Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2825 del 09/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2010, (ud. 16/11/2009, dep. 09/02/2010), n.2825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del Direttore

in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente principale –

contro

la Fondazione Cassa di risparmio di Pesaro, di seguito “Fondazione”,

in persona del legale rappresentante in carica, signor S.

G., rappresentata e difesa dagli avv. Romagnoli Dario e

Giuseppe Pizzonia, presso il quale e’ elettivamente domiciliata in

Via della Scrofa 57, Roma;

– intimata e controricorrente –

e sul ricorso incidentale rgn 31805/2006, proposto da:

la Fondazione, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

– ricorrente incidentale –

contro

Agenzia, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Ancona 21 ottobre 2005, n. 48/9/05, depositata il 24 ottobre 2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 16

novembre 2009 dal Cons. Dott. Meloncelli Achille;

udito l’avv. Paolo Gentili per l’Agenzia;

udito l’avv. Giuseppe Pizzonia per la Fondazione;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale FEDELI

Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e

per il rigetto di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti introduttivi del giudizio di legittimita’.

1.1. Il ricorso principale dell’Agenzia.

1.1.1. Il 5 ottobre 2006 e’ notificato alla Fondazione un ricorso dell’Agenzia per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto l’appello dell’Ufficio di Pesaro dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pesaro n. 364/04/2002, che aveva accolto il ricorso della Fondazione contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) dell’Irpeg 1994 – 1995 e 1995 – 1996.

1.1.2. Il ricorso per Cassazione dell’Agenzia e’ sostenuto con tre motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 447.865,97, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese processuali.

1.2. Il ricorso incidentale della Fondazione.

Il 13 novembre 2006 e’ notificato all’Agenzia, ricorrente principale, un documento incorporante il controricorso al ricorso principale e un ricorso incidentale condizionato, sostenuto con due motivi d’impugnazione, della Fondazione, che conclude per l’inammissibilita’ o per il rigetto del ricorso principale, per l’accoglimento di quello incidentale e per l’adozione di ogni statuizione consequenziale, anche in ordine alle spese di giudizio.

1.3. Il controricorso dell’Agenzia al ricorso incidentale della Fondazione.

Il 1 dicembre 2006 e’ notificato alla Fondazione, ricorrente incidentale, il controricorso dell’Agenzia, che conclude per l’inammissibilita’ o per il rigetto del ricorso incidentale, con ogni consequenziale provvedimento e con vittoria di spese processuali.

1.4. Le memorie.

La Fondazione integra i suoi atti con una memoria.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) l’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Pesaro adotta un avviso di accertamento, con il quale non riconosce la spettanza dell’agevolazione dell’aliquota dimezzata del 18,5% sull’Irpeg per gli anni 1994 – 1995 e 1995 – 1996, applicata dalla Fondazione in sede di dichiarazione dei redditi;

b) il ricorso della Fondazione e’ accolto dalla CTP di Pesaro;

c) l’appello dell’Ufficio e’, poi, respinto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per Cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per Cassazione, e’ cosi’ motivata:

a) la CTR osserva preliminarmente di essersi “gia’ pronunciata… con sentenza n. 97/9/99… del 2.7.1999, allorquando, esaminando la medesima questione riguardante la Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, venne accolta la tesi della stessa Fondazione, confutando il parere n. 103/95 espresso sul punto dal Consiglio di Stato in data 24.10.1995 sul quale si basava la Circolare ministeriale n. 238 del Servizio 6^ – Div. 13^ in data 4.12.96, ambedue richiamate nell’appello dell’ufficio…. Si confermano nel merito le motivazioni che questa Sezione pose alla base della sentenza favorevole alla Fondazione”;

b) la CTR aggiunge, poi, che “nel caso di specie esistono almeno altri tre validi motivi che avvalorano quella decisione e sono:

