Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28271 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28271 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 9872-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

LEVA VINCENZO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
NIZZA 92, presso lo studio dell’avvocato LEGGIO
ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SPADARO
CIRO giusta delega a margine;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 18/12/2013

avverso la sentenza n. 8/2006 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 03/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/11/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha

Svolgimento del processo

8, in riforma della decisione di prime cure, dichiarava illegittimo l’avviso di
accertamento emesso nei confronti di Leva Vincenzo ed avente ad oggetto l’imposta
dovuta a titolo IVA per l’anno 1994 , determinata con metodo induttivo -in difetto di
presentazione della relativa dichiarazione annuale- e disconoscendo il credito IVA di lire
9.387.000 derivante dal precedente anno d’imposta 1993.
I Giudici di merito, rilevato che l’art. 55 col Dpr n 633/72 disponeva che non dovesse
tenersi conto, nella determinazione induttiva del volume di affari e nella liquidazione
della relativa imposta, dei versamenti e delle imposte detraibili ai sensi dell’art. 19 Dpr
n. 633/72 che non risultavano dalle liquidazioni, mensili o trimestrali, prescritte
rispettivamente dagli articoli 27 e 33 del medesimo decreto presidenziale, ritenevano di
dover equiparare, in ossequio al principio di eguaglianza, la situazione del contribuente
che aveva optato per la detrazione della eccedenza di imposta nell’anno successivo alla
situazione del contribuente che invece aveva optato per il rimborso immediato del
credito d’imposta, e provvedevano in conseguenza a rideterminare la imposta, al netto
del credito IVA derivante dalla dichiarazione del precedente anno d’imposta 1993 e che
risultava dalle liquidazioni periodiche regolarmente annotate nel registro dei
corrispettivi.
I Giudici territoriali ritenevano poi che esulasse dalla loro cognizione la questione
della mancata esibizione di fatture e registri contabili richieste al contribuente dai
verbalizzanti nel corso della verifica fiscale.

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RG n.9872/2007
ric. Ag.Entrate c/Leva Vincenzo

Cons.
Stefano

La Commissione tributaria della regione Campania, con sentenza in data 3.2.2006 n.

Avverso la sentenza non notificata ha proposto rituale ricorso per cassazione la
Agenzia delle Entrate deducendo un unico motivo al quale ha resistito con controricorso
il contribuente.

Motivi della decisione

autosufficienza ai sensi dell’art. 366co1 n. 3) c.p.c. sono palesemente infondate:
– la decisione della CTR è fondata su di un’unica “rado decidendi” (nella
determinazione induttiva dei maggiori ricavi, conseguente ad omessa presentazione della
dichiarazione annuale IVA, oltre alle detrazioni risultanti dalle liquidazioni periodiche,
l’Ufficio deve tenere conto anche del credito d’imposta maturato nel precedente anno) che

è investita dalla Agenzia fiscale con una critica incentrata esclusivamente sulla
illegittimità della ammissione della prova documentale del credito d’imposta
(registri contabili e prospetti delle liquidazione periodiche), la cui produzione in giudizio

doveva ritenersi preclusa al contribuente non avendo questi ottemperato, in corso
di verifica, all’invito di esibizione dei registri contabili: ne segue che il motivo di
ricorso per cassazione ha correttamente individuato la statuizione impugnata in
relazione alla ritenuta sussistenza della prova del credito d’imposta desunta dalle
liquidazioni annotate nel registro dei corrispettivi

– è del tutto irrilevante, ai fini della prova della effettiva trasmissione al
contribuente, l’omesso deposito da parte dell’Ufficio dell’ “invito” spedito per
raccomandata con richiesta di esibizione delle scritture e dei documenti contabili,
atteso che come risulta dalla stessa sentenza di appello la questione della mancata
esibizione dei documenti richiesti costituiva specifico elemento dedotto a
sostegno della motivazione dell’avviso di accertamento (punto 3 della motivazione in
diritto della sentenza della CTR) e non risulta che tale circostanza sia stata oggetto di

puntuale contestazione da parte del contribuente nei precedenti gradi di merito
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RG n.9872/2007
ric. Ag.Entrate c/Leva Vincenzo

Co est.
Stefano livieri

Le eccezioni di inammissibilità del ricorso per mancanza del requisito di

- incomprensibile il rilievo concernente la inesatta individuazione del parametro del
sindacato di legittimità (“la ricorrente …eccepisce un error in iudicando…ma poi
artatamente disquisisce su un error in procedendo… Tale tipo di eccezione involge …la
violazione del motivo di cui all’art. 360co 1 n. 5 c.p.c….”: pag. 8 controricorso), non

essendo dato intendere a quale parametro normativo intenderebbe riferirsi la parte

stabilito dal’art. 52 comma 5 Dpr n. 633/72 integra nello schema astratto la ipotesi
di violazione di norma di diritto e dunque deve ritenersi corretto il parametro
indicato in rubrica dalla Agenzia fiscale.

Con l’unico motivo di ricorso la Agenzia fiscale censura la sentenza di appello per
violazione degli artt. 62 Dlgs n. 546/92, 19, 25, 30, 52, 55 Dpr n. 633/72, in relazione
all’art. 360co1 n. 3 c.p.c., allegando che nel corso della verifica fiscale era stato
espressamente richiesto al contribuente, con raccomanda in data 28.2.2000 di esibire “la
ricevuta della presentazione della dichiarazione annuale 1994, nonchè i registri
contabili e le fatture di acquisto relative all’anno 1994”. Il contribuente non aveva
ottemperato alla richiesta, determinando in conseguenza l’accertamento induttivo per
omessa presentazione della dichiarazione IVA e precludendo alla PA la verifica dei
versamenti e delle detrazioni effettuate nelle liquidazioni periodiche.
Tale comportamento omissivo del contribuente precludeva al Giudice tributario di
ammettere come prova e di porre a fondamento della decisione la produzione
documentale relativa ai registri contabili della impresa, stante l’espresso divieto
comminato dall’art. 52 comma 5 del Dpr n. 633/72 per cui “I libri, registri, scritture e
documenti di cui e’ rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a
favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa.
Per rifiuto di esibizione si intendono anche la dichiarazione di non possedere i libri,
registri, documenti e scritture e la sottrazione di essi alla ispezione”.
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RG n.9872/2007
ric. Ag.Entrate c/Leva Vincenzo

Co est.
Stefano ivieri

resistente: l’ammissione della prova documentale in violazione del divieto

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza sulla definizione della fattispecie
concreta dedotta in giudizio, in violazione dell’art. 366co l n. 3) c.p.c.

Costante è la giurisprudenza della Corte secondo cui “i documenti prodotti dal
contribuente nel giudizio tributario in cui si con troverta sull’IVA, dei quali abbia in

presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal
senso dell’amministrazione resistente” (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 45 del 2512/2000;
id. Sez. 5, Sentenza n. 13511 del 26/5/2008; id. Sez. 5, Sentenza n. 7269 del 26/3/2009; id. Sez. 5,
Sentenza n. 21768 del 14/10/2009; id. Sez. 6- 5, Ordinanza n. 10448 del 6/5/2013), non essendo

necessario verificare la sussistenza di eventuali condizioni (forza maggiore; caso
fortuito) non imputabili al contribuente che hanno determinato l’omessa esibizione dei
registri contabili (circostanze peraltro neppure allegate dal resistente), nè occorrendo
accertare l’elemento soggettivo della condotta omissiva del contribuente che, secondo un
più risalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, implicava oltre la
coscienza e la volontà del rifiuto anche il dolo -costituito dalla volontà del contribuente di
impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento-, rimanendo

quindi esclusa la operatività del divieto di utilizzazione in sede contenziosa dei
documenti non esibiti, in caso di mera negligenza ed imperizia nella custodia e
conservazione degli stessi (cfr. SU n. 45/2000, cit.), orientamento successivamente
corretto dalla più recente giurisprudenza che ha ritenuto applicabile il divieto -previsto
dal quinto comma dell’art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633- di utilizzazione
probatoria, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, dei libri, delle
scritture e dei documenti di cui si è rifiutata l’esibizione, non solo nell’ipotesi di rifiuto
(per definizione “doloso”) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente
dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in
suo possesso, ancorché non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore
non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative,
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RG n.9872/2007
ric. Ag.Entrate c/Leva Vincenzo

Còpest.
Stefano jkjlivieri

precedenza rifiutato l’esibizione all’amministrazione finanziaria, non possono essere

ecc.) e, quindi, anche per colpa semplice (cfr. V sez. n. 7269/2009; id. n. 21768/2009; id. n.
10448/2013, cit.).

Tanto premesso nel ricorso la Agenzia fiscale omette del tutto si specificare se,
indipendentemente dalla valutazione della condotta tenuta dal contribuente (mera
condotta tacita omissiva, ovvero rifiuto o dichiarazione espressa, contraria al vero, di

contribuente e che legittima le diverse previsioni dell’art. 51co2, n. 4) e dell’art. 55
comma 2 del Dpr n. 633/72) la predetta richiesta di esibizione dei documenti fosse
effettivamente conforme al modello legale definito dall’art. 51 comma 4 Dpr n.
633/1972 e dall’art. 32 commi 3 e 4 Dpr n. 600/1973 (nel testo modificato dall’art. 25 della
Legge 18/2/1999 n. 28 , vigente al tempo della spedizione dell’invito in data 28.2.2000) cui la

