Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28258 del 04/11/2019

Cassazione civile sez. I, 04/11/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 04/11/2019), n.28258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22523/2016 proposto da:

D.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via F.

Corridoni n. 23, presso lo studio dell’avvocato Prastaro Ermanno,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fassetta Bruno,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.E., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dagli avvocati Belletti Caterina e Presot

Lorenzo, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 336/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, del

01/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2019 dal cons. MARULLI MARCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.A. ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’impugnata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Trieste, rigettandone l’appello, ha confermato la decisione di rigetto in prima istanza della domanda della medesima intesa a conseguire il pagamento della metà delle somme impiegate per la costruzione, su un terreno di esclusiva proprietà dell’ex coniuge A.E., con cui era coniugata in regime di comunione legale, della villa destinata ad abitazione familiare.

Il giudice distrettuale, richiamata la giurisprudenza di questa Corte successiva all’arresto delle SS.UU. 651/1996, ha respinto il proposto gravame sull’assunto che “una corretta analisi della motivazione della sentenza delle Sezione Unite… lascia intendere la continuità del principio giurisprudenziale evolutosi nel ventennio successivo, nel senso di ritenere necessaria la prova di aver fornito un sostegno economico alla costruzione”. Nella specie detta condizione non era stata soddisfatta dall’impugnante, che si era difeso argomentando una sorta di automatismo tra acquisto dei materiali ed insorgenza del relativo credito e che in ragione di ciò non solo non si era creduto gravato dell’onere di dover dimostrare il proprio apporto, ma si era pure astenuto dall’allegare la circostanza.

Il mezzo proposto si vale di due motivi di ricorso, cui resiste l’intimato con controricorso. Memorie di entrambe le parti ex art. 380 bis1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo di ricorso, a mezzo del quale la D. lamenta la violazione dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. a), per aver il decidente preteso che l’appellante fornisse prova dell’apporto prestato, quantunque anche alla luce del citato precedente si debba ritenere che i materiali e la manodopera impiegati nella costruzione cadano in comunione, è infondato e va pertanto respinto.

Come anche la deducente mostra di credere è stabile convinzione impostasi nella giurisprudenza di questa Corte di seguito al citato pronunciamento delle SS.UU. – in linea peraltro con l’analogo principio affermatosi prima della riforma del diritto di famiglia in relazione al regime della comunione convenzionale (Cass., Sez. I, 14/06/1966, n. 15450) – che, allorchè per effetto del principio enunciato dall’art. 934 c.c. il coniuge proprietario esclusivo del suolo acquisti la proprietà dell’immobile realizzato su di esso in regime di comunione legale, la tutela del coniuge non proprietario del suolo, opera non sul piano del diritto reale, nel senso che in mancanza di un titolo o di una norma non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria, sulla costruzione, ma sul piano obbligatorio, nel senso che a costui compete un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione (Cass., Sez. I, 9/03/2018, n. 5843; Cass., Sez. II, 3/04/2008, n. 8662; Cass. Sez. I, 22/04/1998, n. 4076). L’assunto si legittima, com’è noto, sul presupposto che il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata e la cui operatività può essere derogata soltanto da una specifica pattuizione tra le parti o da una altrettanto specifica disposizione di legge, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un’apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177 c.c., comma 1, hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale (Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27412; Cass., Sez. II, 8/09/2005, n. 17885; Cass., Sez. II, 11/08/1999, n. 8585).

3. La soggezione della specie in discorso alla disciplina dell’accessione che non è derogata, come visto, da quella in materia di acquisti da parte dei coniugi in regime di comunione legale è foriera, oltre a quella che vede il coniuge non proprietario divenire in dipendenza della costruzione titolare solo di un diritto di credito, anche di un’altra conseguenza. Se, infatti, la sedes materiae cui ricondurre la fattispecie è da individuarsi nell’accessione, l’asse del discorso circa il diritto di credito che compete al coniuge non proprietario si sposta conseguentemente fuori dal perimetro segnato dall’art. 177 c.c. in quanto il diritto di credito del coniuge si sottrae alla disciplina degli acquisti in comunione, sicchè non potrà essere riconosciuto riguardo ad esso alcun automatismo rispetto alla realizzazione dell’opera e la sua dimostrazione non si sottrarrà all’applicazione delle norme comunemente vigenti in materia di onere della prova. E’ questo quanto, proprio per soddisfare le esigenze di chiarificazione rappresentate dal ricorrente, ha inteso enunciare la giurisprudenza più recente di questa Corte riaffermando l’enunciato nomofilattico di cui si è detto per l’innanzi e precisando, in uno con esso, che “al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova d’aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine” (Cass., Sez. 3/07/20:113, n. 16670; Cass., Sez. I, 30/09/2010, n. 20508).

4. Dunque del tutto esattamente il decidente del grado ha respinto ex novo la domanda della D., perchè essendo essa gravata del relativo onere probatorio, non vi ha dato alcun seguito, negando di esservi tenuta in forza di un’errata esegesi del quadro normativo, diversamente dovendo invece ribadirsiil concetto che il coniuge non proprietario, onde veder riconosciuto il proprio diritto di credito, deve darne prova in conformità ai principi regolanti l’onere della prova.

5. Il rigetto del primo motivo di ricorso assorbe e rende superflua la cognizione del secondo motivo logicamente subordinato alla fondatezza del precedente.

6. Le spese seguono la soccombenza.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 5200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2019

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