1. il fatto che sullo stesso argomento oggi in trattazione, ancorche’ riferito al provvedimento di diniego dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte per i dividendi dell’anno 1996, sia intervenuto giudicato, il che comporta che se le sentenze passate in giudicato riconoscono all’odierna appellata l’esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi, per effetto dell’estensione del giudicato, l’Ufficio non puo’ piu’ esercitare alcuna forma di sindacato relativamente al presente rapporto…;

2. l’emanazione del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153…ha natura interpretativa rispetto alla Legge madre….” e, quindi, alle fondazioni si applica il regime previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6. “Da cio’ emerge come l’agevolazione prevista dall’art. 6 non sia stata introdotta “ex novo” dal D.Lgs in esame, che ha solo chiarito qualcosa che gia’ spettava alle Fondazioni”;

“3. la sentenza della Sezione 5^ della Corte di Cassazione n. 6607 pronunciata il 9.5.2002 che sancisce definitivamente… il diritto della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro ad usufruire del beneficio della riduzione dell’aliquota IRPEG previsto dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6…”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Riunione preliminare dei ricorsi, principale ed incidentale.

I due ricorsi, principale ed incidentale, sono proposti contro la medesima sentenza e devono, pertanto, esser riuniti ex art. 335 c.p.c..

5. L’eccezione pregiudiziale d’improcedibilita’ del ricorso principale dell’Agenzia.

5.1. La posizione assunta dalla Fondazione.

5.1.1. Secondo la Fondazione resistente il ricorso dell’Agenzia sarebbe improcedibile per violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, perche’ essa non avrebbe depositato gli atti e i documenti sui quali si fonda il ricorso.

5.1.2. L’Agenzia non avrebbe allegato neppure la sentenza 13 aprile 1999, n. 627/03/98, della CTP di Ancona, che sarebbe passata in giudicato e con la quale sarebbe stato accolto il ricorso della fondazione sull’applicabilita’ della L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis relativamente agli anni 1996 e 1997 (pagina 11 – 12 del controricorso e pag. 1 – 2 e 10 – 11 della memoria della Fondazione).

5.2. La valutazione della Corte dell’eccezione d’improcedibilita’ 5.2.1. Con riguardo alla prima parte della denuncia (5.1.1), l’eccezione e’ priva di fondamento, perche’, come si vedra’ nell’esame dei singoli motivi di ricorso, le censure proposte dall’Agenzia possono essere valutate senza la consultazione di documenti da depositare ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, i quali, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, sono documenti diversi da quelli contenuti nel fascicolo d’ufficio, che sono oggetto della richiesta di trasmissione da rivolgere, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3 alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. In questo senso v., da ultimo, per tutte, la sentenza delle Sezioni unite 14 ottobre 2009, n. 21747, che, pur riferendosi a fattispecie del tutto diversa, afferma che l’onere di depositare documenti ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, opera quando non si possa considerare “sufficiente… la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del giudizio di merito”, per ritenere fondato il motivo di ricorso.

Piu’ in generale, la sufficienza documentale del ricorso per Cassazione puo’ articolarsi secondo tre livelli diversi, che sono dati dal ricorso in se’, dal ricorso integrato documentalmente dal fascicolo d’ufficio ex art. 369 c.p.c., comma 3 e, infine, dal ricorso integrato documentalmente dal fascicolo d’ufficio ex art. 369 c.p.c., comma 3 e dai documenti ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Lo si desume dalle sentenze di questa Corte, nelle quali si afferma che la mancata trasmissione del fascicolo d’ufficio o, addirittura, la mancata richiesta della trasmissione del fascicolo d’ufficio o il mancato deposito di tale richiesta, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3 “non determina l’improcedibilita’ del ricorso nell’ipotesi in cui, nonostante l’indisponibilita’ dell’anzidetto fascicolo, risultino certi i termini della controversia, sulla base degli atti di parte… e delle rispettive produzioni” (Corte di Cassazione:

Sezioni unite, 21 settembre 2006, n. 20504, e Sezioni unite 24 novembre 1994, n. 764).

