Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2828 del 07/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 2828 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

Data pubblicazione: 07/02/2014

SENTENZA

sul ricorso 11536-2008 proposto da:
GRILLO

GRLPLA30D42F737Q,

PAOLA

considerato

domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dagli avvocati MUSCOLO CARLO MARIA, VILLA ROBERTA
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2347

MA.RI.OR. S.A.S. DI MAURO E MARCELLO CAVIGLIA IN
LIQUIDAZIONE,

t

in

persona

del

liquidatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA

DI

0.

(9,1e7
1

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato ORLANDO
GUIDO, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NASUTI GIANFRANCO giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 107/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

09/12/2013

dal

Consigliere

Dott.

ANNAMARIA AMBROSIO;
udito l’Avvocato CARLO MARIA MUSCOLO;
udito l’Avvocato GUIDO FIORENTINO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso;

Il

di GENOVA, depositata il 24/12/2007, R.G.N. 14/05;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

•• ■■•

L’iter processuale può essere riassunto sulla base della
decisione impugnata nei termini che seguono.
Con ricorso depositato in data 03.10.1995 la MA.RI.OR.
s.a.s. di Mauro e Marcello Caviglia – premesso di avere

immobile ubicato in Varazze, via Monte Beigua, 7, di proprietà
di Paola Grillo, esercitandovi l’attività di ristorazione e
bar (“Piccolo Ranch”) – chiedeva la risoluzione del contratto,
nonché il risarcimento dei danni in misura non inferiore a £
1.000.000.000, deducendo l’inadempimento della locatrice alle
obbligazioni assunte, per non avere mantenuto l’immobile
locato in condizioni idonee a consentire la destinazione
concordata, sì da costringerla alla chiusura dell’attività.
La Grillo, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto
delle avverse domande e, in via riconvenzionale, la
risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice,
nonchè la condanna della medesima al risarcimento del danno.
Con sentenza n. 1272 del 26.11.2004 l’adito Tribunale di
Savona – rilevato che il contratto di locazione si era sciolto
nelle more del giudizio, per essere stato l’immobile
restituito in data 31.10.1995 e ravvisato l’inadempimento
della locatrice per non avere mantenuto efficiente, come
espressamente previsto dall’art. 8 del contratto, la condotta
della sorgente naturale di acqua ad uso esclusivo
dell’esercizio, nonché il relativo sistema fognario
condannava Paola Grillo a pagare in favore della MA.RI.OR.
s.a.s. la somma di

50.000,00 oltre interessi legali dalla

3

condotto in locazione giusta contratto del 20.12.1984 un

domanda, a titolo risarcimento danni, nonché al pagamento di
due terzi delle spese processuali, compensato il residuo.
La decisione, gravata da impugnazione principale di Paola
Grillo e incidentale da parte della MA.RI.OR. s.a.s., era
parzialmente riformata dalla Corte di appello di Genova, la

in data 24.12.2007 così provvedeva: rigettava l’appello
principale e, accogliendo l’appello incidentale, condannava
Paola Grillo a pagare in favore della MA.RI.OR. s.a.s. in
liquidazione la somma di C 158.120,38, oltre rivalutazione e
interessi dalla data del 01.06.2006 a quella della sentenza;
condannava la Grillo al pagamento dei tre quarti delle spese
dei due gradi, compensato il residuo quarto.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
Paola Grillo, svolgendo sette motivi.
Ha

resistito

la

MA.RI.OR.

s.a.s.

in

liquidazione,

depositando controricorso e deducendo, sotto vario profilo,
l’inammissibilità del ricorso.
Sono state depositate memorie da entrambe le parti.
In prossimità dell’udienza collegiale Marcello Caviglia, in
proprio, ha depositato atto definito “comparsa di costituzione
e risposta e di intervento ex art. 105 cod. proc. civ.”,
dichiarando di aver firmato il ricorso introduttivo del
giudizio e, comunque, di “intervenire” in questa sede di
legittimità

«per far valere i di lui diritti nei confronti

della signora Grillo».
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità della

4

quale – in esito all’espletamento di una c.t.u. – con sentenza

”comparsa di costituzione e risposta e di intervento ex art.
105 cod. proc. civ.”

