Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28267 del 18/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 28267 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 1410-2007 proposto da:
RTI IGM1/SEM CONSORTILE SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DELLE QUATTRO FONTANE 15, presso lo studio
dell’avvocato TINELLI GIUSEPPE, che lo rappresenta e
difende con procura speciale del Not. Dr. ANGELO
BELLUCCI in SIRACUSA rep. n. 107527 del 07/12/2006;
– ricorrente contro

CONCESSIONARIO RISCOSSIONE TRIBUTI PROV. DI SIRACUSA
MONTEPASCHI SERIT SPA in persona del Direttore pro
tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE in

Data pubblicazione: 18/12/2013

persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta
e difende ope legis;
– controricorrenti

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il
14/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/11/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato GAROFOLI che
si riporta e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 106/2005 della

RITENUTO IN FATTO.
l.

In data 3.12.03, veniva notificata alla R.T.I.

IGMIl/SEM – Società Consortile a r.l. una cartella di pagamento, emessa dall’Ufficio per omessi versamenti IVA
sia periodici che a saldo della dichiarazione relativa
all’anno di imposta 1998.
2. L’atto veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alproposto dalla R.T.I.IGMIl/SEM – Società Consortile a
r.l. alla CTR del Lazio veniva, del pari, rigettato con
sentenza n. 106/05, depositata il 14.11.05.
2.1. Con tale pronuncia il giudice di seconde cure riteneva infondate le doglianze della contribuente relative
alla mancata instaurazione del contraddittorio ex art. 6,
co. 5 1. 212/00 e all’omessa comunicazione dell’avviso ex
art. 60 d.P.R. 633/72, e disattendeva, altresì, il motivo
di gravame concernente la pretesa decadenza dell’ Amministrazione, dall’esercizio del potere di riscossione, per
tardiva notifica della cartella di pagamento impugnata.
3. Per la cassazione della sentenza n. 106/05 ha proposto
ricorso la R.T.I.IGMIl/SEM Società Consortile a r.1., affidato a quattro motivi, ai quali l’Agenzia delle Entrate
ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la R.T.I.IGMIl/SEM Società Consortile a r.l. denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 60, co. 6 e 54 bis del d.P.R. n.
633/72, 2 del d.lgs. n. 462/97, 6, co. 5 del della 1. n.
212/00, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché
l’omessa o insufficiente motivazione su punto decisivo
della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. L’attività di riscossione posta in essere dall’ Amministrazione finanziaria sarebbe, invero, illegittima in
relazione al disposto dell’art. 60, co. 6, del d.P.R.
633/72, a norma del quale l’Ufficio, prima dell’ iscrizione a ruolo, deve invitare il contribuente “a versare
le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento
dell’avviso, con applicazione della soprattassa pari al

la CTP di Siracusa, che respingeva il ricorso. L’appello

60 per cento della somma non versata o versata in meno”.
Per il che avrebbe errato il giudice di appello a disattendere – per di più con motivazione del tutto incongrua
– la doglianza proposta dalla società contribuente, la
quale aveva espressamente dedotto la nullità della cartella di pagamento impugnata, per l’omessa effettuazione,
nei suoi confronti, dell’invito al pagamento previsto
1.2. In ogni caso – a parere della ricorrente – sarebbe
stato applicabile, alla fattispecie concreta,
temporis,

ratione

il disposto dell’art. 2 del d.lgs. n. 462/97,

che ha esteso l’obbligo di inviare l’avviso bonario in
questione, con l’applicazione del connesso regime di riduzione del carico sanzionatorio, anche ai casi – come
quello ricorrente nella specie – di omesso versamento di
tributi dichiarati.
1.3. Del tutto erroneo sarebbe, infine, a parere della
contribuente, l’assunto del giudice di appello, secondo
cui il disposto dell’art. 6, co. 5, della 1. 212/00 – a
tenore del quale l’Amministrazione finanziaria, prima
dell’iscrizione a ruolo di somme derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, nel caso in
cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione stessa “deve” invitare il contribuente a fornire i relativi chiarimenti, a pena di nullità dell’atto
di riscossione emesso – non si applicherebbe al caso concreto, nel quale nessuna incertezza si sarebbe verificata
in sede di esame della dichiarazione della contribuente.
E difatti, ha rilevato la CTR che la violazione rilevata
dall’Amministrazione attiene esclusivamente al mancato
versamento dell’imposta liquidata, laddove la disposizione in questione si riferirebbe alla sola fase della liquidazione del tributo, e non anche a quella della riscossione dei tributi non assolti.
Per contro, a parere della R.T.I.IGMIl/SEM – che insorge,
sul punto, avverso la decisione di seconde cure l’unitarietà del procedimento di controllo liquidatorio
della dichiarazione, finalizzato sia alla correzione di