5.2.2. Quanto alla seconda denuncia, cioe’ quella sintetizzata nel 5.1.2, il richiamo alla sentenza 13 aprile 1999, n. 627/03/98, della CTP di Ancona, come sentenza che sarebbe passata in giudicato per il 1996 – 1997, e’ del tutto irrilevante, perche’, a parte il fatto che di essa si parla per la prima volta in sede di resistenza della Fondazione in sede di legittimita’, nella presente controversia si discute dell’Irpeg 1994 – 1995 e 1995 – 1996 e, per le ragioni che emergeranno dall’esame del terzo motivo del ricorso principale, l’oggetto dell’imposta esclude che le eventuali decisioni relative ad un periodo possano valere anche per altri periodi.

6. Esame preliminare del primo motivo del ricorso incidentale relativo ad un’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso principale dell’Agenzia. La Fondazione, che e’ risultata pienamente vittoriosa in appello, solleva, con il suo primo motivo di ricorso incidentale, una questione pregiudiziale di rito, rilevabile d’ufficio, il riconoscimento della cui eventuale fondatezza determinerebbe l’assorbimento dei motivi del ricorso principale dell’Agenzia. Esso, quindi, dev’essere esaminato prima che si analizzi il merito del ricorso principale. In questo senso, Corte di Cassazione, Sezioni unite, 25 maggio 2001, n. 226).

6.1. La censura proposta con il primo motivo d’impugnazione del ricorso incidentale della Fondazione.

6.1.1. La rubrica del primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione e’ collocato sotto la seguente rubrica: “Inammissibilita’ dell’appello dell’Ufficio, dato che (1) da una parte reca(va) una censura inconferente della motivazione della sentenza di primo grado e (2) dall’altra parte non censura(va) nel merito la sentenza di primo grado, ma si e’ limitato ad esporre l’evoluzione giurisprudenziale sull’argomento, menzionando pedissequamente stralci di un’ordinanza della Corte di Cassazione.

Illegittimita’ della sentenza di secondo grado per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

6.1.2. La motivazione addotta a sostegno del primo motivo d’impugnazione.

La Fondazione lamenta che la CTR, prima ancora di respingere l’appello, non ne abbia verificato l’ammissibilita’ sotto il profilo della specificita’ dei motivi d’impugnazione. Infatti, nel caso in esame, “l’Ufficio avrebbe dovuto… censurare puntualmente la sentenza di primo grado, solo formalmente impugnata, precisando ed argomentando (1) i motivi (contrari a quelli desumibili dalla sentenza) per cui alle Fondazioni bancarie non sarebbe applicabile il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6…; (2) i motivi per i quali il D.Lgs. 153 del 1999, art. 12… non potrebbe attribuirsi natura interpretativa. Invece, l’Ufficio non ha fatto altro che proporre soltanto una generica ed inconsistente doglianza sul presunto difetto di motivazione della sentenza, mentre, nel merito, si e’ limitato a citare alcune sentenze e riportare pedissequamente il testo di un’ordinanza della Corte di Cassazione. Sostiene, infatti, che “non e’ dato comprendere quale sia il percorso logico che abbia spinto il Collegio giudicante ad una simile affermazione (la natura non commerciale delle fondazioni e la natura interpretativa del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, art. 12) e che, quindi, risulta “evidente la insufficienza e carenza di motivazione”. Si riporta, quindi, testualmente una lunga parte della sentenza di primo grado, che non sarebbe specificamente censurata dal riprodotto motivo d’appello. Sul punto la CTR non si sarebbe pronunciata in violazione dell’art. 112 c.p.c..

6.1.3. La norma di diritto indicata dal ricorrente.

La ricorrente Fondazione indica, come norma fondate il suo motivo, quella secondo cui il giudice deve pronunciarsi su tutta la domanda.