depositata da Marcello Caviglia in

prossimità dell’udienza collegiale, trattandosi di atto che
esula dalla previsione normativa di cui all’art. 83 co. 3 cod.
proc. civ. (nel testo qui applicabile antecedente alla legge

dal legislatore per il giudizio di cassazione (cfr. Cass. sez.
un., 12 marzo 2003, n. 3602).
Il difetto di procura speciale ha precluso al predetto
Marcello Caviglia, in proprio, anche la partecipazione alla
discussione orale.
2. In ordine all’an della pretesa risarcitoria la Corte di
appello ha motivatamente condiviso le valutazioni espresse dal
primo Giudice in merito al comportamento delle parti; in
particolare ha osservato, da un lato, che la società
conduttrice non era in mora nel pagamento dei canoni e che la
pretesa di aumento del corrispettivo non era confortata dalla
dimostrazione delle spese sostenute e, dall’altro lato, che la
locatrice non aveva adempiuto l’obbligazione di mantenere
l’immobile all’uso cui era destinato, specialmente in
considerazione dell’irregolarità e inefficienza dell’impianto
fognario, nonché dell’inquinamento della sua fornitura idrica,
a causa della quale la competente autorità amministrativa
aveva disposto la chiusura dell’esercizio commerciale; ha,
quindi, evidenziato la gravità dell’inadempimento della
Grillo, anche in considerazione dell’impegno dalla stessa
espressamente assunto, a norma dell’art. 8 del contratto, di
mantenere in buone condizioni di efficienza la conduttura

5

n. 69 del 2009) ed è estraneo al sistema processuale disegnato

della

sorgente naturale

di

acqua

ad uso esclusivo

dell’edificio, affinchè la relativa erogazione fosse
costantemente garantita.
In ordine al quantum, la Corte territoriale – pur rigettata
l’eccezione pregiudiziale della Grillo di nullità della

equità – ha rideterminato i danni subiti dalla MA.RI.OR. e
accolto l’appello incidentale di quest’ultima, nei limiti
emergenti dalla c.t.u. svolta in grado di appello, dichiarando
di condividerne la metodologia (c.d. regole del pollice con
riferimento ai multipli delle vendite): ciò in quanto si
trattava di un sistema empirico particolarmente indicato nella
valutazione di piccole imprese, specie quando le stesse
apparentemente denuncino utili negativi o comunque
estremamente modesti che mal rappresentano l’effettiva realtà
aziendale.
3. Il ricorso – avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009) – è soggetto, in forza del
combinato disposto di cui al d.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40,
art. 27, comma 2 e della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58,
alla disciplina di cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg.
come risultanti per effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006.
Si applica, in particolare, l’art. 366 bis cod. proc. civ.,
stante l’univoca volontà del legislatore di assicurarne ultraattività della norma

(ex multis,

cfr. Cass. 27 gennaio 2012,

n. 1194), a tenore della quale, nei casi previsti dai nn. l,
2, 3 e 4 dell’art. 360 cod. proc. civ. l’illustrazione di

6

sentenza di primo grado, perchè (in tesi) pronunciata secondo

ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi
con la formulazione di un quesito di diritto; mentre la
censura prevista dal n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. deve
concludersi o almeno contenere un momento di sintesi (omologo
del quesito di diritto), da cui risulti

«la chiara

soprattutto, la “decisività” del vizio.
E’ il caso di precisare sin da ora che, secondo i canoni
elaborati da questa Corte per la rilevanza dei quesiti, il
quesito di diritto deve essere specifico e riferibile alla
fattispecie (cfr. Cass., Sez. Un., 5 gennaio 2007, n. 36),
nonché risolutivo del punto della controversia, tale non
essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta
affermazione di principio da parte del giudice di legittimità
(cfr. Cass., 3 agosto 2007, n. 17108); inoltre, con esso non
può introdursi un tema nuovo ed estraneo ( cfr. Cass., 17
luglio 2007, n. 15949). In sostanza il quesito di diritto deve
comprendere (tanto che la carenza di uno solo di tali elementi
comporta l’inammissibilità del ricorso: Cass. 30 settembre
2008, n. 24339) sia la riassuntiva esposizione degli elementi
di fatto sottoposti al giudice di merito; sia la sintetica
indicazione della regola di diritto applicata dal quel
giudice; sia ancora la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di
specie. Mentre «la chiara indicazione» (c.d. quesito di fatto)
richiesta dalla seconda parte dell’art. 366

bis

cod. proc.

civ. in relazione al vizio motivazionale deve consistere in
una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e

