Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28266 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 11/12/2020), n.28266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6627-2014 proposto da:

EQUITALIA NORD SPA, elettivamente domiciliato, in ROMA, P.ZA

BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO MARIA PAPA

MALATESTA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SIRTE 28,

presso lo studio dell’avvocato SEBASTIANO MARIA ANTONIO CALDERONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO LETO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/2013 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 30/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Equitalia Nord, quale incorporante di Equitalia Esatri s.p.a., ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 152/20/2013, depositata il 30.07.2013 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che, a conferma della decisione di primo grado, aveva accolto l’impugnazione di C.A. avverso la cartella di pagamento dell’importo di Euro 47.783,11 relativa ad Irpef ed Ilor 1997.

Ha rappresentato che la contribuente, a cui era stata notificata la cartella di pagamento il 25 marzo 2004 e il provvedimento di fermo amministrativo di autoveicolo il 2 ottobre 2004, aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione provinciale di Pavia il 25 marzo 2011, ossia ben oltre il termine di gg. 60 dalla notifica della cartella e del fermo.

La C. aveva invece riferito di aver appreso della cartella esattoriale solo in occasione di un accertamento di propria iniziativa su iscrizioni a ruolo a suo carico. Pertanto aveva contestato la mancata notificazione della cartella, la nullità del ruolo per errato calcolo degli interessi di mora, la nullità della pretesa tributaria per aver già pagato con la dichiarazione Modello 1997 i tributi richiesti. Nonostante l’agente della riscossione avesse sollevato eccezione di tardività del ricorso, la Commissione provinciale lo aveva accolto con sentenza n. 237/03/2011, evidenziando che l’esattore non aveva allegato la cartella, ma solo le fotocopie di due relate di notifica della cartella medesima, in violazione dell’obbligo di conservazione quinquennale, prescritto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, comma 4.

L’appello era stato rigettato dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con la sentenza ora al vaglio della Corte. Il giudice di secondo grado ha ritenuto irrilevante l’eccepita tardività del ricorso avverso la cartella, perchè relazionata non alla cartella ma alla conoscenza del fermo amministrativo; inoltre, condividendo il ragionamento del giudice di prime cure, ha considerato insufficiente l’allegazione di mere fotocopie di relate di notifica della cartella e non di quest’ultima.

La ricorrente ha censurato la sentenza con cinque motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 19 e 21, per non aver dichiarato la tardività del ricorso introduttivo del giudizio;

con il secondo per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per vizio di ultrapetizione; per violazione degli artt. 2712 e 2697 c.c., del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 24, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Ha in particolare censurato la pronuncia per non aver tenuto conto che la contribuente non aveva mai sollevato contestazioni sulla fotocopia dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica della cartella, così violando vari principi, pure invocati con il motivo, sulla efficacia probatoria delle riproduzioni di documenti senza che mai fosse stata contestata la conformità di essa all’originale; inoltre per errata interpretazione degli obblighi di conservazione dei documenti, come prescritti dal citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26;

con il terzo per violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 e 2712 c.c., per aver erroneamente negato la valenza probatoria dei fatti dichiarati dall’agente della riscossione;

con il quarto per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente fatto riferimento alle relate di notifica, pur in presenza di notifica eseguita a mezzo posta, per la quale è sufficiente l’avviso di ricevimento dell’atto;

con il quinto per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per non aver tenuto conto della tardività del ricorso, proposto oltre il sessantesimo giorno.

Ha dunque chiesto la cassazione della decisione con pronuncia nel merito.

Si è costituita la contribuente, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, e comunque nel merito il suo rigetto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Esaminando preliminarmente le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla controricorrente, è infondata la prima, con cui la contribuente denuncia il tentativo dell’agente della riscossione di ottenere un terzo grado di merito. I motivi articolati dalla ricorrente attingono questioni di diritto e non certo il fatto. Altrettanto infondata è la seconda eccezione, con la quale si sostiene l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5. Le questioni portate all’attenzione di questa Corte afferiscono all’interpretazione delle norme e dei criteri interpretativi delle prove, non già al fatto, per cui la fattispecie esula dalla cd. doppia conforme. Anche la terza eccezione, con la quale la contribuente sostiene che il giudice d’appello abbia deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, non trova accoglimento, poichè la prospettazione difensiva della controricorrente non coincide con la giurisprudenza formatasi sul punto, come appresso si chiarirà.

Esaminando ora i primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente perchè connessi, con essi si lamenta la violazione di una pluralità di parametri normativi, per non aver dichiarato la tardività del ricorso introduttivo del giudizio, per non aver tenuto conto che la contribuente non aveva mai sollevato contestazioni sulla notifica del fermo, nè sulla fotocopia dell’avviso di ricevimento relativo alla notifica della cartella, per aver ignorato l’efficacia probatoria delle riproduzioni di documenti, peraltro senza che mai fosse stata contestata la conformità di essi all’originale; inoltre per errata interpretazione degli obblighi di conservazione dei documenti.