prima norma rinvia.
Occorre premettere in proposito che dal combinato disposto delle norme richiamate, la
conseguenza della inutilizzabilità nel giudizio tributario, a favore del contribuente, dei
documenti non esibiti nella fase istruttoria amministrativa è ricollegata ad una specifica
richiesta dell’Ufficio accertatore che deve rispondere a determinati requisiti formali
(trasmissione dell’invito a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento; assegnazione
di un termine non inferiore a gg. 15, prorogabile; avviso al contribuente delle
conseguenze processuali determinate dalla mancata esibizione dei documenti; facoltà del
contribuente di evitare tali conseguenze depositando i documenti in allegato al ricorso
introduttivo dimostrando che la impossibilità di ottemperanza era dipesa da causa non
imputabile): ne segue che una richiesta di esibizione di scritture, fatture od altri
documenti commerciali e contabili formulata dall’Ufficio con modalità difformi dallo
schema legale descritto è inidonea, in caso di inottemperanza del contribuente, a
produrre gli effetti giuridici preclusivi previsti dalle norme tributarie.

Al riguardo debbono richiamarsi le considerazioni svolte nel precedente di questa Corte
cass. Sez. 5, Sentenza n. 453 del 10/01/2013 che il Collegio intende fare proprie
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RG n.9872/2007
ric. Ag.Entrate c/Leva Vincenzo

Stef

est.
ivieri

non possedere i documenti richiesti: elemento discriminatore fondato sulla “risposta” del

secondo cui “L’invio del questionario innesta, in seno al procedimento di accertamento
della veridicità delle dichiarazioni dei contribuenti, un subprocedimento, che si dipana
in più passaggi, consistenti:
– nell’invio del questionario, con la fissazione di un termine minimo a carico del
contribuente per l’adempimento degli inviti o delle richieste rivoltegli;

dall’inottemperanza a tali inviti o richieste;
– nella risposta del contribuente che fornisca dati e documenti richiesti, ovvero
– nell’inottemperanza del contribuente alle richieste rivoltegli.
Questa Corte ha già avuto occasione di sottolineare che tale subprocedimento è dettato,
come la norma che prevede la comparizione personale del contribuente (art. 32, comma
1, n. 2), allo scopo di favorire il dialogo tra le parti, in vista di un chiarimento delle
reciproche posizioni, capace di escludere l’instaurazione del contenzioso (Cass. 30
dicembre 2009, n. 28049), in base a quei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione,
che sono necessariamente implicati “…quando siano in gioco obblighi di solidarietà
come quello in materia tributaria” (Corte cost., 25 luglio 2000, n. 351). 5.2.- In questo
contesto, il legislatore ha sanzionato con la preclusione dell’inutilizzabilità la condotta
del contribuente che si sottrae al dialogo con l’amministrazione, ponendo il divieto di
allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa (divieto che, ha
precisato la Consulta, ha rilievo esclusivamente processuale, in quanto tale inidoneo a menomare il
principio di capacità contributiva: Corte costituzionale, ordinanza 7 giugno 2007, n. 181)

)9

Il riferimento all’invio del questionario non inficia le conclusioni cui deve pervenirsi
in ordine all’onere gravante sull’Amministrazione finanziaria che, evocata in giudizio
dal contribuente con ricorso introduttivo in opposizione alla pretesa tributaria veicolata
dall’atto impositivo impugnato, proponga la eccezione di divieto di utilizzabilità dei
documenti non esibiti nella fase istruttoria del procedimento tributario: in applicazione
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st.
Co
Stefano O ivieri

– nell’avvertimento da parte dell’ufficio delle conseguenze derivanti al contribuente

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MATERIA TRIBUTARIA

della regola generale sul riparto dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. non è dubbio che
spetti alla Amministrazione eccipiente allegare i fatti sui quali la eccezione si fonda, tra
cui la esistenza -nell’invito di esibizione trasmesso al contribuente- dei requisiti formali
prescritti dalle predette norme tributarie ed in particolare dell’avvertimento prescritto

Non avendo la Agenzia fiscale assolto all’onere indicato, il motivo di ricorso come
formulato pecca di autosufficienza, non essendo stato trascritto il contenuto dell’invito
che risulta trasmesso con raccomandata n. 50518 del 28.2.2000, e non essendo
all’evidenza sufficiente la mera allegazione, indimostrata, secondo cui “la richiesta è
stata regolarmente effettuata”.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della
parte resistente alle spese del presente giudizio liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :
– dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Agenzia delle Entrate alla rifusione
delle spese del presente giudizio che liquida in € 1.100,00 per compensi, € 200,00 per
esborsi, oltre gli accessori di legge. rrrIrTri” -rn ,‘1

Dirl, 2013
Così deciso nella camera di consiglio 4.11.2013

dall’art. 32 comma 3 del Dpr n. 600/1973 cui rinvia l’art. 51 comma 4 Dpr n. 633/1972.

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