7

indicazione» non solo del fatto controverso, ma anche, se non

riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (Sez. Unite, 01 ottobre 2007, n.20603). Tale
requisito non può, dunque, ritenersi rispettato quando solo la

un’interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione
della parte ricorrente – consenta di comprendere il contenuto
ed il significato delle censure (Cass., ord. 18 luglio 2007,
n. 16002).
Inoltre la formulazione del quesito di diritto di cui
all’art. 366

bis

cod. proc. civ. deve avvenire in modo

rigoroso e preciso, evitando quesiti multipli o cumulativi. Da
ciò consegue che i motivi di ricorso fondati sulla violazione
di leggi e quelli fondati su vizi di motivazione debbono
essere sorretti da quesiti separati. Invero le Sezioni Unite pur ritenendo ammissibile, in via di principio, il ricorso per
cassazione nel quale si denunzino, con un unico articolato
motivo d’impugnazione, vizi di violazione di legge e di
motivazione in fatto – hanno precisato che a tali effetti
occorre che il motivo si concluda con una pluralità di
quesiti, ciascuno dei quali contenga un rinvio all’altro, al
fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato,
oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di
qualificazione giuridica del fatto (Cass. civ., Sez. Unite, 31
marzo 2009, n. 7770).
3.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in
relazione all’art. 360 nn.3 e 5 cod. proc. civ., violazione o

8

completa lettura dell’illustrazione del motivo – all’esito di

falsa applicazione degli artt. 114, 432 e 447 bis cod. proc.
civ., nonché omissione e carenza di motivazione per non avere
la Corte di appello motivato correttamente e adeguatamente
sull’eccezione pregiudiziale di nullità della sentenza per
inapplicabilità al rito locatizio dell’art. 432 cod. proc.

sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. di dire che: A)

«nei

procedimenti ex art. 447 bis c.p.c. non è ammissibile la
decisione equitativa ex art. 114 c.p.c., né la valutazione
equitativa ex art. 432 c.p.c., norme non richiamate dall’art.
447 bis c.p.c. e come tale debba ritenersi nulla la sentenza
di primo grado ed errata in diritto la sentenza di gravame
impugnata»; B) «la Corte di appello di Genova, con la sentenza
n. 107/07, ha omesso la motivazione in merito al rigetto della
domanda di nullità della sentenza di primo grado svolta
dall’appellante signora Paola Grillo per violazione degli
artt. 432 e 447 bis c.p.c. e, come tale, la sentenza impugnata
debba essere riformata»;

C)

«la motivazione della sentenza di

secondo grado n. 107/07 in merito alla ritenuta
inammissibilità della liquidazione equitativa nei procedimenti
in materia di locazione è insufficiente e inidonea a
giustificare una pronuncia sul merito in luogo della richiesta
pronuncia di nullità della sentenza di primo grado».
3.1.1. Il motivo è inammissibile.
Prima di ogni altra considerazione si rileva la carenza di
interesse rispetto al motivo di impugnazione, atteso che, dal
suo eventuale accoglimento, non potrebbe, comunque, derivare
la cassazione della decisione impugnata; e ciò perché

9

civ.. A conclusione del motivo si chiede a questa Corte ai

esclusa un’ipotesi di rimessione della causa in prime cure,
neppure ipotizzata da parte ricorrente è assorbente la
considerazione che il criterio di liquidazione del danno, su
cui sostanzialmente si appunta il motivo, è quello adottato
dal giudice di prime cure, avendo il giudice di appello

scorta della c.t.u. effettuata in secondo grado.
3.1.2.

Pur essendo tranciante la considerazione che

precede, si rileva, altresì, la violazione dei canoni sopra
riportati sub 3 con riguardo all’art. 366 bis cod. proc. civ..
Invero la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei
numeri 3) e 5) dell’art. 360 cod. proc. civ. avrebbe dovuto
essere accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio,
del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di
sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui
all’art. 366 bis cod. proc. civ. (cfr. Cass. 20 maggio 2013,
n. 12248, oltre la già cit. SS.UU. n. 7770 del 2009); laddove,
a corredo del motivo, risultano posti tre “quesiti”, nessuno
dei quali risponde ai canoni sopra richiamati, atteso che:
il quesito

sub

lett. A) – muovendo dal(l’implicito)

presupposto che siano stati ritenuti applicabili gli artt. 114
e 432 cod. proc. civ. – si risolve in un interrogativo
astratto che prescinde totalmente dalla decisione impugnata,
nella quale risulta puntualmente chiarito che il giudice di
primo grado non ha affatto applicato l’art. 114 cod. proc.
civ. e che – al di là dell’erroneo riferimento normativo
all’art. 432 cod. proc. civ. – la liquidazione equitativa del
danno dallo stesso operata costituiva corretta esplicazione

