è proponibile solo
dopo la scadenza del termine entro il quale è prescritto dalla legge l’adempimento dall’ufficio
del Ministero delle finanze o dall’ente locale dell’obbligo posto a carico della sentenza o, in
mancanza di tale termine, dopo trenta giorni dalla loro messa in mora a mezzo di ufficiale
giudiziario e fino a quando l’obbligo non sia estinto.”
17.3 Ora, deve escludersi che l’ottemperanza di cui si è detto possa intendersi come meccanismo di
commissione tributaria che non contenga una statuizione di condanna proprio perché oggetto del
giudizio non era il diritto al rimborso del contribuente nè la richiesta di condanna
dell’Arruninistrazione al rimborso, se appunto si accede ad una lettura sistematica dell’art.70 con il
precedente art.69, nel quale è chiaro il riferimento alla “condanna” dell’ufficio.
17.4 In altri termini, ritenere che il contribuente, in caso di accoglimento del ricorso proposto
avverso un atto reso dall’amministrazione fiscale e ritenuto dallo stesso illegittimo, abbia l’obbligo
di attivare il giudizio di ottemperanza anche in caso di mancata statuizione di condanna per le
somme medio tempore versate finirebbe con pregiudicare irrazionalmente le aspettative di quello
stesso contribuente.
17.5 Non può in alcun modo escludersi, infatti, che detto contribuente, ottenuta una sentenza che ha
riconosciuto l’illegittimità parziale o totale dì una pretesa fiscale adempiuta per effetto delle
disposizioni che prevedono il pagamento in corso di causa di parte dei carichi tributari richiesti
art.68 d.lgs.n.546/92- avanzi istanza di rimborso e, all’esito dell’ulteriore
inottemperanza, promuova un’azione innanzi “al giudice tributario per far dichiarare l’illegittimità
del silenzio rifiuto.
17.6 Ed invero, tale contegno non potrebbe che trovare giustificazione nella circostanza che il
giudizio precedente aveva ad oggetto un’azione di annullamento sulla quale il giudice era chiamato
a pronunziarsi limitatamente alla validità o meno dell’atto, a differenza del giudizio susseguente nel
quale il contribuente, come nel caso di specie, ha fatto valere il diritto al rimborso delle somme
corrisposte e sollecita, per l’effetto, la condanna dell’amministrazione al pagamento dei relativi
importi dopo avere sperimentato inutilmente il meccanismo dell’istanza di rimborso.
17.7 In definitiva, sembra doversi ritenere che la disciplina prevista dall’art.70 cit. si rivolge

esclusivamente alle ipotesi in cui la sentenza del giudice tributario abbia accolto, in via defmitiva,
il ricorso inteso ad ottenere il rimborso di un tributo corrisposto mediante versamento o ritenuta
direttg tale ipotesi nettamente differenziandosi da quelle in cui si è in presenza dell’impugnazione
di un atto impositivo, rispetto al quale il contenuto della sentenza è costituito dall’accoglimento
dell’impugnazione- in questa direzione, del resto, sembra orientare la lettura di Corte

esecuzione della sentenza (che ancora l’art.46 d.lgs.n.546/92 chiama “decisione”) resa dalla

