Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28284 del 22/12/2011

Cassazione civile sez. III, 22/12/2011, (ud. 28/10/2011, dep. 22/12/2011), n.28284

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

NAVALE ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), (già La Nationale

Assicurazioni S.p.A.), in persona del Procuratore speciale Dott.ssa

M.D. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PAISIELLO

40, presso lo studio dell’avvocato MORGANTI DAVID, che lo rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.G. (OMISSIS), ONIRAM DI ADELE GIAMBRUNO & C

SNC (OMISSIS) in persona del suo legale rappresentante sig.ra

G.A., considerati domiciliati “ex lege” in ROMA, presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FORINA VINCENZO, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2990/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/07/2008; R.G.N. 11026/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento dei primi

due motivi, con assorbimento degli altri per il ricorso principale;

inammissibilità di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Oniram navigazione snc, in persona del legale rappresentante G.A., utilizzatrice dell’imbarcazione per il noleggio, denominata (OMISSIS), agiva nei confronti della La Nazionale Assicurazioni Spa (poi Navale Assicurazioni Spa), che aveva assicurato l’imbarcazione, per il risarcimento dei danni (pari a circa L. 67 milioni, oltre il danno non patrimoniale) subiti in esito ad una mareggiata, quando la barca era ancorata per lavori di manutenzione al molo est della banchina del Porto (OMISSIS).

Nel corso del processo (udienza del 23 settembre 2003) interveniva in giudizio M.G., proprietario dell’imbarcazione e socio della società attrice, oltre che marito della rappresentante legale, aderendo alle domande svolte dalla società.

Il giudice di primo grado – riconosciuto nel contratto di assicurazione stipulato tra la Oniram e l’Assicurazione un contratto a favore del terzo proprietario, contratto accettato da parte del M., con la denuncia del sinistro all’Assicurazione – rigettava la domanda avanzata dalla società, per difetto di legittimazione attiva, e quella del M., per prescrizione.

2. La Corte di appello di Roma dichiarava il diritto della società Oniram all’indennizzo, ai sensi della polizza assicurativa, per i danni subiti nel sinistro denunciato e rimetteva la quantificazione dello stesso alla procedura arbitrale, prevista dall’art. 13 delle condizioni generali di contratto (sentenza del 10 luglio 2008).

3. Avverso la suddetta sentenza la Navale Assicurazioni Spa (già La Nazionale Assicurazioni Spa) propone ricorso per cassazione con cinque motivi, esplicati da memoria.

Resistono con controricorso La Oniram navigazione snc e G. M., che presentano memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La sentenza impugnata ha ritenuto il diritto all’indennizzo in capo alla società Oniram – sussistendo la legittimazione attiva – sulla base delle essenziali argomentazioni che seguono.

Ai fini dell’art. 1904 cod. civ., in generale, perchè sussista l’interesse dell’assicurato, non è necessario che il contraente sia titolare di un diritto reale sulla cosa assicurata, essendo sufficiente che sussista un rapporto economico in conseguenza del quale il danno alla cosa incide sul patrimonio del contraente.

L’interesse della società Oniram, che ha stipulato il contratto di assicurazione, sussiste: a) sia che si ravvisi un conferimento sociale, da parte del socio M.G.; conferimento costituito dal godimento del moto-panfilo in favore della società, che lo utilizza per l’attività economica svolta attraverso il noleggio e il comodato di imbarcazioni e che fa parte del patrimonio sociale; b) sia che si ritenga il moto-panfilo concesso in comodato dal proprietario alla società, atteso che il comodatario ha, tra l’altro, l’obbligo di restituire il bene nelle medesime condizioni in cui l’ha ricevuto.

Quanto alla operatività della polizza rispetto al sinistro denunciato, questo è ricompreso atteso che (sulla base della piantina topografica del porto, dell’ordinanza della Capitaneria di porto, del portolano) deve ritenersi che l’ormeggio al molo est del Porto (OMISSIS) va considerato in acque protette; si tratta di spazio di mare protetto naturalmente, non escluso dal fenomeno della risacca nei casi eccezionali di mare grosso da nord est sud est, costituendo la risacca fenomeno diverso dalla onde e non estraneo, in generale, ai porti.

2. I primi tre motivi di ricorso censurano la sentenza nella parte in cui riconosce l’interesse della società alla stipulazione della polizza ai sensi dell’art. 1904 cod. civ. 3. Con il primo, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1904 e 1803 cod. civ., sostenendo che la decisione impugnata ha erroneamente riconosciuto l’interesse dell’assicurato nel caso in cui è comodatario, senza che tra le parti vi fosse una specifica pattuizione in tal senso.

La censura è fondata.