10

proceduto alla rideterminazione degli stessi danni sulla

del potere di valutazione equitativa del danno

ex art. 1226

cod. civ.: questa, infatti, è cosa diversa dalla decisione
secondo equità prevista dall’art.114 cod. proc. civ., la quale
importa, per l’appunto, la decisione della lite prescindendo
dallo stretto diritto e postula la richiesta congiunta delle

i quesiti

sub

lett. B) e C), apparentemente svolti con

riguardo alla congiunta censura motivazionale, si rivelano
all’evidenza inidonei ad assolvere le funzioni di “momento di
sintesi” come richiesto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. in
relazione al vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc.
civ.; del resto l’inadeguatezza dei suddetti quesiti è
sintomatica dell’erronea individuazione della tipologia di
vizio, perché secondo un canone indiscusso, non sono passibili
di annullamento

ex

art. 360 n. 5 cod. proc. civ. le

affermazioni in diritto, suscettibili soltanto di integrazione
(se conformi alla legge),
3.1.3. Per mera completezza si osserva che il motivo è
anche manifestamente infondato.
Invero l’art. 432 cod. proc. civ.
richiamato dall’art. 447

bis

sebbene non sia

cod. proc. civ. – si colloca

nella stessa area concettuale dell’art. 1226 cod. civ.; e
questa è norma applicabile in materia di responsabilità
contrattuale ed extracontrattuale (sicchè è fuori luogo il
dubbio prospettato in ricorso circa la sua inapplicabilità
nella controversia locatizia), costituente espressione del più
generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ., che dà

luogo, non già ad un giudizio di equità

11

(ex art. 114 cod.

parti;

proc. civ.), ma ad un giudizio di diritto, caratterizzato
dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in
relazione all’art. 360 nn.3, 4 e 5 cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909
«omissione di motivazione»

della sentenza di

secondo grado sull’eccezione di giudicato, nullità ed
erroneità della sentenza di secondo grado per violazione del
giudicato sulle domande svolte da MA.RI.OR. in relazione alla
responsabilità della locatrice, diritto di MA.RI.OR. al
risarcimento del danno emergente relativo alle somme “sborsate
per interventi sostitutivi a fronte del vizi costruttivi”,
diritto di MA.RI.OR. al risarcimento del danno da lucro
cessante per

“ritardi, le negligente ed i vizi costruttivi,

nonché la nuova tipologia costruttiva ed ambientale
dell’immobile”.

A conclusione del motivo si chiede a questa

Corte ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. di dire che:
D)

«le domande svolte da MA.RI.OR. in relazione alla

responsabilità della locatrice, diritto di MA.RI.OR. al
risarcimento del danno emergente relativo alle somme “sborsate
per interventi sostitutivi a fronte dei vizi costruttivi”,
diritto di MA.RI.OR. al risarcimento del danno da lucro
cessante per

“ritardi, le negligente ed i vizi costruttivi,

nonché la nuova tipologia costruttiva ed ambientale
dell’immobile”,

sono coperte dal giudicato in forza della

sentenza n. 466/01 resa dal Tribunale di Savona nella causa
iscritta al numero di R.G. 3124/88»;

E)

«sussiste violazione

degli articoli 324 c.p.c. e 2909 c.c. avendo il giudice di

12

cod. civ.,

primo grado pronunciato in merito alle domande svolte da
MA.RI.OR. in relazione a responsabilità della locatrice,
diritto di MA.RI.OR. al risarcimento del danno emergente
“sborsate per interventi sostitutivi a

fronte dei vizi costruttivi”,

diritto di MA.RI.OR. al

risarcimento del danno da lucro cessante per

“ritardi, le

negligente ed i vizi costruttivi, nonché la nuova tipologia
costruttiva ed ambientale dell’immobile”, nonostante le stesse
domande fossero coperte dal giudicato e comunque in forza
della sentenza n. 466/01 resa dal Tribunale di Savona nella
causa iscritta al numero di R.G. 3124/88, senza distinguere e
addurre motivazione tra domande coperte dal giudicato ed
eventuali domande nuove»;

F)

«è affetta da vizio di

motivazione la sentenza n. 107/07 resa dalla Corte di appello
di Genova in merito all’eccezione di giudicato proposta»;

G)

«sussiste violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. poiché
la Corte di appello di Genova, con sentenza 107/07 si è
pronunciata in merito alle domande svolte da MA.RI.OR. in
relazione a responsabilità della locatrice, diritto di
MA.RI.OR. al risarcimento del danno emergente relativo alle
somme “sborsate per interventi sostitutivi a fronte dei vizi
costruttivi”,

diritto di MA.RI.OR. al risarcimento del danno

da lucro cessante per

“ritardi, le negligente ed i vizi

costruttivi, nonché la nuova tipologia costruttiva ed
ambientale dell’immobile”,

nonostante le stesse domande

fossero coperte dal giudicato in forza della sentenza n.
466/01 resa dal Tribunale di Savona nella causa iscritta al
numero di R.G. 3124/88, e ciò senza distinguere e addurre

13

relativo alle somme

motivazione tra domande coperte dal giudicato ed eventuali
domande nuove».
3.2.1. Il motivo è inammissibile.
Prima di ogni altra considerazione occorre evidenziare la
violazione dell’art. 366 n.6 cod. proc. civ., dal momento che

