Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28260 del 04/11/2019
Cassazione civile sez. I, 04/11/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 04/11/2019), n.28260
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12477/2018 proposto da:
O.F., elettivamente domiciliato in Roma Viale Carso 23 presso lo
studio dell’avvocato Angelelli Mario Antonio che lo rappresenta e
difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 266/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 15/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
19/09/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. O.F., cittadino turco di etnia curda, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha dichiarato inammissibile per difetto di specificità il gravame dal medesimo proposto avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo: 1) della violazione dell’art. 342 c.p.c., atteso che, contrariamente a quanto ravvisato dal decidente, dall’atto di appello emergevano chiaramente tanto le censure all’ordinanza impugnata quanto gli argomenti ad essa contrapposti, nonchè: 2) del vizio di motivazione apparente, atteso che i motivi, a mezzo dei quali il decidente del grado aveva giudicato inattendibile la genuinità del resoconto di fatto operato dal ricorrente, risultano declinati in modo del tutto apparente.
Non ha svolto attività difensiva l’amministrazione intimata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo è affetto da pregiudiziale inammissibiità, difettando esso di autosufficienza.
Ricordato, in breve, che, secondo una massima consolidata, “ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità” (Cass., Sez. I, 20/09/2006, n. 20405), nella specie va evidenziato che il ricorrente si è astenuto dal riprodurre o di trascrivere nei termini rapportati al giudice d’appello i motivi del gravame, di modo che, essendo il potere della Corte di prendere diretta cognizione degli atti, allorchè sia denunciato un vizio che come quello di che trattasi sia fonte di un error in procedendo, pur sempre condizionato all’assolvimento dell’onere anzidetto, il difetto preclude alla Corte di prendere conoscenza della fondatezza e della veridicità dell’asserzione formulata.
3. Il secondo motivo va invece dichiarato assorbito, in guisa di assorbimento improprio, dal momento che la censura che vi è racchiusa attiene ad una questione logicamente subordinata alla pronuncia di inammissibilità, di modo che, dichiarato inammissibile il relativo motivo di ricorso e rimasta dunque ferma l’adottata statuizione d’appello in parte qua, la cognizione della censura di che trattasi si rivela superflua risultando assorbita per quanto detto.
4. Nulla spese e doppio contributo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019