6.2. La valutazione della Corte del primo motivo d’impugnazione del ricorso incidentale della Fondazione.

Dall’esame degli atti di causa, cui la Corte puo’ accedere per la natura processuale della questione sollevata, risulta che la sentenza della CTP di Pesaro 6 dicembre 2002, n. 364/4/02, ha articolato la sua motivazione in due parti: nella prima ha ritenuto che, in base al D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153, e al D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, art. 11, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6 si applichi alle fondazioni bancarie; nella seconda parte ha menzionato, a conferma della sua interpretazione, quella fornita dalla sentenza della Corte di Cassazione 9 maggio 2002, n. 6607.

La seconda serie di rilevazioni riguarda l’appello dell’Ufficio di Pesaro, il quale ha suddiviso l’atto d’impugnazione in due parti, denominate rispettivamente A) e B), corrispondenti puntualmente alla due argomentazioni utilizzate dalla sentenza di primo grado: con la prima di esse si contesta l’interpretazione normativa adottata dalla CTP in tema di esenzione dall’IRPEG delle fondazioni bancarie e con la seconda si forniscono indicazioni sull’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione successiva alla sentenza del 2002, menzionata dalla CTP, e favorevole alla sua tesi.

Ne consegue che il primo motivo del ricorso incidentale e’ manifestamente infondato e che si puo’, quindi, procedere all’esame nel merito del ricorso principale dell’Agenzia.

1. Il ricorso principale dell’Agenzia.

7. Il primo motivo d’impugnazione del ricorso principale dell’Agenzia.

7.1. La censura proposta con il primo motivo d’impugnazione.

La rubrica del primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione e’ preannunciato dalla seguente rubrica, “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.; degli artt. 39 e 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

7.1.2. La motivazione addotta a sostegno del primo motivo d’impugnazione.

In via preliminare l’Agenzia osserva che il riferimento della CTR ad un provvedimento di diniego evidenzierebbe “l’erroneita’ della sentenza che si e’ fondata su presupposti di fatto relativi ad altra e diversa fattispecie”. Infatti, “il giudicato cui si fa riferimento nella decisione e’ la sentenza n. 627/03/98 avente ad oggetto una nota inviata da parte della Direzione Regionale delle Entrate delle Marche con la quale la Fondazione veniva informata che l’istanza di esenzione dalla ritenuta sui dividendi da corrispondere per l’esercizio 1996 non veniva accolta. Con successiva nota la Fondazione e’ stata notiziata che la suddetta nota, inviata a semplice titolo di comunicazione ed a cortese risposta alla istanza, non puo’ ne’ deve essere considerata quale atto impositivo suscettibile di specifica impugnativa; ed invero il provvedimento ufficiale di rigetto, avverso il quale dovra’ essere instaurato il procedimento contenzioso e’ proprio e solamente quello notificato dall’Ufficio Imposte Dirette. Nonostante tale chiarimento la Fondazione insisteva nell’impugnazione della comunicazione inoltrata dalla Direzione Regionale e la relativa vertenza si e’ conclusa con la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Ancona n. 627/03/98 che ha annullato l’atto impugnato. Avverso tale decisione e’ stato proposto ricorso in Cassazione, che e’ attualmente pendente dinanzi la Suprema Corte con R.G. 10039/04. Entrambe le vertenze sopra evidenziate riguardano la problematica dell’esonero dalla ritenuta sui dividendi prevista dalla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis. La presente controversia, invece, riguarda il recupero di IRPEG dovuta per non spettanza della riduzione a meta’ prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 6. Il giudicato, cui erroneamente fanno riferimento i giudici della C.T.R., non e’ quindi invocabile nella fattispecie in esame, in quanto la questione e’ oggettivamente e soggettivamente diversa da quella oggetto del presente giudizio…”.

7.1.3. La norma di diritto indicata dal ricorrente.

La ricorrente indica, come norma fondante il suo motivo, quella secondo la quale la sentenza passata in giudicato produce effetti che si estendono solo ai rapporti giuridici identici soggettivamente ed oggettivamente a quello oggetto della sentenza.