In sintesi, l’esattore aveva sollevato eccezione di tardività del ricorso introduttivo della contribuente, perchè, se anche vera l’irregolarità della notifica della cartella, avendo comunque ricevuto la notifica del fermo amministrativo, avrebbe dovuto proporre il ricorso avverso la cartella quanto meno nei sessanta giorni dalla notifica del fermo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3. Invece il giudice d’appello ha affermato che “…. poichè l’eccezione di inammissibilità dell’appellante (Equitalia) fa riferimento non alla cartella esattoriale, ma al fermo, ossia ad un mezzo di realizzazione del credito che ha il proprio presupposto proprio nella cartella, è evidente come l’eccezione stessa sia del tutto irrilevante.”. Proseguendo, a proposito della notifica della cartella esattoriale – ritenuta altrettanto regolare da Equitalia -, ha sostenuto che la questione dirimente non era con quali modalità la notifica fosse avvenuta, ma se “l’esattore – a cui incombe il relativo onus probandi – possa limitarsi, come nel caso di specie, a produrre semplici fotocopie di relate di notifica.”.

Ciò chiarito, costituisce intanto principio generale che ove l’opponente intenda contestare il diritto dell’ente impositore o dell’agente di riscossione di agire in executivis, per ragioni riferibili agli atti prodromici dei quali deduce di non essere venuto a conoscenza per omessa o invalida notificazione, deve proporre ricorso al giudice tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, prevedendo, l’art.19, comma 3, che “la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo”. Ne discende peraltro che il ricorso che attinge l’atto prodromico va proposto nel termine di sessanta giorni dalla conoscenza dell’atto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, conoscenza acquisita con la notifica dell’atto successivo.

Pertanto la notifica del fermo amministrativo, conseguente a cartelle esattoriali non pagate, non è irrilevante per il contribuente, perchè è dalla notifica di esso che il contribuente viene anche a conoscenza della cartella di cui ha lamentato l’omessa o irregolare notificazione ed è da quel momento che dunque decorrono i termini per la tempestiva impugnazione della cartella. Le conclusioni opposte cui perviene la Commissione regionale sul punto, oltre che scarsamente perspicue, non sono pertanto coerenti e consequenziali con il dettato normativo e i principi da esso estrapolabili. Già sotto tale profilo la sentenza è errata e va cassata, dovendo dunque il giudice del rinvio rivalutare in che termini la notifica del fermo amministrativo possa aver inciso sulla tempestiva impugnazione della cartella esattoriale, che è l’esclusivo oggetto del contenzioso tributario, di cui è investito questo giudizio sin dalla sua fase introduttiva.

La pronuncia impugnata è peraltro criticata per aver negato efficacia probatoria alle copie (fotocopie), riproduttive degli avvisi di ricevimento delle notifiche afferenti la cartella.

Va innanzitutto sgombrato il campo da un possibile equivoco, ossia che le considerazioni espresse dal giudice regionale riguardino gli avvisi di ricevimento relativi alle notifiche sia della cartella sia del fermo amministrativo. Di quest’ultimo la sentenza d’appello non se ne occupa, se non per affermarne l’irrilevanza rispetto alla notifica della cartella. Ed alla notifica del fermo amministrativo non fa cenno neppure la contribuente, a differenza di quanto pretende di affermare nel controricorso, tant’è che nella memoria difensiva depositata in primo grado, riprodotta nel controricorso in osservanza del principio di autosufficienza, si esplicitano i riferimenti alla cartella ma non al fermo.

Perimetrato l’oggetto della questione controversa, l’esattore si duole dell’errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice regionale nel denunciare l’inefficacia probatoria e dunque l’inutilizzabilità della documentazione allegata in fotocopia, relativa alla prova della notifica della cartella esattoriale. Nel proprio controricorso, a fronte della denuncia di ultrapetizione del ricorrente, la contribuente afferma che nella memoria difensiva prodotta nel giudizio di primo grado quelle fotocopie erano state ritualmente disconosciute.

L’art. 2719 c.c., recita “Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta”. Questa Corte, in merito alla corretta interpretazione degli artt. 2719 e 2712 c.c., ha affermato che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata a pena di inefficacia in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass., 27633/2018; 16557/2019, in questa seconda pronuncia con specifico riferimento al generico disconoscimento delle relate di notifica).

D’altronde si è anche affermato che in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella), e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice, che escluda in concreto l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, in ragione della riscontrata mancanza di tale certificazione, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (Cass., 23902/2017; 24323/2018).

E’ intanto evidente che la contestazione, da parte della difesa della contribuente (e fatta salva ogni riserva sulla tempestività processuale di quelle contestazioni, che non può essere oggetto di accertamento in sede di legittimità), sull’efficacia probatoria dei documenti allegati in fotocopia dall’agente della riscossione, è stata formulata molto genericamente e dunque del tutto incomprensibilmente. Quanto alla motivazione del giudice regionale, essa si è limitata a censurare l’allegazione di documentazione in fotocopia, senza alcun cenno alle ragioni della censura, se non l’obbligo di conservazione quinquennale prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, che tuttavia ha finalità non sovrapponibili all’efficacia probatoria della documentazione in fase contenziosa (e peraltro, va aggiunto, senza che risulti che il giudice o la parte abbiano richiesto all’ente l’esibizione del suddetto materiale e questa ne abbia negato l’esibizione o il deposito).

La motivazione del giudice d’appello risulta incompleta quanto insufficiente e comunque non ha tenuto conto della disciplina e dei principi di diritto appena esplicitati.

I motivi vanno dunque accolti.

I motivi terzo, quarto e quinto restano assorbiti dall’accoglimento del primo e del secondo.

La sentenza va pertanto cassata e il giudizio rinviato alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in altra composizione, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, provvederà a decidere la causa tenendo conto dei principi di diritto enunciati.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza e rinvia il processo alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in altra composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

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