Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28275 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. II, 04/11/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28275

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21638-2015 proposto da:

L.C.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BAINSIZZA

1, presso lo studio dell’avvocato MAURO MELLINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROSA SALVAGO giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO FILESI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE SCIARROTTA giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.R., A.T.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato IGOR

TURCO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE LO DICO in

virtù di procura in calce al controricorso;

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 993/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 14/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dal ricorrente.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. L.C.E., unitamente a M.F., + ALTRI OMESSI, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Agrigento A.T.C., M.C. e Mo.Ro., deducendo che con scrittura privata del 26 marzo 1980 tutte le altre parti, comproprietarie di un lotto di terreno in (OMISSIS) avevano trasferito al L.C. lo stesso, in permuta di due appartamenti meglio individuati in contratto, destinati ad essere realizzati dallo stesso L.C..

Deducevano gli attori che i lavori di edificazione, a causa di problematiche di carattere amministrativo si erano protratti per lungo tempo, ma che una volta terminato il fabbricato, nonostante i tentativi del L.C. di mettere a disposizione delle controparti gli appartamenti di cui alla permuta, i convenuti avevano addotto contestazioni infondate quanto all’individuazione degli immobili da parte del costruttore, assumendo che in realtà gli appartamenti avrebbero dovuto avere una superficie maggiore di quella in concreto occupata dagli immobili.

Si chiedeva pertanto che, previo accertamento che con la menzionata scrittura privata era già stato traferito al L.C. il diritto di superficie sul terreno poi edificato, fosse disposto il trasferimento dei due appartamenti riservati agli originari proprietari del terreno, con la condanna altresì dei convenuti al risarcimento dei danni.

Nella resistenza dei convenuti, il Tribunale adito con sentenza del 7 novembre 2003 accoglieva la domanda attorea di riconoscimento del suo diritto di superficie, rigettando tuttavia la domanda di trasferimento della proprietà degli appartamenti in favore delle controparti, atteso che gli stessi non erano ancora ultimati.

Venivano altresì disattese le domande riconvenzionali dei convenuti, posto che le due unità immobiliari individuate dal costruttore avevano un’estensione conforme a quella indicata nella scrittura di permuta ed avevano caratteristiche soddisfacenti, sebbene ancora non completamente ultimati, disattendendo la domanda risarcitoria proposta in ragione delle condizioni qualitative dei beni inferiori a quelle promesse, atteso che i convenuti non avevano ancora conseguito la proprietà degli immobili non avendo a loro volta chiesto l’adozione di una sentenza costitutiva del trasferimento.

La Corte d’Appello di Palermo con la sentenza n. 993 del 14 giugno 2014 in accoglimento parziale dell’appello dei convenuti trasferiva in favore degli appellanti la proprietà delle unità immobiliari indicate nelle planimetrie allegate alla CTU disposta in appello, condannando il L.C. al risarcimento del danno quantificato nella somma di Euro 250.000,00, compensando per la metà le spese del doppio grado e ponendo la residua parte a carico dell’appellato L.C..

Per quanto ancora rileva in questa sede, i giudici di appello ritenevano che la menzionata scrittura privata non avesse trasferito alcun diritto di superficie in favore dell’appellato, ma aveva previsto una permuta sospensivamente condizionata alla consegna degli appartamenti da edificare, che lo stesso L.C. si era impegnato a trasferire ai proprietari del terreno. La condizione risolutiva non si era però verificata, atteso che alla luce dei compiuti accertamenti esperiti da parte dell’ausiliario d’ufficio nominato in grado di appello, ing. S., era emerso che gli appartamenti che, secondo la prospettazione del L.C. erano stati riservati alle controparti, corrispondevano a quanto promesso, sia per ciò che atteneva alle superfici indicate sia per quanto riguardava le caratteristiche strutturali e funzionali.

Tuttavia, non era corretta la decisione del giudice di prime cure, laddove aveva escluso che i convenuti avessero chiesto una pronuncia costituiva ex art. 2932 c.c., occorrendo prescindere da una lettura formale delle loro conclusioni, dalle quali invece emergeva la volontà di conseguire l’acquisto della proprietà per effetto della pronuncia costitutiva.

Atteso che le unità immobiliari promesse in permuta erano state realizzate, sebbene non ancora rifinite, andava quindi emessa sentenza di trasferimento in favore degli appellanti.