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dalla norma succitata.

eventuali errori ed inesattezze nella dichiarazione, sia
alla verifica del compimento e della tempestività dei
versamenti, postulerebbe anche in tale ultima ipotesi la
richiesta di chiarimenti al contribuente, a norma
dell’art. 6, co. 5, 1. 212/00. Sicchè, nel caso concreto,
il mancato adempimento di tale obbligo, da parte
dell’Ufficio, avrebbe determinato – contrariamente a
cartella di pagamento impugnata.
1.4. Il motivo è infondato.
1.4.1. Ed invero, secondo il costante insegnamento di
questa Corte, in tema di IVA ed in ipotesi di mancato
versamento di imposta dichiarata dallo stesso contribuente, sanzionato dalla legge con l’applicazione di una pena
pecuniaria pari al cento per cento dell’importo non versato, la previsione del preventivo invito al pagamento,
contenuta nell’art. 60, co. 6, del d.P.R. n. 633/72, quale adempimento necessario e prodromico all’iscrizione a
ruolo dell’imposta (che aveva quale unica funzione quella
di dare al contribuente la possibilità di attenuare le
conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione di
versamento), è da ritenersi implicitamente caducata, e
comunque priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto dell’art. 13, co. l, d.lgs. n. 471/97.
Tale ultima disposizione, infatti, riducendo la sanzione
inizialmente prevista dall’art. 44 del citato d.P.R. n.
633/72 (dal cento per cento al trenta per cento dell’importo non versato), ha fatto venir meno ogni interesse
del contribuente ad un inadempimento dal quale nessun
vantaggio egli potrebbe più trarre (cfr.,

ex plurimis,

Cass. 8859/06; 22437/08; 10806/10; 26440/10).
Ne discende che nel caso concreto – come correttamente
ritenuto dalla CTR – l’omissione dell’invito in parola
non può in alcun modo essere produttivo della dedotta
nullità della cartella notificata alla società contribuente.
1.4.2. Né la conclusione suesposta può mutare per effetto
dell’applicabilità al caso di specie, ratione temporis

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quanto ritenuto dal giudice di appello – la nullità della

(trattandosi di dichiarazione IVA presentata dopo
1’1.1.99), del disposto di cui all’art. 2, co. 2 del
d.lgs. n. 462/97.
Va osservato, infatti, che in tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’omessa comunicazione dell’invito al pagamento prima dell’iscrizione a ruolo, con la riduzione e per gli effetti previsti
la nullità di tale iscrizione e degli atti successivi, ma
una mera irregolarità, inidonea ad incidere sull’efficacia dell’atto. E ciò per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, in quanto non si tratta di una condizione
normativa di validità del provvedimento di riscossione,
stante la mancata espressa sanzione della nullità, avendo
– di contro – il previo invito al pagamento l’unica funzione di dare al contribuente la possibilità di attenuare
le conseguenze sanzionatorie dell’omissione di versamento. In secondo luogo, perché l’interessato, per estinguere la pretesa fiscale, può comunque pagare con riduzione
della sanzione, a prescindere dall’avviso, una volta ricevuta la notifica della cartella esattoriale (Cass.
3366/13).
1.4.3. Per quanto concerne, infine, la dedotta violazione
della disposizione di cui all’art. 6, co. 5, l. 212/00
(Statuto del contribuente), va osservato che, anche dopo
l’entrata in vigore di tale normativa ed allo stato attuale della legislazione, non può ritenersi esistente un
principio generale di contraddittorio in ordine alla formazione della pretesa fiscale, atteso che l’obbligatorietà dell’invito da rivolgere al contribuente, al fine di
fornire chiarimenti o produrre documenti prima di procedere all’iscrizione a ruolo, di cui all’art. 6 della legge succitata, sorge solo se vi siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, che possono derivare
sia dal contenuto intrinseco dell’atto del contribuente,
sia dal confronto tra l’atto in questione ed i diversi
dati di cui l’Ufficio abbia la disponibilità (Cass.
26316/10).

