Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 28256 del 11/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/12/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 11/12/2020), n.28256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8022-2018 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato LUIGI TAMBONE;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3047/2017 della COMM.TRIB.REG. della Sicilia,

SEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il 21/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Riscossione Sicilia S.p.A. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 3047/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, svolgendo due motivi, in controversia riguardante l’impugnazione della cartella di pagamento n. (OMISSIS) per TARSU/TIA (anni di imposta 2010 e 2011) notificata ad A.M.. La contribuente denunciava l’illegittimità dell’atto impositivo, inter alia, per mancata notifica dell’avviso di accertamento presupposto. La Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa con sentenza n. 593/04/2013 accoglieva il ricorso, atteso che Serit Sicilia aveva omesso di chiamare in causa l’Ente creditore che avrebbe dovuto fornire la prova della notifica degli atti di accertamento, sicchè il difetto di tale prova determinava il vizio della procedura di riscossione. Riscossione Sicilia S.p.A. appellava la pronuncia, denunciando che il giudice di prime cure non aveva tenuto conto della domanda proposta in via subordinata nelle controdeduzioni di primo grado, riguardante lo spostamento della prima udienza onde consentire I, chiamata in causa del terzo ente impositore.

La Commissione Tributaria Regionale rigettava l’appello, ritenendo corretta l’omessa concessione del termine per la chiamata in giudizio dell’ente creditore, la cui assenza aveva comportato la mancata prova circa l’effettiva notifica degli atti presupposti all’atto impugnato.

La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 l’invalidità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, dell’art. 156 c.p.c., comma 2, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per manifesta illogicità della motivazione. I giudici di appello entrerebbero in contraddizione, posto che il giudice di primo grado non si sarebbe pronunciato in merito all’istanza per la chiamata in giudizio dell’ente creditore, laddove, facendo specifico riferimento a tale istanza, avrebbero poi smentito l’assunto sostenendo che l’Agente della riscossione aveva omesso di citare il Comune di Siracusa. I giudici del gravame, estrapolando alcune frasi della sentenza di primo grado e non controllando con la dovuta attenzione gli atti di causa, avrebbero formulato una premessa poi sconfessata dalla conclusione finale. Ne consegue che la sentenza impugnata conterrebbe una motivazione solo apparente in quanto fondata su argomentazioni assolutamente illogiche.

2.Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione degli artt. 106 e 269 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23 atteso che i giudici di appello avrebbero dovuto specificare che, in primo grado, non era stato concesso il termine per la chiamata in giudizio dell’ente ereditare poichè il giudice di prime cure non si era pronunciato sull’istanza di evocazione del terzo proposta dal legale del Concessionario.

3. I motivi di ricorso, in quanto inerenti alla medesima questione, vanno trattati congiuntamente.

Le censure sono infondate per i principi di seguito enunciati. 3.1.Secondo l’indirizzo ampiamente condiviso di questa Corte, consolidatosi a seguito della sentenza de le SS.UU. n. 116412 del 2007, il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcune litisconsorzio necessario. Resta peraltro fermo, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa, l’onere per l’agente della riscossione di chiamare in giudizio l’ente impositore, D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39 così da andare indenne dalla eventuale conseguenza della lite. In applicazione di tale principio, si è anche affermato che: “In tema di contenzioso tributario, il contribuente, qualora impugni una cartella esattoriale emessa dall’agente dalla riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore” (Cass. n. 10528 del 2017). E’ stato, altresì, precisato che: “In tema di disciplina della riscossione delle imposte mediante iscrizione nei ruoli, nell’ipotesi di giudizio relativo ai vizi dell’atto afferenti il procedimento di notifica della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra l’Amministrazione finanziaria e il concessionario della riscossione, nè dal lato passivo, spettando la relativa legittimazione all’ente titolare del credito tributario, con onere del concessionario, ove destinatario dell’impugnazione, di chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle conseguenze della lite, nè da quello attivo, dovendosi, peraltro, riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nei diversi gradi del processo tributario”(Cass. n. 8295 del 2018; Cass. n. 9216 del 2018; Cass. n. 14125, del 2016).

In ogni caso, l’avere il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (Cass. n. 9250 del 2019; Cass. n. 13331 del 2013; Cass. n. 1532 del 2012, Cass. n. 22939 del 2007).

3.2.Ciò premesso, tenuto conto che nella fattispecie in esame non sussiste litisconsorzio necessario, va ribadito il principio di diritto secondo il quale: “Nel processo tributario, come in quello civile, la fissazione di una nuova udienza per consentire la citazione di un terzo, chiesta tempestivamente dal convenuto, al di fuori delle ipotesi di litisconsorzio necessario, è discrezionale. Ne consegue che il giudice può, per esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo, rifiutare di fissare una nuova prima udienza per la costituzione del terzo”.

A sostegno dell’assunto, le ulteriori precisazioni espresse da questa Corte, secondo cui: “Nel processo tributario il dovere del concessionario del servizio di riscossione di chiamare in causa l’ente impositore nelle controversie che non riguardano solo la regolarità o la validità degli atti esecutivi, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39 ha natura di “litis denuntiatio”, sicchè non è a tal fine necessaria alcuna autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria” (Cass. n. 16685 del 2019). Secondo questa Corte, la chiamata in causa del terzo, a differenza dell’ordine cli integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., involge valutazioni circa l’opportunità di estendere il contraddittorio ad altro soggetto, è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice cli primo grado, onde il relativo potere, comunque esercitato, in senso positivo o negativo, non può essere oggetto di censura con il mezzo dell’appello o del ricorso per cassazione (Cass. n. 7406 del 2014).

Va, anche precisato, che nella fattispecie la contribuente non ha lamentato che, con la mancata autorizzazione alla chiamata in causa del Comune di Siracusa, sia stato pregiudicato il proprio diritto ad andare indenne dalle conseguenze negative della lite ex art. 39 cit. (in effetti salvaguardato dalla litis denuntiatio), bensì ha denunciato che, in assenza di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo, non è stata Fornita la prova della notificazione dell’atto prodromico; ma tra i due elementi (chiamata in causa e prova della notifica) non vi è relazione necessaria perchè non può certo dirsi che, senza la chiamata in causa, la prova in questione fosse impossibile (art. 24 Cost.); nè questa impossibilità, comunque, risulta essere stata dedotta o comprovata dalla contribuente.

Infine, nella fattispecie, non può neppure configurarsi il vizio di omesso esame della questione come predicato con il secondo mezzo, atteso che la chiamata in causa del terzo è stata implicitamente rigettata dal giudice del merito; oltre al fatto che l’eventuale mancato esame di una questione meramente processuale non può dare luogo al vizio di omesso pronuncia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito, e non può assurgere quindi a causa autonoma di nullità della sentenza “potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, per la violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., in quanto sia errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte” (Cass. n. 7406 del 2014), circostanza non ravvisabile, tenuto conto della insussistenza d i un litisconsorzio necessario.

4.In definitiva, il ricorso va rigettato. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2020

 

 

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