Unite di questa Corte (cfr. sentenze 2 dicembre 2008, n. 28547
e 25 marzo 2010, n. 7161), ponendo come requisito di
ammissibilità

«la specifica indicazione degli atti

processuali, dei documenti e dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda»,

richiede la

specificazione dell’avvenuta produzione in sede di
legittimità, accompagnata dalla doverosa puntualizzazione del
luogo all’interno di tali fascicoli, in cui gli atti o
documenti evocati sono rinvenibili.
Nel caso di specie – deducendo l’esistenza del giudicato
esterno derivante dalla sentenza n. 466/01 resa dal Tribunale
di Savona in altra causa inter partes e, comunque, lamentando
l’omessa pronuncia sulla relativa eccezione – parte ricorrente
avrebbe dovuto, non solo puntualmente riferire sugli esatti
termini in cui venne proposta l’eccezione, ma soprattutto
specificare se detta eccezione sia stata documentata con il
deposito di copia della sentenza di cui trattasi, corredata
dalla necessaria certificazione di cancelleria in ordine al
passaggio in giudicato; risultando, a tali effetti,
estremamente generiche le deduzioni svolte al riguardo a pagg.
11 e 12 del ricorso, oltre che nel corpo del presente motivo.
3.2.2. Sussiste, in ogni caso, un’ulteriore ed assorbente

14

la norma, secondo l’interpretazione patrocinata dalle Sezioni

ragione di inammissibilità, per violazione dei canoni
predicati per la redazione dei quesiti, segnatamente con
riguardo ai motivi “multipli”, come quello all’esame. Invero
nel caso in cui i motivi si articolino in plurime ed autonome
censure di vizi diversi, è necessaria l’esposizione di

doglianza, soddisfacendo in tal modo l’esigenza di chiarezza e
specificità richieste per la formulazione dei quesiti (cfr.
Cass. 22 agosto 2013, n. 19405). E poiché, nella specie, sono
state proposte con un unico motivo plurime censure in
relazione ai nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., il
motivo stesso avrebbe dovuto essere corredato dalla
formulazione di distinti quesiti di diritti in relazione ad
ognuna delle norme sostanziali o processuali, la cui
violazione è denunciata, nonché, per l’ultima tipologia di
vizio, anche di un momento di sintesi o riepilogo, in forza
della duplice previsione di cui all’art. 366 bis cod. proc.
civ..
Orbene, nella serie di “interrogativi” con cui si chiude il
motivo all’esame, non solo non è possibile enucleare un
“momento di sintesi” distinto dai quesiti di diritto, ma
neppure è agevole comprendere la reale tipologia di vizio, di
volta in volta denunciata, atteso che:
il quesito sub lett. D) affida a questa Corte il compito di
verificare l’esistenza del giudicato esterno, sulla base di
indicazioni in ordine all’oggetto dell’altra sentenza passata
in giudicato, che – prima ancora che carenti sotto il profilo
dell’autosufficienza – si rivelano inidonee a consentire una

15

specifici e distinti quesiti, ognuno rispondente alla dedotta

risposta, perché prescindono totalmente dall’altro termine di
paragone, e cioè dall’indicazione degli elementi costitutivi
della domanda risarcitoria fatta valere nel presente giudizio,
quali individuati dalla decisione impugnata; ove, poi, si
volesse supportare la carenza del quesito con i dati emergenti

manifesta infondatezza per le ragioni che si chiariranno di
seguito;
il quesito sub lett. E) – a tacere dall’inadeguatezza della
sua formulazione – enuncia un vizio afferente la decisione di
primo grado, laddove la relativa censura andava mediata, in
questa sede, dai contenuti della sentenza di appello;
il quesito sub lett. F) prospetta testualmente un «vizio di
per avere la Corte di appello deciso

motivazione»,

«senza

motivare in merito all’eccezione di giudicato»; e allora delle
due l’una: se il vizio denunciato è quello di cui al n. 5
dell’art. 360 cod. proc. civ., allora occorreva un “momento di
sintesi” articolato nei modi sopra precisati

sub

3.1.; se,

invece, il vizio denunciato è quello di omessa pronuncia come lascerebbe intendere la denuncia di
motivazione»

«omissione di

riportata in rubrica – allora risulta errata

l’individuazione della tipologia di vizio, giacchè la censura
andava proposta in relazione agli artt. 112 cod. proc. civ. e
360 n. 4 cod. proc. civ., articolando idoneo quesito di
diritto;
il quesito sub lett. G), al pari del resto da quello

sub

lett. E), risulta privo di decisività, giacchè poggia su un
dato assertivo

(«nonostante le stesse domande fossero coperte

16

da detta decisione, la censura incorrerebbe nel rilievo di

dal giudicato_ »)

che riducono il quesito stesso ad una mera

tautologia;
3.2.3.