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dall’art. 2, co. 2, del d.lgs. n. 462/97, non determina

Ne discende che l’obbligo del contraddittorio preventivo
suindicato non sussiste al di fuori della specifica ipotesi suindicata. Il che è certamente a dirsi con riferimento al caso – ricorrente nella specie – in cui
l’iscrizione a ruolo avvenga, ai sensi dell’art. 54 bis
d.P.R. 633/72, sulla base di dati contabili direttamente
riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpagamento per omessa o insufficiente versamento di imposta, sulla base della stessa dichiarazione presentata dal
contribuente (cfr. Cass. 8342/12).
1.5. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, la censura
in esame deve essere rigettata.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la R.T.I.IGMIl/SEM
Società Consortile a r.l. denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 54 bis del d.P.R. 633/72, 28
della l. n. 449/97, l, co. 2 della 1. n. 212/00 e 154
c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – ad avviso della ricorrente – nel ritenere che l’esercizio del controllo liquidatorio della dichiarazione IVA non dovesse essere effettuato alla stregua del termine perentorio di cui
all’art. 54 bis del d.P.R. 633/72, a norma del quale detto controllo deve essere operato “entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative
all’anno successivo”. Il giudice di appello avrebbe, per
contro, erroneamente applicato – a parere della contribuente – il disposto dell’art. 28 della 1. n. 449/97 (secondo cui il termine per il controllo liquidatorio è ordinatorio), che – richiamando il solo art. 36 bis del
d.P.R. 600/73 – si applicherebbe, invece, alle sole imposte dirette e non anche all’IVA.
2.2. Ad ogni buon conto, anche a voler ritenere non perentorio il termine in questione, il giudice di appello
avrebbe comunque dovuto ritenere applicabile alla fattispecie concreta la norma di cui all’art. 154 c.p.c., secondo la quale anche il termine ordinatorio deve essere
espressamente prorogato dal giudice, e rilevare, di con-

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pretativo, dando luogo all’emissione di una cartella di

sequenza, la mancanza – nel caso concreto – di siffatto
provvedimento espresso di proroga del termine per il controllo liquidatorio in discussione.
2.3. La censura è infondata.
2.3.1. Secondo l’insegnamento costante di questa Corte,
infatti, in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie – atti concernenti, dunque, atteso
chiamo letterale al solo art. 36 bis d.P.R. 600/73, sia
le imposte dirette che quelle indirette – il termine annuale per la relativa rettifica cd. formale, previsto
dall’art. 36 bis del decreto cit., secondo l’interpretazione autentica offerta dall’art. 28, co. l, della l. n.
449/97, non ha natura perentoria, il che comporta che il
suo inutile decorso non è causa di decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di procedere alla rettifica della dichiarazione, nei limiti imposti dai principi
costituzionali e di civiltà giuridica. Infatti, in materia tributaria, ogni decadenza deve essere espressamente
prevista, sicché, in mancanza di un’esplicita previsione,
il termine fissato dalla legge per il compimento di un
atto, ha efficacia meramente esortativa (cioè costituisce
un invito a non indugiare), e l’atto può essere compiuto
dall’interessato fino a quando ciò non gli venga precluso
dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto
(cfr. Cass.S.U. 21498/04; Cass. 15307/09; Cass. 8055/13).
2.3.2. E non può revocarsi in dubbio – come dianzi detto
– che il carattere generale della previsione di cui
all’art. 28 1. 449/97, stante il suo carattere onnicomprensivo, evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità
succitata, sia applicabile anche ai controlli in materia
di IVA.
2.3.3. Né giova alla ricorrente invocare il disposto
dell’art. 154 c.p.c., al fine di evidenziare la mancanza
di un provvedimento espresso di proroga del termine ordinatorio in discussione, trattandosi – com’è del tutto
evidente – di una disposizione che si applica alla proroga dei soli termini processuali, e non anche a quella dei

