Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2826 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2010, (ud. 24/11/2009, dep. 09/02/2010), n.2826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1167/2005 proposto da:

SOCIETA’ ITALIANA INDUSTRIA ZUCCHERI SPA IN AMMINISTARZIONE

STRAORDINARIA, in persona dei Commissari Liquidatori pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 77, presso lo

studio dell’avvocato DEL BUFALO PAOLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TALENTI ALFREDO, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 17/2003 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 20/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2009 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato TALENTI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1987 la Società Italiana per la Industria Degli Zuccheri s.p.a. (SIIZ) emetteva nei confronti di Industria Saccarifera Italiana Agroindustriale s.p.a. (ISI) sei fatture, comportanti un addebito di imposta IVA per L. 708.542.544. In relazione alla natura delle operazioni, ed alla esposizione di un credito di imposta da parte della cessionaria ISI, l’Ufficio IVA di Padova accertava che tutte le operazioni fatturate rientravano nella applicazione della imposta di registro, rimanendo escluse dall’IVA. La SIIZ chiedeva quindi il rimborso dell’IVA versata di cui sopra, ed impugnava il silenzio-rifiuto della Amministrazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova, che lo respingeva. L’appello della società avverso la sentenza era dichiarato inammissibile dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, e la Corte di Cassazione, su ricorso di SIIZ, cassava la sentenza con rinvio ad altra sezione della stessa Commissione. Questa, con sentenza n. 17/2003, in data 22-5-2003, depositata in data 20-11-2003, respingeva il gravame. Osservava a tale proposito che alla restituzione della imposta versata da parte del cedente SIIZ era di ostacolo il fatto che la società cessionaria ISI aveva definito la controversia con l’Erario relativa alla esposizione a credito dell’IVA relativa alle predette operazioni, giovandosi del condono di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 44. In tal modo, ad avviso della Commissione, era rimasta impregiudicata la questione della assoggettabilità o meno all’IVA delle operazioni contestate, venendo così a meno la prova dell’indebito pagamento della imposta da parte del cedente, il quale, avendo già esercitato la rivalsa sul cessionario, rimane immune, sempre in forza del ricorso al condono da parte del cessionario, da possibili pretese restitutorie da parte di quest’ultimo. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la SIIZ, con un motivo, successivamente illustrato da memoria. La Agenzia non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17 e 18, e della L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 44, nonchè omessa insufficiente ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn 3 e 5.

Espone che la Commissione è incorsa in errore allorchè ha affermato che il rimborso dell’IVA versata possa essere richiesta anche dal cessionario oltre che dal cedente, e che l’accertamento della natura indebita del versamento di imposta possa essere esclusa dal ricorso del cessionario al condono in relazione alla detrazione dell’I VA operata da quest’ultimo, e ciò per il principio di autonomia dei rapporti sottesi alla operazione soggetta ad IVA. In ordine alla questione di una eventuale perdita dell’Erario in relazione al condono operato dal cessionario, che ha impedito un integrale recupero dell’IVA da questi detratta, in relazione all’ipotesi del rimborso per intero al cedente, la ricorrente osserva che tale effetto non dipende dalla condotta del cedente, ma da una precisa scelta del legislatore, che tramite la legge istitutiva del condono fiscale, ha rinunciato al recupero di parte dei propri crediti. Invoca in proposito il principio di cui alla sentenza di questa Corte n. 12719 del 2004, pronunciata tra le stesse parti (cui deve aggiungersi la cessionaria ISI) su analoga questione afferente una annata diversa.

Il ricorso è fondato.

Come rammentato dalla ricorrente, su analoga questione questa Corte è intervenuta con la sentenza citata.

Occorre premettere, atteso che la questione non è stata ivi considerata, che non può revocarsi in dubbio la non assoggettabilità ad IVA del rapporto in oggetto, in quanto invece assoggettabile alla imposta di registro; ciò indipendentemente dal ricorso di ISI ( che peraltro non è parte del presente procedimento) al condono, ma in forza della non contestazione del punto da parte della Amministrazione Finanziaria, che nei precedenti gradi di giudizio ha dato per ammessa la insussistenza della soggezione del rapporto ad IVA, fondando il rifiuto di rimborso al cedente sul diverso rilievo del mancato parziale recupero della imposta da parte dell’Ufficio a carico del cessionario, quale effetto del condono.