Non

si

ritiene

superfluo

aggiungere

che

l’inadeguatezza dei quesiti “di fatto” e “di diritto” appare
il riflesso della stessa genericità del motivo, in ragione

Invero – sebbene, in via di principio, non è inammissibile,
come si è detto, il motivo contenente plurime censure – il
contemporaneo riferimento alle diverse ipotesi contemplate dai
nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. non può, comunque,
tradursi in una inammissibile mescolanza e sovrapposizione di
mezzi di impugnazione eterogenei, prospettando la medesima
questione sotto profili incompatibili (in cui ricorre
sicuramente il difetto di specificità).
3.2.4. Peraltro – riprendendo uno spunto svolto con
riguardo al quesito sub lett. D) – l’eccezione di cui all’art.
2929 cod. civ. appare anche manifestamente infondata, atteso
che l’autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro
i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e
presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia
identità di soggetti, oltre che di petitum e di causa petendi.
Valga in particolare considerare che – mentre (per quanto
riferito nei quesiti) la pretesa azionata dalla MA.RI.OR.
nell’altro giudizio inter partes atteneva al danno emergente
per

somme”sborsate per interventi sostitutivi a fronte dei

vizi costruttivi”

e al lucro cessante per

“ritardi, le

negligente ed i vizi costruttivi, nonché la nuova tipologia
costruttiva ed ambientale dell’immobile” – il fondamento della

17

della perplessità che genera il cumulo delle censure proposte.

-

pretesa risarcitoria fatta valere nel presente giudizio è
a quibus

stato individuato dai giudici

nell’inosservanza

dell’obbligo di manutenzione dell’impianto fognario e idrico,
in considerazione dell’obbligazione primaria derivante dalla
legge e dalla specifica disposizione contrattuale (art. 8),

causa petendi,

nonché, almeno ontologicamente, anche da un

diverso petitum

rispetto a quella formulata nel precedente

giudizio.
3.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in
relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ.,
violazione/falsa applicazione dell’art. 1460 cod. civ. e
insufficiente motivazione in merito ai ritenuti inadempimenti
della locatrice e adempimento della conduttrice. A conclusione
del motivo si chiede a questa Corte ai sensi dell’art. 366 bis
cod. proc. civ. di dire che: H)

«ai sensi dell’art. 1460 c.c.

nei contratti con prestazioni corrispettive, come quello di
specie, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la
sua obbligazione se l’altro non adempie o non offre di
adempiere contemporaneamente la propria; è pertanto affetto da
vizio di motivazione per insufficienza della stessa la
sentenza n. 107/07 resa dalla Corte di appello di Genova in
merito al ritenuto inadempimento della locatrice e adempimento
della conduttrice e per violazione dell’art. 1460 c.c.».
3.3.1. Il motivo è inammissibile.
Anche

il

presente

motivo

essendo

prospettato

congiuntamente sia in relazione al n. 3 che al 5 dell’art. 360
cod. proc. civ.

avrebbe dovuto essere corredato dalla

18

risultando, in tal modo, la domanda connotata da una diversa

formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto,
li •

nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in
forza della duplice previsione di cui all’art. 366 bis cod.
proc. civ., secondo quanto già esposto con riguardo ai
precedenti “cumulativi” motivo.

di declaratoria di un’astratta affermazione di principio,
senza alcuna contestualizzazione rispetto alla fattispecie
concreta, nonchè nell’assertiva affermazione del vizio di
motivazione; il tutto prescinde, totalmente, dalle ragioni
della decisione, laddove risulta puntualmente escluso
qualsiasi inadempimento della conduttrice vuoi per l’integrale
assolvimento dell’obbligazione di pagamento del canone
mensile, vuoi per l’insussistenza di documentati presupposti
della pretesa di aumento dello stesso canone.
3.4. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia «omissione
di motivazione»

in merito al IV, V, VI, VII motivo

dell’appello proposto dalla Grillo in relazione all’art. 360
n.5 cod. proc. civ.. In relazione a questo motivo si formulano
plurimi quesiti ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.,
chiedendosi a questa Corte di dire:
con riguardo alla dedotta

«omissione di motivazione»

sul

quarto motivo di appello, che: I) «I/ risarcimento del danno
da responsabilità contrattuale, ex art. 1225 c.c. è limitato
al danno prevedibile al momento in cui è sorta l’obbligazione;
è affetta da vizio assoluto di motivazione la sentenza della
Corte di appello di Genova in relazione alla prevedibilità o
meno dei danni di cui MA.RI.OR. ha chiesto il risarcimento per

