Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28283 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 11/12/2020), n.28283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16672-2017 proposto da:

P.L., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato CLAUDIO DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1652/2016 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 20/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

P.L. articola due motivi per la cassazione della sentenza della CTR Liguria n. 1652/2016 che, confermando la sentenza della CTP di La Spezia n. 30/2016, ha affermato che a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, la cartella esattoriale può essere notificata a mezzo posta, con il semplice invio della raccomandata da parte dell’agente della riscossione senza necessità di relata di notifica e che la L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, che prevede la necessità della motivazione degli atti amministrativi, non riguarda gli atti della riscossione.

L’Ufficio si è costituito al solo fine di partecipare all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 14 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in combinato disposto con l’art. 137 c.p.c. e ss. e degli artt. 24,25 e 97 Cost., avendo la CTR ritenuto rituale la notifica a mezzo posta senza relata ad opera di soggetti qualificati. A parere del ricorrente, nel procedimento, notificatorio, anche nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, sarebbe sempre necessario l’intervento di un soggetto qualificato, che predisponga la relata della notifica.

Con il secondo motivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7. avendo la CTR ritenuto non applicabili agli atti dell’Agente della riscossione l’obbligo della motivazione.

Il primo motivo non è fondato.

Questa Corte ha già chiarito che a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, la notificazione può essere eseguita “anche mediante invio” diretto dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si perfeziona con la ricezione da parte del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica (Cass. 14327/09). L’accertamento circa la coincidenza tra la persona cui la cartella è destinata e quella cui è consegnata è, difatti, di competenza esclusiva dell’ufficiale postale, che vi provvede con un atto (l’avviso di ricevimento della raccomandata) assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., avendo natura di atto pubblico (Cass. 11708/11). E, non a caso, il citato art. 26, penultimo comma, dispone che il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione. In tale ultima ipotesi, pertanto, è l’avviso di ricevimento a garantire l’esatta individuazione del destinatario dell’atto, tenendo luogo della notifica di cui alla prima parte del cit. art. 26, ed a fare fede della sua spedizione da parte del soggetto legittimato, che in tal caso è direttamente il concessionario, agente della riscossione (Cass. 11708/11; per una esaustiva disamina della notifica a mezzo posta cfr n. 16824/2020).

In particolare, è stato precisato che ” Il fatto che, nel caso concreto, a consegnare la cartella all’ufficiale postale sia stato direttamente l’agente della riscossione, e non l’ufficiale della riscossione da questi nominato (o altro soggetto abilitato dal succitato art. 26, comma 1, prima parte), non rileva, dunque, in alcun modo ai fini della validità della notifica della cartella, posto che tale modalità di notifica a mezzo posta – alternativa a quella di cui alla prima parte dell’art. 26, comma 1, cit., questa sì di competenza esclusivamente dei soli soggetti ivi indicati – resta del tutto affidata al concessionario stesso, che può darvi corso nelle modalità ritenute più opportune, nonchè all’ufficiale postale. E’, per vero, quest’ultimo a garantire – come dianzi detto -, dandone atto nell’avviso di ricevimento, che la notifica sia stata effettuata su istanza del soggetto legittimato, a prescindere da colui che gli abbia materialmente consegnato il plico, e che vi sia effettiva coincidenza tra il soggetto cui la cartella è destinata e quello cui essa è, in concreto, consegnata.”.

Il motivo in esame deve, di conseguenza, essere rigettato.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato perchè formulato in termini generici e, pertanto, inammissibili.

Le Sezioni Unite di questa Carte hanno già definito il principio che governa l’atteggiarsi della motivazione della cartella esattoriale, distinguendo la fattispecie della cartella che sia il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria da quella in cui la cartella faccia seguito all’atto impositivo autonomamente portato a conoscenza del contribuente, precisando che “La cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione. Tale motivazione può essere assolta “per relationem” ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinchè il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato alla cartella – secondo una interpretazione non puramente formalistica della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (c.d. Statuto del contribuente) – sempre che in essa siano indicati nella cartella i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione.” (Cass. n. 11722 del 14/05/2010).

Non può dirsi rappresentativa di tale principio l’affermazione troppo stringata della CTR; tuttavia questa Corte ha già avuto modo di affermare che ove si censuri la sentenza della Commissione tributaria sotto il profilo del giudizio espresso in ordine alla motivazione di una cartella di pagamento – la quale è atto amministrativo e non processuale – il ricorrente, a pena di inammissibilità, deve trascrivere testualmente il contenuto dell’atto impugnato che assume erroneamente interpretato o pretermesso dal giudice di merito al fine di consentire alla Corte di cassazione la verifica della doglianza esclusivamente mediante l’esame del ricorso, cosa che è stata omessa nel caso in esame. Il motivo di ricorso è preliminarmente inammissibile per difetto di autosufficienza perchè, in mancanza di trascrizione dell’impugnata cartella nel corpo del ricorso (che non è stata neppure prodotta in questa sede), non è concessa a questa Corte la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell’atto rispetto a quanto asserito dal contribuente; ciò comporta il radicale impedimento di ogni attività nomo filattica, la quale presuppone appunto la certa conoscenza del tenore della cartella in discorso (Cass., sez. 5, 29/7/2015 n. 16010, Rv. 636268 – 01; v. anche Cass., sez. 3, 09/04/2013, n. 8569, Rv. 625839 – 01, sull’adempimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e Cass., sez. 5, 15/07/2015, n. 14784, Rv. 636120 01).

Ne consegue che il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente, per il principio della soccombenza, condannato al pagamento delle spese che si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro400,00 oltre spese in misura forfettaria ed accessori di legge se dovuti.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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