Ciò premesso, come ribadito nella citata sentenza, la Corte ha affermato con giurisprudenza consolidata (v. Cass.6419 del 2003, 12719 del 2004, 12146 del 2009) in ordine ai rapporti che si instaurano in materia di IVA tra il cedente, il cessionario e la Amministrazione finanziaria, la autonomia dei rapporti stessi e la non interferenza reciproca delle azioni che i diversi soggetti sono legittimati ad esercitare in virtù dei diritti da questi derivanti.

In particolare ha affermato che nel caso in cui una operazione sia stata erroneamente assoggettata ad IVA, e risultino conseguentemente privi di titolo sia il pagamento della imposta che la rivalsa nei confronti del cessionario e la detrazione da questi successivamente operata, il cedente ha dritto di richiedere alla Amministrazione il rimborso del tributo corrisposto, ed il cessionario quello di domandare al cedente la restituzione della somma pagata in rivalsa, mentre la Amministrazione ha il potere – dovere di escludere la detrazione della imposta dalla dichiarazione prestata dal cessionario. Da tale accertata autonomia discende, come corollario, che: la amministrazione finanziaria non può opporre la avvenuta rivalsa sul cessionario al cedente che agisca per il rimborso della imposta; il cedente non può opporre il pagamento della imposta alla azione del cessionario nei suoi confronti; il cessionario non può opporre il pagamento della imposta e la rivalsa del cedente alla Amministrazione finanziaria che escluda la detrazione dalla dichiarazione da lui presentata. Tale autonomia, tuttavia, presuppone che rimanga salvo il principio della neutralità dell’IVA, e cioè che sia esclusa la eventualità di una perdita da parte dell’Erario, fatto che può verificarsi quando vi sia una non reversibile utilizzazione da parte del cessionario del credito derivante dalla rivalsa. Tale in linea di fatto parrebbe il caso in questione, in cui effettivamente la Amministrazione finanziaria ha recuperato solo parzialmente la imposta detratta dal cessionario; tale evento tuttavia non esplica effetto alcuno nella presente controversia, in quanto, come già affermato nella sentenza sopracitata, il recupero soltanto parziale della imposta detratta dalla società concessionaria ed il conseguente danno per l’Erario non sono ricollegabili alla condotta della società cedente, bensì alla disposizione contenuta nella L. 30 dicembre 1991, n. 44, art. 44, con la quale lo stato ha consentito la definizione mediante il pagamento di una percentuale della maggiore imposta accertata di ogni controversia in materia di imposta sul valore aggiunto, per la quale alla data di entrata in vigore della legge non fosse intervenuto accertamento definitivo o pronunzia non più impugnabile, rinunciando al recupero di parte dei propri crediti, in caso di presentazione della relativa domanda da parte dei contribuenti.

Peraltro, può osservarsi in via incidentale che a seguito della sentenza C-132/06 in data 17-7- 2008, della Corte di Giustizia della CE, che ha dichiarato la contrarietà al diritto comunitario del condono in materia di Iva di cui alla L. n. 289 del 2002, questa Corte ha ritenuto v. Cass. n. 2069 del 2009, che gli stessi principi siano applicabili anche al precedente provvedimento di condono, sempre in materia si IVA, di cui alla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 44, da ritenersi pertanto anch’esso incompatibile con la normativa CE. Il punto tuttavia non rileva, in quanto esorbita dalla fattispecie considerata, in cui non è parte in causa il soggetto che ha usufruito del condono; rimanendo valida la “ratio” del principio enunciato dalla Corte con la precedente sentenza sopra citata, ovvero che, a prescindere dalla legittimità o meno della normativa di riferimento applicata, la rinuncia al recupero dell’intero credito di IVA nei confronti del cessionario è esclusivamente imputabile ad una rinuncia erariale posta in essere dallo Stato.

Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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