Questi ultimi però avevano chiesto anche il risarcimento del danno derivante dal ritardo nella consegna degli immobili.

Ai sensi dell’art. 1183 c.c., in carenza di determinazione del termine per l’adempimento della prestazione, la sua fissazione compete al giudice, che può operarla anche in assenza di una autonoma e specifica istanza del debitore, laddove questi abbia chiesto l’adempimento della prestazione.

Poichè nella fattispecie il L.C. non aveva ancora provveduto a completare gli appartamenti, il termine per la loro consegna, altresì rifiniti, andava individuato in quello in cui era stata avanzata in primo grado la domanda riconvenzionale da parte dei convenuti (25/7/2000), ed il danno era commisurato al pregiudizio derivante dall’omessa fruizione degli appartamenti, che, parametrato al valore locativo, ammontava ad Euro 250.000,00 al netto di eventuali importi versati dall’appellato quale contributo per eventuali canoni di locazione corrisposti dai M..

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso L.C.E. sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memorie. Mo.Ro., ed A.T.C. hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale sula base di un motivo.

M.C. ha resistito con controricorso.

2. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente M.C. sul presupposto della sua tardiva proposizione.

SI deduce che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 14/6/2014 e che il termine lungo per impugnare è ancora quello annuale, trattandosi di giudizio già pendente alla data del 4 luglio 2009.

Nella specie, la notifica del ricorso si è perfezionata, a fronte di una richiesta di notifica avvenuta in data 29/7/2015, solo in data 4/8/2015, e quindi ben oltre il termine lungo, occorrendo a tal fine avere riguardo alla data di perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario.

Trattasi però di affermazione che contrasta apertamente con la regola consolidata (cfr. Corte Cost. n. 477/2002) della scissione degli effetti della notifica, in base alla quale al fine di evitare di incorrere in decadenze, la parte deve limitarsi alla consegna dell’atto per la notifica, risultando a tal fine irrilevante la successiva data di perfezionamento della notifica per il destinatario (cfr. ex multis Cass. S.U. n. 11429/2010). Ne deriva che la notifica del ricorso è tempestiva alla luce della stessa sequenza cronologica indicata in controricorso, avuto anche riguardo alla circostanza che lo stesso ricorso è stato notificato anche a mezzo pec, come da ricevuta di avvenuta consegna all’indirizzo pec del difensore delle originarie parti appellanti in data 28/7/2015.

Del pari infondate sono poi le eccezioni di inammissibilità sollevate in ragione della pretesa violazione dei canoni di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., dovendosi per converso ritenere che le censure mosse dal ricorrente principale soddisfino i canoni di forma – sostanza imposti dalla norma in esame.

3. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1206 e 1220 c.c., laddove la Corte di merito ha ravvisato la responsabilità del ricorrente per il ritardo nella consegna degli appartamenti promessi in permuta, senza considerare che era stata più volte offerta la loro consegna, ma con il rifiuto da parte delle controparti, e ciò sebbene sia il Tribunale che la Corte d’Appello abbiano ravvisato che le caratteristiche degli appartamenti offerti erano corrispondenti a quelle risultanti dalla scrittura privata di permuta.

La mancata considerazione di tali offerte risalenti al 1999 ha quindi indotto erroneamente la Corte di merito a ritenere applicabile la previsione di cui all’art. 1183 c.c. in tema di fissazione giudiziale del termine di adempimento dell’obbligazione.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1183 c.c. nonchè l’omissione ed illogicità della motivazione per non essere stata esaminata la domanda dello stesso ricorrente in primo grado finalizzata ad ottenere il trasferimento della proprietà dei beni immobili in favore delle controparti.

Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione sempre dell’art. 1183 c.c. nonchè degli artt. 1175 e 1375 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in quanto non si è tenuto conto che la consegna degli appartamenti, secondo le caratteristiche tecniche individuate nell’allegato all’atto di permuta e con la loro suddivisione interna, presupponeva necessariamente la collaborazione dei controricorrenti i quali hanno sempre opposto il loro rifiuto.