19

Il quesito sub lett. H), invece, si risolve nella richiesta

responsabilità contrattuale; sussiste inoltre violazione
dell’art. 1225 c.c. poiché il richiesto risarcimento del danno
emergente e del lucro cessante non erano prevedibili al
momento della sottoscrizione del contratto di locazione»;
«omissione di motivazione»

quinto motivo di appello, che: L)

sul

«il debitore è tenuto al

risarcimento del danno per responsabilità per responsabilità
extracontrattuale ex

art.2043 c.c., solo se lo ha cagionato

per colpa o dolo; nella fattispecie in esame non sussiste
prova di colpa o dolo a carico della signora Grillo; sussiste
vizio assoluto di motivazione della sentenza 107/07 resa dalla
Corte di appello di Genova in relazione all’implicito rigetto
dell’eccezione di carenza di prova in merito al dolo e colpa a
carico della locatrice signora Grillo per i danni di cui
MA.RI.OR. ha chiesto il risarcimento per responsabilità
extracontrattuale: sussiste inoltre violazione dell’art. 2043
c.c. »
con riguardo alla dedotta

«omissione di motivazione»

sesto motivo di appello, che: M)

sul

«sussiste vizio assoluto di

motivazione della sentenza n. 107/07 resa dalla Corte
d’appello di Genova in relazione a elementi di fatto
controversi, non esaminati e non oggetto di trattazione e
motivazione»
con riguardo alla dedotta

«omissione di motivazione»

settimo motivo di appello – che: N)

sul

«sui fatti accertati dal

Giudice di primo grado e non impugnati in appello si forma il
giudicato ed è quindi inammissibile una nuova pronuncia;
sussiste violazione degli art. 324 c.p.c. e 2909 c.c. poiché

20

con riguardo alla dedotta

la Corte di appello con sentenza 107/07 si è pronunciata con
••

implicito rigetto di danni alla proprietà della locatrice,
imputabili alla conduttrice, già accertati in primo grado e
non oggetto di appello; è affetta da vizio di motivazione la
sentenza d’appello che non ha motivato in merito all’implicito

ai fini della disposta compensazione, dei danni subiti dalla
locatrice».
3.4.1. Il motivo è inammissibile.
sub 3. emerge che l’art. 366

Da quanto sopra evidenziato
bis

cod. proc. civ., nel prescrivere le modalità di

formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta,
ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso
medesimo, una diversa valutazione da parte del giudice di
legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma,
cod. proc. civ., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della
stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve,
all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ.,
all’enunciazione del principio di diritto ovvero a

dicta

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al
n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (il cui oggetto riguarda il
solo

iter

argomentativo della decisione impugnata), è

richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità
formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e

21

rigetto del settimo motivo di appello proposto sull’incidenza

sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea
la motivazione a giustificare la decisione (Cass. 25 febbraio
2009, n. 4556).
il

motivo

all’esame

denuncia

espressamente

violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; di conseguenza
esso avrebbe dovuto concludersi con un momento di sintesi, o
più esattamente, con tanti momenti di sintesi, quante sono le
diverse censure motivazionali enunciate, contenenti la «chiara
indicazione»

sia dei singoli e specifici fatti controversi

riguardo ai quali si assume omessa la motivazione, sia anche
delle ragioni per cui la motivazione è conseguentemente
inidonea sorreggere la decisione.
Il motivo, invece, contiene una serie di quesiti di
diritto, peraltro per buona parte eccentrici rispetto alla
decisione impugnata

(sub lett. I, L ed N), nonché la generica

denuncia del mancato esame di

«elementi di fatto controversi,

non esaminati e non oggetto di trattazione e motivazione» (sub
M). E tanto esula, all’evidenza, dagli schemi della «chiara
indicazione»

prevista, a pena di inammissibilità, dall’art.

366 bis cod. proc. civ..
Tutto ciò è, del resto, il riflesso della genericità del
motivo che muove dal presupposto assiomatico (peraltro, non
dimostrato, né dimostrabile in questa sede, se non addirittura
illogico, avuto riguardo all’obbligazione della locatrice,
rimasta inadempiuta) dell’imprevedibilità dei danni subiti
dalla conduttrice e dalla prospettiva (non accolta dal giudice

