Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28274 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 11/12/2020), n.28274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10792/2014 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.S. e F.A., in proprio e quali eredi

di S.M., elett.te domiciliati in Roma, alla P.zza Martiri

di Belfiore n. 2, presso lo studio dell’avv. Primicerj Ugo,

rappresentati e difesi dall’avv. Becucci Mauro, come da procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 16/20/13 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il 5/3/2013, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 settembre 2020 dalla Dott.ssa d’Oriano Milena.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. con sentenza n. 16/20/13, depositata il 5 marzo 2013, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto da F.S. e F.A., quali eredi di S.M., avverso la sentenza n. 228/45/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Roma, ai fini Irpef e relative addizionali, aveva rideterminato in capo a S.M., proprietaria per 2/3 di un terreno edificabile sito nel Comune di Infernetto, un maggior reddito in misura corrispondente per la plusvalenza derivante dalla compravendita del cespite effettuata insieme ai figli comproprietari, il cui valore dichiarato nel rogito in misura di Euro 341.190,00, era stato elevato ad Euro 518.000,00, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, con un precedente avviso di rettifica e liquidazione divenuto definitivo in quanto non impugnato;

3. la Commissione di primo grado aveva rigettato il ricorso della contribuente ritenendo che la stessa, non avendo impugnato l’accertamento ai fini dell’imposta di registro, avesse accettato la valutazione effettuata dall’Ufficio;

4. la CTR riformava la decisione di primo grado rilevando che, stante l’autonomia delle imposte dirette rispetto a quella di registro, il valore di mercato del bene non poteva essere utilizzato ai fini presuntivi di una plusvalenza tra prezzo di acquisto e prezzo di cessione, incombendo sull’Ufficio l’onere di provare con elementi ulteriori la ritenuta differenza, e che in ogni caso la parte venditrice aveva allegato una perizia giurata di stima che nella specie escludeva l’esistenza di una plusvalenza tassabile;

5. avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 22 aprile 2014, affidato a due motivi; i controricorrenti, eredi della contribuente, hanno resistito con controricorso e depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, n. 4, 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art.118 disp att., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in presenza di una motivazione solo apparente, priva dell’enunciazione della ratio decidendi e di ogni riferimento all’atto, al terreno oggetto della cessione ed alla relativa stima e perizia UTE;

2. con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 67 TUIR, degli artt. 2697 e 2729 c.c., e degli artt. 3,37 e 53 Cost, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ritenendo di aver correttamente proceduto a determinare la plusvalenza relativa alla cessione dell’immobile sulla base della presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore accertato ai fini dell’imposta di registro, per cui era onere della contribuente e non dell’Ufficio fornire la prova contraria.

OSSERVA CHE:

1 II primo motivo non merita accoglimento.

1.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Sez. 1, 18 giugno 2018 n. 16057; Sez. 6-5, 7 aprile 2017 n. 9097; Sez. U 3 novembre 2016 n. 22232; Sez. U 5 agosto 2016 n. 16599; Sez. U 7 aprile 2014, n. 8053 ed ancora Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).

1.2. Venendo al caso di specie, il giudice di appello ha ampiamente esposto le ragioni di fatto e di diritto che lo hanno indotto ad accogliere i motivi di gravame: in particolare ha escluso che la contribuente avesse prestato acquiescenza all’accertamento effettuato ai fini dell’imposta di registro e fondato la ratio decidendi sull’inesistenza di una presunzione assoluta ai fini dell’accertamento di una plusvalenza IRPEF basata sullo scostamento del valore di mercato del bene accertato ai fini dell’imposta di registro; non da ultimo ha evidenziato che la parte venditrice, grazie al deposito di una perizia giurata, aveva documentato e provato in giudizio l’assenza di una plusvalenza tassabile.

2. Anche il secondo motivo risulta infondato.

2.1. Costituisce orientamento pacifico di questa Corte che ” In tema di imposte sui redditi, la norma di interpretazione autentica di cui al D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, avente efficacia retroattiva, esclude che l’Amministrazione finanziaria possa determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata dalla cessione di immobili e di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria o catastale, dovendo l’Ufficio individuare ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, su cui grava la prova contraria.” (Vedi da ultimo Sez. 5 n. 12131 del 2019)

Sulla scia della novella legislativa, la cui norma innanzi richiamata vale come interpretazione autentica della previgente disciplina, con efficacia retroattiva, questa Corte, mutando un suo precedente orientamento, ha statuito che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5 cit. esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (da ultimo, Cass. n. 9513 del 2018; n. 19227 e n. 12265 del 2017; n. 6135 e n. 11543 del 2016).

2.2 La CTR, premessa l’autonomia delle imposte dirette e di quella di registro, dopo aver valutato le prove contrarie offerte dalla parte venditrice, ed in particolare una perizia giurata di stima che ha rideterminato il valore del bene nel senso di escludere una ulteriore plusvalenza tassabile rispetto alla cifra dichiarata, ha ritenuto non idonei gli elementi utilizzati dall’Ufficio per addivenire alla valutazione di un maggior valore dell’immobile, ed in particolare insufficiente il solo richiamo ad altro accertamento effettuato in tema di imposta di registro, seppure divenuto definitivo.

3. La decisione, che ha fatto corretta applicazione del principio di cui al punto 2, non merita pertanto alcuna censura.

3.1 Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.

3.2 Segue la condanna dell’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare ai controricorrenti le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con attribuzione.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

 

 

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