3.1. La Corte ha, in più occasioni, affermato il principio secondo cui L’assicurazione contro i danni tutela il danno dell’assicurato subito da un suo determinato bene per un sinistro, indipendentemente dall’addebitabilità del sinistro, con la conseguenza che l’interesse all’assicurazione non può sussistere che in favore del proprietario o di altro titolare di diritto reale, o anche del titolare di rapporto obbligatorio, purchè assistito da garanzia reale, come nel caso del creditore ipotecario, poichè solo questi hanno un interesse alla copertura assicurativa per danno alla cosa, ai sensi dell’art. 1904 cod. civ. (Cass. 10 novembre 2003, n. 168269).

Il suddetto principio coesiste con un altro, secondo cui L’interesse richiesto dall’art. 1904 cod. civ., ai fini della validità del contratto di assicurazione contro i danni, è ravvisabile non solo in relazione al diritto di proprietà o ad altro diritto reale sulla cosa assicurata, ma anche in relazione a qualsiasi ulteriore rapporto economico-giuridico, in base al quale il titolare di esso sia tenuto a sopportare il danno patrimoniale derivante da un evento dannoso collegabile alla cosa assicurata. Il secondo principio non contrasta con il primo, ma lo completa. Laddove il primo collega l’interesse richiesto dall’art. 1904 cit. ai diritti reali, rispetto ai quali è tipico e connaturale il rischio per la perdita-danneggiamento del bene; il secondo richiede che sia individuato il rapporto giuridico in base al quale il titolare deve sopportare il danno patrimoniale derivante dal sinistro collegabile alla cosa. Ed infatti, la giurisprudenza ha affermato il secondo principio in casi determinati, nei quali tale trasferimento del rischio era rinvenibile. Si fa riferimento:

– al possesso conseguente ad acquisto con patto di riservato dominio (Cass. 30 maggio 1981, n. 3541), richiedendo anche che sia verificato l’interesse del venditore, non essendo sufficiente il solo date letterale della clausola assicurativa (Cass. 8 ottobre 2009, n. 21390);

– al rischio del trasporto della merce venduta assunto contrattualmente da venditore, che stipula l’assicurazione (Cass. 19 maggio 2004, n. 9469, in motivazione).

3.1.1. Sempre applicazione del secondo principio costituisce quello, affermato rispetto al contratto di locazione, secondo cui In tema di assicurazione contro i danni alla cosa, ivi incluso il suo perimento, il principio generale secondo cui la legittimazione alla stipula del contratto va riconosciuta, in via esclusiva, al proprietario ovvero al titolare di un diritto reale sul bene (salvo il caso del creditore ipotecario), atteso che l’interesse all’assicurazione non può essere di mero fatto, postulando viceversa l’esistenza di una posizione giuridicamente qualificata – sicchè, in linea di principio, deve escludersi che il locatario possa avere interesse all’assicurazione del rischio del perimento della res intesa come cespite patrimoniale – trova un limite nell’ipotesi in cui il rischio ed il pericolo della cosa assicurata siano pattiziamente posti a carico del locatario, trasferendosi, in tale ipotesi, del tutto legittimamente il rischio della perdita della cosa dal proprietario/locatore all’utilizzatore/conduttore, sicchè l’assicurazione di questo rischio (a quest’ultimo trasferito indipendentemente da ogni sua responsabilità) ne comporta l’insorgere di un interesse giuridicamente qualificato all’assicurazione per la perdita del bene, inteso come cespite e non come fonte di reddito. (Cass. 6 novembre 2002, n. 15552; Cass. 3 ottobre 2007, n. 20751).

3.2. La sentenza impugnata non ha applicato correttamente il secondo principio.

Dopo averlo richiamato – peraltro valutando sufficiente ai fini di ravvisare l’interesse dell’assicurato l’esistenza di un qualsiasi rapporto economico e non anche giuridico – ritiene lo stesso rinvenibile in capo al comodatario sulla base dell’obbligo, sullo stesso gravante, di restituire il bene ricevuto (art. 1803 cod. civ.), di custodirlo e conservarlo con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1804 cod. civ.), nonchè dell’aggravamento della responsabilità (artt. 1805, 1806 cod. civ.), stabilito in ragione della gratuità del comodato.

Sia pure non esplicitamente – stante anche la non distinzione tra rapporto economico (che collega all’attività che la società comodata ria svolge) e rapporto giuridico – la Corte di merito, con le argomentazioni richiamate, sembra ricavare dalla disciplina codicistica del comodato la conseguenza che il rischio della perdita e deterioramento della res, intesa come cespite patrimoniale, gravi sul comodatario, con conseguente interesse dell’assicurato ai sensi dell’art. 1904 cod. civ..

3.2.1. Tale conclusione è errata sulla base delle considerazioni che seguono.

La restituzione della cosa consegnata in comodato, quale unica obbligazione che sorge dal contratto, corrisponde alla funzione tipica del contratto, quale prestito d’uso, ed è protetta dalla legge; a tale obbligo si collega quello di custodia e conservazione con la diligenza del buon padre di famiglia; obblighi il cui inadempimento legittima il comodante a richiedere l’immediata restituzione. Da tali previsioni certamente non può ricavarsi il trasferimento del rischio suddetto, se non a costo di confondere il piano degli obblighi contrattuali, e delle conseguenze della mancata osservanza degli stessi, con quello della responsabilità per fatti non imputabili.

