Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28285 del 04/11/2019
Cassazione civile sez. lav., 04/11/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 04/11/2019), n.28285
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18798-2016 proposto da:
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO 1,
presso lo studio dell’avvocato ANGELO MALEDDU, rappresentato e
difeso dagli avvocati MARCO RACANO, STEFANO ROSSI;
– ricorrente –
contro
GI.GROUP S.P.A. già WORKNET S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato ROSARIO SICILIANO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati CINZIA CONTI, MICHELE
MARDEGAN;
ANAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, rappresentata e difesa dall’avvocato
DANIELE MARIANI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 130/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 04/02/2016 R.G.N. 615/2015.
Fatto
RILEVATO
CHE:
1. G.M. convenne in giudizio la Gi
WorkNet s.p.a. e Anas s.p.a. e chiese che si accertasse l’illegittimità
dei contratti di somministrazione a tempo indeterminato intercorsi con
Gi WorkNet s.p.a. con attività prestata in favore di Anas s.p.a.,
l’accertamento dell’esistenza di un contratto di lavoro a tempo
indeterminato con la società utilizzatrice e la condanna di quest’ultima
al pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione del rapporto,
o dall’intervenuta costituzione in mora, fino al ripristino. Chiese
inoltre che, previo accertamento del diritto ad essere inquadrato nella
posizione economica organizzativa B dell’Area operativa e di esercizio
del Contratto Collettivo Nazionale di lavoro applicabile ai dipendenti
Anas 2002-2005, in luogo della B1 attribuitagli, la condanna di Anas
s.p.a. al pagamento delle differenze retributive maturate dal 5 novembre
2007.
2. Il Tribunale di Pescara accolse integralmente
la domanda è dichiarò la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato con la società utilizzatrice ANAS
s.p.a., inquadrandolo nel superiore livello B del c.c.n.l. ANAS quale
assistente tecnico, condannando l’Anas a riammetterlo in servizio ed a
corrispondere le differenze retributive ed un’indennità risarcitoria L. n. 183 del 2010, ex art.
32, comma 5 commisurata a sei mensilità di retribuzione. La Corte di
appello di L’Aquila, invece, in accoglimento del gravame proposto da
Anas s.p.a., riformò la sentenza di primo grado e rigettò le domande
proposte.
3. Il giudice di appello, in esito alla ricostruzione del sistema tracciato per il contratto di somministrazione dal D.Lgs. n. 276 del 2003,
ritenne che la causale apposta al contratto di assunzione del
lavoratore (punte di più intensa attività che non è possibile evadere
con risorse normalmente impiegate) fosse sufficientemente specifica.
Inoltre accertò che le risultanze istruttorie confermavano
l’intensificazione dell’attività nel periodo di riferimento. Escluse poi
che il contratto si fosse posto in contrasto con la disciplina
collettiva (l’art. 4 del protocollo d’intesa integrativo del ccnl che
esclude le mansioni di assistente ai lavori dal lavoro somministrato) in
quanto il D.Lgs. n. 276 del 2003
non demandava alla contrattazione collettiva l’individuazione di
divieti aggiuntivi rispetto a quelli previsti dall’art. 20 comma 5 del
decreto stesso. Inoltre osservò che l’autorizzazione alla stipula del
contratti di somministrazione era antecedente al Protocollo e che il
riferimento dell’art. 21, comma 2 alla contrattazione collettiva non
poteva che essere riferito a ciò che i contratti collettivi potevano
legittimamente disciplinare e, dunque, ai sensi dell’art. 20, comma 4
del decreto citato, solo, ai limiti quantitativi per la somministrazione
a tempo determinato. Osservò che non era richiesto che l’attività fosse
straordinaria o eccezionale, in quanto ai sensi dell’art. 20, comma 4,
era consentito il ricorso alla somministrazione anche per ragioni
tecnico produttive organizzative sostitutive ordinarie dell’utilizzatore
(non transitorie o eccezionali). Ritenne poi legittime le proroghe
fondate sulla causa originaria del contratto di somministrazione.
Rigettò anche la domanda di superiore inquadramento osservando che
l’art. 74 del c.c.n.l. dell’Anas prevedeva per il profilo B richiesto
responsabilità circoscritte ma dirette con preparazione professionale
adeguata all’assolvimento di compiti di media difficoltà di tipo
istruttorio o di supporto sulla base di direttive di carattere generale
con possibilità di coordinamento di risorse umane. Osservò dunque che il
tratto caratterizzante era dato dalle “responsabilità circoscritte ma
dirette” che tuttavia non erano risultate dimostrate nel corso
dell’istruttoria sicchè ritenne corretto l’inquadramento assegnato in
B1.
4. Per la cassazione della senteenza propone
ricorso G.M. che articola due motivi ai quali resiste con
controricorso Anas s.p.a.. Entrambe le parti hanno depositato memorie ai
sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
5. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la
violazione e falsa applicazione dell’art. 20, comma 4, dell’art. 21
comma 1, lett. c) e comma 4 e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27 comma 1 è fondato.
5.1. Come già ritenuto da questa Corte in precedenti decisioni
dalle quali non vi è ragione di discostarsi In tema di somministrazione
di manodopera, le “punte di intensa attività”, non fronteggiabili con il
ricorso al normale organico, risultano sicuramente ascrivibili
nell’ambito di quelle “ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore”, che consentono, ai sensi del D.Lgs. 9 ottobre 2003, n. 276, art. 20,
comma 4, il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo
determinato, e il riferimento alle stesse ben può costituire valido
requisito formale del relativo contratto, ai sensi dell’art. 21, comma
1, lett. c), del medesimo decreto legislativo (cfr. Cass. 21/02/2012 n. 2521 e successivamente 06/10/2014 n. 21001).