Ne consegue che non poteva individuarsi il termine di adempimento della prestazione, a decorrere dal quale far maturare il danno da ritardo nella data della proposizione della domanda riconvenzionale, occorrendo tenere conto che il comportamento delle controparti era contrario a buona fede, atteso anche il riscontro della corrispondenza tra gli appartamenti offerti dal ricorrente e quelli di cui alla permuta. I tre motivi che possono essere congiuntamente esaminati sono fondati.

E’ pur vero che costituisce principio affermato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui (cfr. Cass. n. 27255/2017) affinchè l’offerta del debitore sia idonea a costituire in mora il creditore, è necessario che essa comprenda la totalità della somma dovuta, degli interessi e delle spese liquide, con la conseguenza che il rifiuto del creditore fondato sull’inidoneità della somma offerta a coprire l’intero ammontare del credito non viola il disposto dell’art. 1220 c.c., risultando lo stesso legittimamente formulato, e che analoghe conseguenze valgono anche in riferimento all’offerta non formale, idonea quanto meno ad impedire la mora del debitore (così Cass. n. 21004/2012; Cass. n. 25155/2010), ma nel valutare la fattispecie in esame non può prescindersi anche dall’apprezzamento della peculiare condotta tenuta dai promissari acquirenti nel corso dell’intero giudizio.

Ed, infatti, a fronte della messa a disposizione da parte del L.C. di immobili che, sebbene ancora non rifiniti, si assumeva essere conformi e corrispondenti a quelli di cui al contratto preliminare, messa a diposizione che aveva indotto lo stesso ricorrente a promuovere il giudizio volto ad assicurare il trasferimento della loro proprietà in favore delle controparti (il che denota una evidente e conclamata volontà di adempiere), i convenuti hanno contestato la stessa individuazione fisica dei beni loro promessi in vendita con quelli oggetto della messa a disposizione da parte dell’attore, sostenendo che in realtà i beni che loro competevano erano differenti sia per ubicazione che per dimensioni.

Come si ricava dalla lettura della sentenza di appello oggi gravata, il protrarsi del giudizio di appello risulta in significativa parte ascrivibile anche alla condotta degli appellanti i quali anche in sede di gravame avevano reiterato la loro ferma contestazione quanto all’identificazione dei beni promessi in permuta con quelli in concreto offerti dal L.C., imponendo anche la nomina di un consulente tecnico d’ufficio, incaricato anche di rispondere a dei quesiti suppletivi, vertenti proprio sulla questione de qua.

La contestazione si è poi protratta anche dopo il deposito della consulenza d’ufficio e dei conseguenti chiarimenti, avendo gli appellanti criticato la stessa correttezza dell’ausiliario, come si rileva a pag. 17 della sentenza d’appello, ribadendo in pratica la loro indisponibilità a riceversi i beni immobili che il L.c. aveva loro offerto, anche con la notifica dell’atto di citazione.

E’ pur vero che tali beni non sono risultati essere ancora rifiniti, ma la valutazione circa l’imputabilità di tale circostanza al solo ricorrente, con le conseguenze tratte anche in ordine al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata fruizione dei beni, non può prescindere però da una valutazione complessiva e comprata della condotta di entrambi i contraenti alla luce del principio di buona fede e di correttezza contrattuale che presiede all’intero svolgimento delle vicende contrattuali.

Ed è proprio la condotta dei convenuti, come reiteratamente manifestatasi nel corso dell’intero giudizio e sino alla decisione della lite in appello, a denotare come le infondate richieste di ricevere appartamenti diversi e di maggiore consistenza rispetto a quelli correttamente individuati dal L.C., sia la ragione che ha impedito, unitamente alla durata del giudizio che appunto in parte è riconducibile all’atteggiamento degli appellanti principali, che questi ultimi potessero entrare nell’immediato godimento dei beni.