cost.n.316/2008- .
17.8 Senza dire che detta soluzione si pone in armonia con le vicende che possono presentarsi
nell’ambito del processo civile, le quante volte la sentenza d’appello non contiene una pronuncia
restitutoria di cui all’art. 336 c.p.c., richiedendosi la proposizione di un autonomo giudizio-cfr.Cass.
n. 9287/2012;Cass. n.15461/2008 17.9 In questa direzione, del resto, milita il principio, che questo Collegio condivide, a cui tenore il
70 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, è consentito unicamente in presenza di una sentenza
esecutiva, che decidendo nel merito una controversia tra contribuente ed erario abbia impartito
specifiche prescrizioni da eseguire. Ne consegue che è inammissibile il ricorso alla suddetta
procedura per ottenere un rimborso d’imposta, ove il giudice tributario non abbia deciso in ordine ad
un’istanza di rimborso, ma si sia limitato ad accertare l’illegittimità di un avviso di rettifica in virtù
del quale sia stata richiesta al contribuente la restituzione del rimborso effettuato in via acceleratacfr.Cass. n. 1947/2008 punto 2 della motivazione;conf., incidentalmente, Cass. n. 25669/2008,
punto 4 della motivazione-.
17.10 D’altra parte, non può sottacersi che la soluzione qui affermata non crea alcun pregiudizio
all’Amministrazione, apparendo la scelta del contribuente di procurarsi un titolo esecutivo
attraverso un autonomo processo fondato sul giudicato addirittura maggiormente protettiva per gli
interessi dell’Amministrazione, passando l’accertamento del credito reclamato attraverso un
procedimento a cognizione piena, governato dal principio del contraddittorio.
17.11 Fatte le superiori premesse in diritto, appaiono palesi ed evidenti le carenze motivazionali e
l’errore in diritto nel quale è incorso il giudice di appello che, totalmente tralasciando di esaminare
la portata delle sentenze rese dalla Commissione tributaria di secondo grado in ordine alla
legittimità delle ingiunzioni di pagamento emesse nei confronti dell’Arcese Eleuterio, ha
presupposto che tali decisioni contenessero una statuizione di condanna al rimborso delle somme
versate dal contribuente nel corso del giudizio, totalmente tralasciando di considerare i limiti che
riguardano l’utilizzazione del giudizio di ottemperanza disciplinato dall’art.70 d.lgs.n.546/92 ed
invece fondando il proprio assunto circa l’irritualità del ricorso sul mero rilievo che il contribuente
aveva fondato la propria domanda sul giudicato formatosi a seguito della mancata impugnazione
delle due decisioni rese nell’anno 2004 dalla commissione tributaria di secondo grado di Trento.
Argomento non decisivo, se è vero che, proprio muovendo dallo stesso presupposto- il giudicato
sfavorevole all’amministrazione- il contribuente aveva fondato le ragioni dell’istanza formulata
all’Amministrazione finanziaria.
17.12 In definitiva, il giudice di appello ha non solo finito con l’attribuire al giudizio di

ricorso alla procedura di ottemperanza alla sentenza emessa dal giudice tributario, prevista dall’art.

ottemperanza un ambito diverso da quello normativamente determinato, ma ha altresì travisato il
senso della prospettazione del contribuente, il quale aveva fondato la domanda di rimborso sul
passaggio in giudicato delle ricordate sentenze che avevano escluso la legittimità delle ingiunzioni
di pagamento notificato personalmente al contribuente determinando, secondo il contribuente
stesso, l’insorgenza di un indebito oggettivo da parte dell’amministrazione.
18. Passando all’esame motivi 1,2,3 e 4, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro avvinti, gli
18.1 Ed invero, il giudice di appello, chiamato a verificare la legittimità della sentenza di prime cure
che aveva escluso il diritto dell’Arcese ad ottenere il rimborso di quanto versato nel corso del
processo ed in forza delle ingiunzioni di pagamento e delle quattro cartelle di pagamento
successivamente al medesimo notificate, ha ritenuto di escludere la correttezza delle censure
proposte dal contribuente alla decisione di primo grado ritenendo che le stesse, fondate sul
presupposto che fosse intervenuto un adempimento del terzo, erano state travolte dall’intervenuto
adempimento riferibile alla società in ragione del valore confessorio della quietanza di pagamento
rilasciata dal concessionario- vv.pagg.3 penultimo rigo 6 ult. periodo sent.impugnata-.
18.2 Così facendo, tuttavia, il giudice di secondo grado ha, per un verso, trasfigurato la censura
esposta dal contribuente nell’atto di appello, univocamente rivolta a sostenere non il carattere di
adempimento del terzo da parte dello stesso, ma soltanto la natura indebita del pagamento
effettuato personalmente dal contribuente per effetto del passaggio in giudicato delle sentenze rese
dalla Commissione tributaria di secondo grado di Trento che avevano, a suo dire, definitivamente
dichiarato illegittime le ingiunzioni di pagamento emesse nei confronti dell’Arcese e non quale della
società Ascese Nord.
18.3 Per altro verso, il giudice del rinvio ha solo in apparenza sostenuto il proprio assunto con
argomentazioni logiche e plausibili se è vero che, a fronte degli argomenti evocati dal contribuenteindicazione nelle ingiunzioni di pagamento e nelle cartelle della personale responsabilità
dell’Arcese quale liquidatore o amministratore della società Arcese Nord; pagamenti effettuati da
conti personali del contribuente; rilascio da parte dello stesso contribuente di polizza fideiussoria
collegata all’istanza di sospensione dell’esecutività delle cartelle- la commissione di secondo grado
ha totalmente tralasciato di esaminarli, per contro fondando il proprio assunto sulla quietanza di
pagamento emessa dal concessionario, nella quale risultava il codice fiscale della società Arcese
Nord s.r.l. e l’indicazione di tale società ed a tale documento attribuendo “valore confessorio” in
danno del contribuente.
18.4 E’ noto, del resto, che alla stregua della giurisprudenza di questa Corte il vizio di omessa o
insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste

stessi sono parimenti fondati.

• qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto alcuno delle inferenze logiche che possono
• essere desunte degli elementi dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con
autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad assumere l’insussistenza della prova, senza
compiere una analitica considerazione delle risultanze processuali-cfr.Cass. n. 3370/2012-.
18.5 Peraltro il giudice di appello ha non solo confezionato una motivazione incongrua ed
apodittica, ma è altresì incorso in un duplice errore di diritto, attribuendo efficacia decisiva e valore
concessionario-, ma anche rispetto a circostanze diverse dall’avvenuto pagamento, per le quali è
unicamente possibile evocare l’efficacia probatoria tipica della confessione quanto alla quietanza,
peraltro in favore del debitore.
18.6 Ora, non v’è dubbio che al giudice è riservato il potere di valutare liberamente il materiale
probatorio posto al suo esame e di scegliere, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involgendo tale attività apprezzamenti di fatto riservati al
giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga
più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non
accolti, anche se allegati dalle parti.
18.7 Ma tale affermazione trova un evidente limite laddove esso si fondi su argomentazioni
illogiche e/o non corrette dal punto di vista giuridico finendo per determinare, in tale evenienza, un
palese errore di diritto.
18.8 Ed infatti, con specifico riferimento al valore probatorio della quietanza, regolata per quel che
qui rileva dall’art. 1199 cod. civ., questa Corte è ferma nel ritenere che tale atto, inquadrabile come
dichiarazione unilaterale di scienza recettizia e ricognitiva(Cass.n.544/86) integrante prova
documentale e confessione stragiudiziale fatta alla parte, ai sensi dell’art. 2735 cod. civ., fa piena
prova ed ha valore vincolante per il giudice circa la corresponsione di una specifica somma di
denaro per un determinato titolo -Cass.n. n. 26325 del 31/10/2008; Cass.n. 3921/2006-.
18.9 In sostanza, l’efficacia probatoria della quietanza si riverbera in modo sfavorevole nei
confronti della parte confitente che dichiara di aver ricevuto il pagamento delle somme quietanzatecfr.Cass. a 3186/2006-.
18.10 A tali principi, consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, si aggiunge l’affermazione
secondo la quale la quietanza vincola il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui
sia fatta valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti
rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza-cfr.Cass. n. 3055/1996;Cass.
n. 4288/2005 e Cass. n. 23318/2012, con riguardo all’efficacia della quietanza rilasciata dal curatore
fallimentare rispetto al fallito-.

confessorio alla detta quietanza resa non soltanto da un soggetto terzo rispetto alle parti in causa-

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• 18.11 Ciò significa che nell’ambito del sindacato riservato al giudice circa il valore e la portata degli
elementi probatori offerti dalle parti, questi non può attribuire valore confessorio alla quietanza resa
dal concessionario per la riscossione dei tributi nell’ambito di un procedimento tra il contribuente e
l’Agenzia delle Entrate al quale è estraneo il primo. Tanto più quando il valore della dichiarazione
viene evocato non ai fini della prova dell’adempimento, ma per determinare il soggetto che ha
operato l’adempimento.
altra prova del processo la quietanza rispetto a circostanze diverse da quella relativa all’avvenuto
adempimento. E tuttavia, l’avere ritenuto, da parte del giudice del rinvio, decisivo tale elemento ai
fini dell’individuazione del soggetto che aveva adempiuto il debito, ancorchè tale quietanza fosse
priva di efficacia confessoria, tralasciando totalmente di considerare gli elementi offerti dal
contribuente – parte dei quali provenienti direttamente dall’amministrazione che aveva emesso le
ingiunzioni ipotizzando l’esclusiva responsabilità personale del contribuente- che avrebbero potuto
giustificare il carattere personale dell’adempimento da parte del contribuente, ha finito con
l’inficiare gravemente la decisione impugnata, rendendola palesemente illogica.
19. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso merita di essere integralmente accolto e la sentenza
va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR per nuovo esame, che pure provvederà alla
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione tributaria di II grado di
Trento, che pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
C94 deciso il 5 dicembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

18.12 In definitiva, deve senz’altro riconoscersi che il giudice può valutare alla stregua di qualsiasi

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