Sul piano proprio della responsabilità per fatti non imputabili rilevano gli artt. 1805 e 1806 cod. civ., dettati per il perimento e il deterioramento della cosa (Cass. 6 novembre 2001, n. 13691).

Questi che, in ragione della normale gratuità del comodato, disciplinano la materia con sensibili differenze rispetto alla locazione (artt. 1588 e 1589 cod. civ.), presuppongono proprio (come nella locazione), che il rischio del perimento/deterioramento della cosa, intesa come cespite patrimoniale, per fatti non imputabili, non grava normalmente sul comodatario (o sul conduttore). Rispetto al comodato, tale rischio grava sul comodatario solo alle condizioni e nei limiti di cui alle suddette previsioni legislative. Certamente, quindi, non può ricavarsi dalla disciplina del comodato, come sembra fare il giudice del merito, la conclusione che normalmente il rischio sui beni dati in comodato gravi sul comodatario.

3.2.2. Rispetto al contratto di assicurazione contro i danni, rileva il principio indennitario, che domina il contratto, e per effetto del quale dalla funzione del trasferimento del rischio cui sono esposti i beni dell’assicurato deriva il diritto al risarcimento del danno subito dall’assicurato verso l’assicuratore e, affinchè ci sia l’interesse all’assicurazione, può validamente assicurarsi solo chi è esposto al rischio, cioè chi dal sinistro può subire un danno e ha, quindi, interesse al suo risarcimento.

3.2.3. Traendo le conclusioni, atteso che il rischio cui sono esposti i beni dati in comodato non grava normalmente sul comodatario e che, sostanziandosi la funzione del contratto di assicurazione nel trasferimento del rischio dall’assicurato all’impresa di assicurazione, può validamente assicurarsi solo chi è esposto al rischio) qualora oggetto dell’assicurazione sia un bene dato in comodato, l’interesse richiesto in capo all’assicurato dall’art. 1904 cod. civ., affinchè sia valido il contratto di assicurazione, può sussistere solo se il rischio della perdita della cosa sia stato pattiziamente posto a carico del comodatario.

4. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1904 e 2254 cod. civ., oltre a vizi motivazionali, sostenendocene, erroneamente, la decisione impugnata ha riconosciuto l’interesse della società in nome collettivo assicurata, cui il bene era stato conferito in godimento da un socio, nonostante che l’art. 2254 cit. preveda che il rischio delle cose conferite resti a carico del socio.

La censura è fondata.

La sentenza impugnata contrasta, all’evidenza, con l’art. 2254 cod. civ., applicabile alle società in nome collettivo per effetto del rinvio contenuto nell’art. 2293 c.c..

Infatti, espressamente, l’art. 2254 cit. prevede che il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha conferite. Conseguentemente, solo il socio conferente ha interesse alla copertura assicurativa per danni alla cosa e contrasta con gli artt. 1904 e 2254 cod. civ. la sentenza che, come nella specie, ritenga valido il contratto di assicurazione stipulato dalla società in nome collettivo cui il bene sia stato conferito in godimento da un socio.

5. Con il terzo motivo, in riferimento ad una clausola contrattuale, si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 cod. civ. e omessa motivazione, sempre ai fini di escludere la titolarità della richiesta di indennizzo in capo alla Onirim.

L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, determina l’assorbimento di quello in argomento. Comunque, la censura non trova corrispondenza nel decisum, nè è dedotta correttamente come omessa pronuncia, oltre a concludersi con un quesito generico.

6. Con il quarto e il quinto motivo si censura la parte della sentenza che riconosce l’operatività della polizza rispetto al sinistro denunciato.

Con il quarto si critica la decisione per aver ritenuto che l’imbarcazione era ormeggiata in acque protette, deducendosi la violazione dell’art. 521 cod. nav., dell’art. 1900 cod. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ., e omessa motivazione per aver omesso di prendere in considerazione alcuni motivi di inoperatività della garanzia assicurativa, eccepita dalla assicurazione e decisiva per non ammettere il sinistro all’indennizzo.

Con Il quinto si deduce omessa o insufficiente motivazione in ordine a due clausole contrattuali.

Entrambi i motivi sono assorbiti dall’accoglimento dei primi due, relativi al preliminare profilo della mancanza dell’interesse della società assicurata, ai sensi dell’art. 1904 cod. civ..

7. In conclusione, il primo e il secondo motivo del ricorso sono accolti e la causa va rinviata alla Corte di merito, che deciderà la controversia, applicando i suddetti principi di diritto (3.2.3. e 4.) e liquiderà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011

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