Ed, è sempre in tale prospettiva, del tutto trascurata dai giudici di appello, che andava valutata la mancata rifinitura degli appartamenti, in quanto anche a voler reputare che ciò potesse avvenire pur in difetto di indicazioni provenienti da parte dei promissari acquirenti (il che appare però contrastare con quanto si ricava dall’allegato A al contratto oggetto di causa, che, come riportato in ricorso, rimetteva alla scelta della parte acquirente la concreta individuazione delle caratteristiche delle rifiniture) una valutazione secondo buona fede delle reciproche condotte non poteva far ritenere prevalente tale profilo rispetto alla ben più rilevante rifiuto dei compratori che negavano in radice la stessa identità dei beni offerti con quelli di cui alla scrittura privata del 26 marzo 1980.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, ed il giudice del rinvio dovrà decidere la causa attenendosi al seguente principio di diritto: In caso di offerta non formale di una prestazione che abbia ad oggetto la consegna di cose specifiche, nella fattispecie di immobili, al fine di valutare la legittimità del rifiuto del creditore, e quindi di riflesso l’impedimento della mora del debitore, occorre compiere una valutazione comparativa della condotta delle parti improntata alla verifica del rispetto del principio della buona fede, sicchè anche a fronte di un rifiuto del creditore motivato dalla negazione della stessa identità tra i beni offerti da parte del debitore(nella specie con la stessa proposizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre), e quelli dovuti per contratto, negazione mantenuta ferma durante tutta la durata del giudizio, va esclusa la mora debendi, anche nel caso in cui gli immobili pur correttamente individuati, manchino delle sole rifiniture interne”.

4. L’ordine logico delle questioni impone poi la previa disamina del motivo di ricorso incidentale con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. nella parte in cui, pur a fronte di una domanda di esatto adempimento del contratto, in violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., la Corte di merito ha omesso di condannare il L.C. anche a rifinire e completare gli appartamenti oggetto di causa, realizzando le opere di tramezzatura, tinteggiatura, posa di impianti e di servizi.

Si deduce che siffatta domanda si ricava dalla stessa lettura della comparsa di risposta in primo grado e dall’atto di appello, sicchè una volta che la stessa sentenza aveva riscontrato a pag. 36 che gli appartamenti non erano ancora rifiniti, non avrebbe non potuto condannare l’appellato anche all’esecuzione delle opere volte a completare l’esecuzione dei beni.

Anche tale motivo è fondato.

Ed, infatti, come si ricava dalla lettura della comparsa di risposta in primo grado e dell’atto di appello, i convenuti, ancorchè contestassero quella che era l’individuazione dei beni offerti da parte del costruttore, in vista dell’adempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto di permuta, avevano in ogni caso chiesto che all’esito del giudizio fossero loro consegnati degli appartamenti funzionali e quindi definiti e rifiniti come in contratto.

In tal senso depone anche un passaggio dello stesso ricorso laddove a pag. 9 e 10 si riferisce di richieste di adempimento non accogliibili perchè non era stata richiesta una pronuncia costituiva.

L’atto di appello a pag. 19 effettivamente richiede, oltre alla pronuncia della sentenza costituiva, altresì che gli immobili siano rifiniti e funzionali, e di qualità media fra quelli realizzati dal ricorrente e ciò trova corrispondenza nelle conclusioni di cui alla pag. 26.

Sebbene la mancata rifinitura degli mobili, per quanto esposto in occasione della disamina dei primi tre motivi del ricorso principale non implichi la mora debendi del costruttore, risulta però palese che, una volta che il giudice di merito ha confermato l’individuazione degli appartamenti che dovevano essere trasferiti alla parte acquirente in quelli indicati dal ricorrente, attesa la condizione di permanente assenza di rifinitura, il puntuale adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto giustifica la richiesta di ordinare al ricorrente di procedere alla rifinitura degli appartamenti, così come richiesto dagli appellanti.

A tale domanda non risulta sia stata fornita risposta in sentenza, con la violazione quindi dell’art. 112 c.p.c.

La decisione gravata deve quindi esser cassata anche in relazione a tale motivo di ricorso incidentale.

5. Il quarto motivo del ricorso principale lamenta infine la violazione dell’art. 91 c.p.c. in quanto la Corte d’Appello non avrebbe potuto compensare le spese atteso il rigetto del terzo, quarto e quinto motivo di appello, riscontrando l’infondatezza della domanda di risoluzione della controparte e la corrispondenza degli immobili riservati agli appellanti con quelli descritti nell’atto di permuta.

Atteso l’accoglimento dei primi tre motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale il motivo è assorbito, dovendo il giudice del rinvio, che si designa in una diversa sezione della Corte d’Appello di Palermo, provvedere alla liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità nonchè di quelle delle precedenti fasi di merito.

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi del ricorso principale ed il ricorso incidentale, ed assorbito il quarto motivo del ricorso principale, cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Palermo;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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