22

Orbene

di appello) che si verta in tema di responsabilità extracontrattuale.
3.4.2. Peraltro
motivazione»

si

se con la locuzione

«omissione di

intende lamentare l’omessa pronuncia sui

motivi di appello – il motivo è inammissibile anche per

decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non
decida un motivo di censura della sentenza del giudice di
primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o
insufficiente motivazione su di un punto decisivo della
controversia e neppure per motivazione per relationem resa in
modo difforme da quello consentito, bensì per omessa pronuncia
su un motivo di gravame; ne consegue che, se il vizio è
denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 3 o n. 5, cod. proc.
civ., anziché dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. in
relazione all’art. 112 dello stesso codice, il ricorso è
inammissibile. (Cass. 15 maggio 2013, n. 11801).
E’ il caso di precisare che le SS.UU. – pur patrocinando
con la sentenza 24 luglio 2013, n. 17931 un indirizzo non
formalistico, che non richiede la formale ed esatta
indicazione della ipotesi, tra quelle elencate nell’art. 360,
primo comma, cod. proc. civ., cui si ritenga di ascrivere il
vizio, né la precisa individuazione, nei casi di deduzione di
violazione o falsa applicazione di norme sostanziali o
processuali, degli articoli di legge – hanno ribadito
l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del motivo,
delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e
del tenore della pronunzia caducatoria richiesta; con la

23

l’errata individuazione della tipologia di vizio. Invero la

conseguenza che il motivo va dichiarato inammissibile,
allorché il ricorrente, nel lamentare l’omessa pronuncia in
ordine ad una delle domande od eccezioni formulate, non solo
menzioni un motivo non pertinente ed ometta di menzionare
quello di cui all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.,

che la motivazione sia stata omessa o sia insufficiente o si
limiti ad argomentare sulla violazione di legge.
3.5. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia in
relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
motivazione»

«omissione di

in merito alla ritenuta ammissibilità

dell’istanza di consulenza tecnica d’ufficio e/o alla ritenuta
necessità del mezzo istruttorio. A conclusione del motivo si
chiede a questa Corte ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc.
civ. di dire che: O)

«che la sentenza n. 107/07 risulta

affetta da vizio assoluto per carenza di motivazione in merito
alla ritenuta ammissibilità e/o necessità della disposta
consulenza tecnica d’ufficio, fatto decisivo e controverso del
giudizio».
3.6. Con il sesto motivo di ricorso si denuncia in
relazione all’art. 360 n.5 cod. proc. civ. carenza di
motivazione della sentenza di secondo grado in merito alla
ritenuta condivisione della relazione peritale, contestata
puntualmente dalla difesa della signora Grillo. A conclusione
del motivo si chiede a questa Corte ai sensi dell’art. 366 bis
cod. proc. civ. di dire che: P)

«è affetta da vizio di

motivazione la sentenza che non abbia preso in considerazione
le precise e circostanziate critiche mosse alla consulenza

24

in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ma sostenga altresì

tecnica d’ufficio».
3.7. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia in
relazione all’art. 360 n.5 cod. proc. civ.

«omissione di

motivazione» in merito al rigetto dell’istanza proposta dalla
signora Grillo ex art. 196 cod. proc. civ.. A conclusione del

cod. proc. civ. di dire che: Q) «è

bis

affetta da vizio di

motivazione la sentenza che respinge l’istanza ex art. 196
c.p.c. senza motivazione alcuna, nonostante le puntuali
critiche sollevate alla relazione peritale».
3.7.1. I suddetti motivi si esaminano congiuntamente, vuoi
per la stretta affinità dell’oggetto delle censure, funzionali
alla discussione degli esiti della c.t.u., vuoi per l’identità
dei profili di inammissibilità in relazione all’art. 366

bis

cod. proc. civ.. Essi sono, infatti, tutti inammissibili.
Le censure risultano tutte formalmente proposte ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e, pertanto, avrebbero
dovuto essere corredate dal “momento di sintesi” nei termini
sopra precisati sub 3, il quale avrebbe richiesto la
indicazione»

«chiara

sia dei fatti controversi su cui si erano

appuntate le critiche alla consulenza di ufficio, sia delle
ragioni per le quali la motivazione risultava inidonea a
sorreggere la decisione, anche perchè – secondo un principio
assolutamente costante nella giurisprudenza di questa Corte il giudice del merito, qualora condivida i risultati della
consulenza tecnica d’ufficio, non è tenuto ad esporre in modo
specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la
decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica

25

motivo si chiede a questa Corte ai sensi dell’art. 366

valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti,
mentre l’accettazione del parere del consulente, delineando il
percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione
adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità
(Cass., 22 febbraio 2006, n. 3881).

riportate nell’epigrafe della sentenza, non risulta che sia
stata richiesta la revoca del provvedimento ammissivo della
c.t.u. ovvero il rinnovo dell’indagine peritale

ex art. 196

cod. proc. civ.; di talchè sotto questo profilo neppure può
postularsi una carenza motivazionale sul punto.
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in favore della controricorrente in C 13.200,00 (di
cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge.
Roma 9 novembre 2013

A tacere del fatto che dalle conclusioni dell’appellante,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA