Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28271 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. II, 04/11/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 04/11/2019), n.28271

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7077-2015 proposto da:

VILLAMENA DI C.R. & C SAS, elettivamente domiciliato

in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato

ELISABETTA NARDONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA

BLASI;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ABRUZZI 3, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO ZACCHEO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUSEPPE FERRARA,

GIUSEPPE LIBRATTI;

– controricorrente –

e contro

ENEL SERVIZIO ELETTRICO SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 427/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 01/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione;

udito l’Avvocato COVINO Marta, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Nicola BLASI, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e di quanto esposto;

udito l’Avvocato ZACCHEO Massimo difensore del resistente che si è

riportato ed ha insistito sulle conclusioni in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. Villamena s.a.s. di C.R. & C. esponeva che sul terreno di sua proprietà, interessato da lavori di costruzione di un parcheggio a servizio delle strutture con le quali esercitava la sua attività ricettiva, c’era un palo, strumentale all’esercizio di una servitù di elettrodotto di cui era titolare l’Enel, che limitava la circolazione di veicoli; che per tale ragione aveva chiesto lo spostamento della servitù; che l’Enel aveva aderito a tale richiesta, a condizione che le spese dello spostamento del palo fossero sostenute dalla richiedente.

Ciò posto chiamava in giudizio Enel Distribuzione e Enel Servizio Elettrico, deducendo che, in applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 122, comma 4, il proprietario del fondo gravato non solo può eseguirvi qualunque innovazione, costruzione o impianto, ma salvo patto contrario non è tenuto a rimborso o indennizzi nei confronti dell’altro, che, in conseguenza di tale innovazione, si veda costretto a rimuovere o collocare diversamente condutture ed appoggi.

Il tribunale rigettava la domanda e la Corte d’appello di Perugia confermava la sentenza.

La corte riconosceva che la disposizione del R.D. n. 1775 del 1933, art. 122, comma 4, riguarda la sola servitù coattiva, mentre nel caso in esame, la servitù era stata acquistata per usucapione. Secondo la corte di merito la servitù costituita per usucapione, seppure corrispondente nei suoi presupposti e nel suo contenuto a una servitù coattiva, non può ritenersi tale ai fini dell’applicazione della disciplina propria di questa.

Per la cassazione della sentenza Villamena s.a.s. ha proposto ricorso affidato a un unico motivo.

Enel Distribuzione S.p.A. ha resistito con controricorso.

Enel Servizio Elettrico S.p.A. è rimasta intimata.

Le parti costituite hanno depositato memoria.

La causa, chiamata in un primo tempo per la trattazione in camera di consiglio, è stata rimessa alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1175 del 1933, art. 122, art. 1068 c.c. e art. 12 disp. gen..

Si censura la sentenza perchè la corte d’appello non ha fatto applicazione del principio che la servitù di elettrodotto, comunque costituta, trova la sua disciplina, per quanto riguarda il mutamento del luogo di esercizio, nel R.D. n. 1175 del 1933, art. 122.

Il ricorso è infondato.

La materia inerente agli impianti di trasmissione e distribuzione di energia elettrica è regolata dal t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 (t.u. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici).

Il t.u. reca un’articolata disciplina dei possibili mutamenti del luogo di esercizio della servitù, che si differenzia sotto diversi profili dalla disciplina dettata dall’art. 1068 c.c. In particolare l’art. 122, comma 4, attribuisce al proprietario del fondo servente la facoltà di eseguire sul fondo medesimo qualunque innovazione, costruzione o impianto, facoltà della quale il proprietario può avvalersi anche nell’ipotesi in cui il suo esercizio finisca di fatto per costringere il titolare della servitù alla rimozione o ad una diversa collocazione delle condutture: in questa ultima ipotesi il proprietario del fondo servente non è obbligato a versare al titolare della servitù alcuna somma a titolo di indennizzo o rimborso delle spese necessarie per lo spostamento, ed è tenuto esclusivamente ad offrire un diverso luogo adatto all’esercizio della servitù, ma (contrariamente a quanto dispone l’art. 1068 c.c., comma 2) solo se ed in quanto ciò risulti possibile, verificandosi in caso contrario l’estinzione della servitù.

E’ opinione unanime in giurisprudenza che la servitù coattiva di elettrodotto deve intendersi costituita non già in virtù del semplice decreto autorizzativo, bensì con la stipulazione di uno speciale atto convenzionale e, in caso di dissenso, con sentenza che determini, caso per caso, le modalità di esercizio della stessa servitù.