5.2. Va tuttavia rammentato che l’opzione ermeneutica del compendio
normativo descritto, adottata in conformità ai dettami ed ai criteri
sanciti dall’art. 12 preleggi, è volta a valorizzare una indicazione
delle ragioni sottese al ricorso alla somministrazione che sia assistita
da un grado di specificazione tale da consentire di verificare se esse
rientrino nella tipologia cui è legata la legittimità del contratto e da
rendere pertanto possibile il riscontro della loro effettività. In tal
senso è stato precisato che l’indicazione non può essere tautologica, nè
può essere generica, dovendo esplicitare, onde consentirne lo scrutinio
in sede giudiziaria, il collegamento tra la previsione astratta e la
situazione concreta (vedi, in tali sensi, Cass. 3 aprile 2013 n. 8021, Cass.15 luglio 2011 n. 16610). E tuttavia l’indicazione non può essere tautologica o generica (cfr. Cass. 08/07/2015 n. 21916)
ma deve essere accompagnata da altri dati di conoscenza che consentano
la individuazione della ragione organizzativa ed il controllo della sua
effettività, nonchè del rapporto di causalità con l’assunzione (cfr. Cass. 04/01/2019 n. 77).
In tanto è possibile una verifica sulla effettiva sussistenza della
causale in quanto questa risulti esplicitata e descritta in maniera
specifica e con riferimento ad elementi fattuali suscettibili di
riscontro. Non è sufficiente un riferimento sic et simpliciter alle
“punte di più intensa attività che non sia possibile evadere con le
risorse normalmente impiegate” poichè tale dizione si risolve in
un’affermazione tautologica che non consente alcuna verifica se non, a
posteriori, mediante l’indicazione di circostanze ulteriori non
immediatamente percepibili dal lavoratore.
5.3. Le disposizioni richiamate, lette in modo sistematico,
impongono infatti che le ragioni dell’utilizzazione di lavoratori siano
esplicitate nella loro fattualità, in modo da rendere chiaramente
percepibile l’esigenza addotta dall’utilizzatore e il rapporto causale
tra la stessa e l’assunzione del singolo lavoratore somministrato.
Ammettere che il contratto di somministrazione possa tacere, puramente e
semplicemente, le ragioni della somministrazione a tempo determinato
riservandosi di enunciarle solo a posteriori in ragione della
convenienza del momento, vanificherebbe in toto l’impianto della legge e
siffatta omissione sarebbe indice inequivocabile di frode alla legge o
di deviazione causale del contratto, entrambe sanzionate con la nullità.
Sarebbe infatti svuotata di contenuto ogni verifica sulla effettività
della causale ove questa potesse essere non indicata o solo
genericamente indicata nel contratto. (cfr. recentemente Cass.08/01/2019 n. 197 e 10/01/2019n. 422).
5.4. Per tali ragioni il motivo deve essere accolto e la sentenza
sul punto cassata e rinviata alla Corte territoriale che procederà
all’ulteriore esame delle domande formulate e delle censure mosse alla
sentenza di primo grado eventualmente restate assorbite
dall’accertamento della legittimità della causale apposta al contratto.
6. Va rigettato il secondo motivo di ricorso con il quale è
denunciata la violazione e falsa applicazione del c.c.n.l. Anas 2002 –
2005 come integrato dal Protocollo d’Intesa 26.7.2007.
6.1. Osserva il Collegio che alla contrattazione collettiva è
demandata la specificazione ed è consentito l’ampliamento delle causali
da porre a fondamento di contratti di lavoro somministrato. Il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20,
comma 3, prevede che la somministrazione a tempo determinato, ammessa a
fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività dell’impresa
(comma 4) oltre che nei casi specificati anche in tutti gli altri casi
previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali
(comma 3 lett. i). La norma prevede che la causale possa essere
tipizzata dal contratto collettivo e tuttavia non autorizza le parti
sociali ad introdurre di divieti ulteriori rispetto a quelli già
previsti dal comma 5 dello stesso art. 20 che non contiene alcun rinvio
alla contrattazione collettiva. Conseguentemente è condivisibile la
decisione della Corte di appello nella parte in cui ha ritenuto che
fosse inapplicabile alla fattispecie il protocollo d’intesa del 26
luglio 2007, richiamato dall’art. 15 del c.c.n.l. che prevedeva un
divieto di stipula di contratti di somministrazione in relazione ad
alcune categorie di personale. Quanto al denunciato mancato rispetto
della clausola di contingentamento va rilevato che la sentenza non
affronta affatto il tema ed il ricorrente non chiarisce se, come, dove e
quando la questione sia stata sollevata nei precedenti gradi di
giudizio di tal che la stessa risulta nuova ed inammissibilmente
sollevata per la prima volta davanti a questa Corte.
7. In conclusione il secondo motivo di ricorso va rigettato mentre
il primo deve essere accolto e la sentenza cassata deve essere rinviata
alla Corte di appello di L’Aquila che, in diversa composizione,
provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo,
Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
appello di L’Aquila che, in diversa composizione, provvederà anche
sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella udienza camerale, il 5 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019