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il carattere generale della previsione, al di là del ri-

termini sostanziali, come quelli per gli accertamenti ed
i controlli delle dichiarazioni tributarie (cfr. Cass.
8055/13, in motivazione).
2.3.3. Per tali ragioni, dunque, la censura suesposta deve essere rigettata.
3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso – che, per la
loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente
la violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 25
del d.P.R. n. 602/73, 295 c.p.c., l, co. 5 bis e 5 ter
del d.l. n. 106/05, convertito nella 1. n. 156/05 e 2697
c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonchè
l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione
all’art. 360 n. 5 c.p.c.
3.1. Si duole, invero, la ricorrente del fatto che il
giudice di appello abbia escluso la tardività della notifica della cartella di pagamento impugnata, definendo la
controversia con l’erronea applicazione del disposto
dell’art. l, co. 5 bis e 5 ter del d.l. n. 106/05, convertito nella 1. n. 156/05, che non si attaglierebbe, invece, alla fattispecie concreta. Errore tanto più macroscopico, in quanto l’Ufficio, ad avviso della contribuente, non avrebbe fornito, a fronte delle contestazioni al
riguardo da parte della R.T.I.IGMIl/SEM Società Consortile a r.1., alcun elemento di prova – sebbene il relativo
onere incombesse sul medesimo ex art. 2697 c.c. – della
tempestività della notifica della cartella in discussione.
3.2. Le censure suesposte sono infondate.
3.2.1. Ed invero, va rilevato che, in tema di riscossione
delle imposte, l’art. l del d.l. 17 n. 106/05, convertito
con modificazioni nella 1. n. 156/05 (emanato a seguito
della sentenza della Corte costituzionale n. 280/05 di
declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 25 del d.P.R.
n. 602/73), ha fissato, al co. 5 bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione

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– la R.T.I.IGMIl/SEM Società Consortile a r.l. denuncia

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delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il co. 2 dell’art. 36 del d.lgs. n. 46/99, che
per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività
di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per
le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001,
entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello
3.2.2. Orbene, la succitata disposizione dell’art. 1 d.l.
106/05 – secondo un consistente indirizzo di questa Corte, cui si intende dare continuità- ha un inequivoco valore transitorio e trova applicazione, non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore,
ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, operando retroattivamente, sia in quanto
introdotto per eliminare una lacuna normativa verificatasi per effetto di una pronuncia di incostituzionalità e
per garantire – oltre che l’interesse del contribuente l’interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei
tributi, sia in considerazione dello stesso tenore testuale dell’esordio dei commi 5 bis e 5 ter (Cass.
2212/11; 16990/12; 8406/13).
3.2.3. Ed è del tutto evidente, stante il riferimento
letterale che l’art. 5 ter opera all’esigenza di assicurare “la necessaria uniformità del sistema di riscossione
mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta
sul valore aggiunto”, che siffatta previsione si applica
anche ai termini di decadenza per la riscossione
dell’IVA.
3.2.4. Ebbene, poiché nel caso di specie si tratta di
omessi versamenti IVA sia periodici che a saldo della dichiarazione relativa all’anno di imposta 1998, presentata
nell’anno 1999 (ovverosia entro il 31.12.01), ed essendo
stata la notifica della cartella esattoriale effettuata
il 3.12.03, ossia entro il 31 dicembre del quinto anno
successivo a quello di presentazione della dichiarazione
(31.12.04), la dedotta decadenza dell’Amministrazione fi-

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di presentazione della dichiarazione.

-9

jjÀ’EiiI ii‘iU jU 1A
,

nanziaria dall’esercizio del potere di riscossione – come
correttamente ritenuto dal giudice di seconde cure – non
può ritenersi verificata nella fattispecie concreta.
4.

Ne

discende

che

il

ricorso proposto

dalla

R.T.I.IGMIl/SEM Società Consortile a r.1., per tutti i
motivi suesposti, non può che essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle
in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al rimborso
delle spese del presente giudizio, che liquida in

e

2.700,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezi ne Tributaria, il 4.11.2013.

spese del giudizio di legittimità, nella misura di cui

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