La giurisprudenza della Corte ha in passato riconosciuto che la servitù coattiva di elettrodotto può essere acquistata anche per usucapione, facendone conseguire l’applicabilità della disciplina speciale, con la conseguenza che, nel caso di spostamento della linea elettrica, essa è soggetta alla disciplina fissata dal t.u. all’art. 122, che pone a carico dell’Enel le spese relative allo spostamento e non ricade nella previsione dell’art. 1068 c.c. (Cass. n. 5077/1983; n. 2579/1981). Si precisava che non sarebbe configurabile una servitù di elettrodotto diversa da quella tipica, prevista e regolata dal t.u. del 1933, onde la servitù di elettrodotto sarebbe da considerarsi sempre coattiva e come tale soggetta alla disciplina del t.u. (Cass. n. 2306/1981). In base a tale orientamento la disciplina dell’art. 122 non rimane influenzata dal modo di costituzione della servitù e rimane ugualmente applicabile non solo quando il diritto sia stato costituito con convenzione o sentenza, ma anche quando sia stato acquistato per usucapione (Cass. n. 3148/1984).

Tale orientamento, al quale va annoverata anche Cass., S.U., n. 1022 del 1971, è stato superato dalla successiva giurisprudenza della Suprema Corte, attualmente orientata a riconoscere la natura volontaria della servitù acquisita per usucapione in presenza dei presupposti per l’imposizione coattiva del vincolo. Così la servitù di passaggio, acquistata in presenza delle condizioni che avrebbero legittimato il proprietario del fondo intercluso ad ottenere la costituzione della servitù coattiva, non si estingue con la cessazione dello stato di interclusione, non essendo ad essa applicabile la norma dell’art. 1055 c.c. dettata per la servitù coattiva di passaggio, il cui acquisto, come quello delle altre servitù, non può avvenire per usucapione (Cass. n. 6063/1991; n. 3086/1994).

A tale orientamento, che ha largo seguito anche nella dottrina, il Collegio ritiene doversi dare continuità. E’ infatti convincente il rilievo che la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge conferisce al proprietario il diritto ad ottenere coattivamente la costituzione della servitù. Se però il diritto è acquistato per usucapione nei casi in cui si sarebbe potuto imporre coattivamente la servitù, questa non è coattiva, essendo estranea all’attuazione di un potere autoritativo o di un dovere legalmente imposto. La servitù è nata non secondo il volere coatto o contro il volere del soggetto passivo, ma indipendentemente da esso, in forza della conversione di una situazione di fatto in una situazione di diritto (Cass. n. 3430/1998; n. 3153/1998). Il possesso non può infatti esplicarsi nell’esercizio di un’attività di fatto corrispondente a quella di una servitù coattiva in quanto tale, neppure se sia diretto all’esercizio di essa, nè può avere rilievo il comportamento del proprietario del fondo servente, essendo indifferente che la sua inerzia sia determinata dalla convinzione di non potersi opporre alla costituzione della servitù, ovvero da altri motivi (Cass. n. 6063/1991).

L’obiezione della ricorrente, che i precedenti contrari alla configurabilità di una servitù coattiva acquistata per usucapione si riferiscono alla servitù di passaggio, non è conferente. La soluzione adottata dalla recente giurisprudenza di legittimità opera per l’intera categoria delle servitù coattive, compresa la servitù di elettrodotto contemplata dall’art. 1056 c.c., di cui si riconosce la natura di vera e propria servitù prediale: fondo dominante deve essere ritenuto lo stabilimento di produzione e distribuzione, anche nel caso di condutture destinate alla fornitura di energia elettrica a utenti privati (Cass. n. 537/1951; n. 2084/1968; n. 2078/1974).

Non si registra pertanto un conflitto in atto nella giurisprudenza di legittimità, ma un mutamento di orientamento, dovendo quindi essere disattesa l’istanza di rimessione alle Sezioni Unite.

Consegue che il mutamento del luogo della servitù di elettrodotto, acquistata per usucapione, è disciplinato dalle norme comuni, non dall’art. 122 del t.u.

La sentenza della corte d’appello di Perugia è in linea con tali principi.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Tenuto conto della particolarità dell’argomento, controverso in dottrina e che ha registrato in passato soluzioni difformi nella giurisprudenza della Corte, si ritiene di compensare le spese del presente giudizio.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del presente giudizio; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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