7.2. La valutazione della Corte del primo motivo d’impugnazione.

La motivazione addotta dall’Agenzia a sostegno del suo ricorso fa riferimento ad una serie di dati irrilevanti ai fini della decisione, mentre risulta determinante la contestazione, contenuta nell’ultimo capoverso che s’e’ testualmente riprodotto nel par. 7.1.2, secondo cui il giudicato cui fa riferimento il giudice d’appello nella sua sentenza, qui testualmente riprodotto nel par. 3b).1, ha un oggetto diverso da quello della presente causa. Infatti, a parte il fatto che la CTR non menziona in alcun modo gli estremi di identificazione della sentenza che sarebbe passata in giudicato per il 1996, qui si discute dei periodi d’imposta relativi agli esercizi 1994 – 1995 e 1995 – 1996. Ora, in materia d’imposte sul reddito non e’ consentito estendere genericamente ed automaticamente il giudicato formatosi sul rapporto relativo ad un anno a quello relativo ad un altro anno, senza una specifica analisi e senza una specifica dimostrazione dei presupposti identitari per tale estensione. Vale, in proposito, il principio di diritto fissato dalla sentenza 18 giugno 2007, n. 14087, di questa Corte, secondo cui, “affinche’ una lite possa dirsi coperta dall’efficacia di giudicato di una precedente sentenza resa tra le stesse parti e’ necessario che il giudizio introdotto per secondo investa il medesimo rapporto giuridico che ha gia’ formato oggetto del primo; in difetto di tale presupposto, nulla rileva la circostanza che la seconda lite richieda accertamenti di fatto gia’ compiuti nel corso della prima, in quanto l’efficacia oggettiva del giudicato non puo’ mai investire singole questioni di fatto o di diritto”. Nel caso di specie, da un lato, si desume dall’ultima riga del frontespizio della sentenza d’appello che il rapporto giuridico controverso e’ quello relativo alle imposte sui redditi del 1994 e dalla quarta riga della seconda pagina che si controverte intorno agli anni 1994 – 1995 e 1995 – 1996, e, dall’altro, che nella stessa sentenza si estende ai periodi d’imposta relativi agli esercizi precedenti quel che si sarebbe stabilito per il 1996 (pagina 3, righe 9 – 10, della sentenza d’appello). Nulla si dice, dunque, della struttura sentenza che sarebbe passata in giudicato e nulla si indica intorno alla struttura dei due rapporti collegati in giudicato.

In conclusione, il primo motivo e’ fondato.

8. Il secondo motivo d’impugnazione.

8.1. La censura proposta con il secondo motivo d’impugnazione.

8.1.1. La rubrica del secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione e’ posto sotto la seguente rubrica:

“Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6 e dell’art. 12 disp. gen.; falsa applicazione del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 1; omessa motivazione su un punto decisivo prospettato dalle parti; in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.

8.1.2. La motivazione addotta a sostegno del secondo motivo d’impugnazione.

Secondo l’Agenzia sarebbe erronea la riconduzione, operata dalla CTR, della Fondazione tra i soggetti destinatari del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 6, comma 1 perche’ la mancanza di un fine di lucro dovrebbe intendersi riferita agli istituti di istruzione, di studio e di sperimentazione e non anche alle fondazioni, che, insieme a corpi scientifici, accademie e associazioni storiche, letterarie e scientifiche, sono state individuate dalla legge attraverso la comune caratteristica degli “scopi esclusivamente culturali” perseguiti.

“Non solo, dunque, deve imputarsi al giudice tributario un’inesatta riduzione dei fini agevolati a quelli “non lucrativi” in genere, ma deve altresi’ contestarsi la legittimita’ dell’operato ricorso ad una sorta di interpretazione estensiva attraverso la quale la sentenza impugnata ha finito del tutto arbitrariamente col trascurare i requisiti specifici, ovverosia l’esclusivita’ degli scopi culturali, a cui la norma fiscale in rassegna ha inteso condizionare l’ammissione delle fondazioni alla agevolazione”.

Inoltre, “nella sentenza di merito risulta essere stata del tutto omessa ogni indagine e motivazione sui fini propri della Fondazione… A ben vedere,… la Fondazione persegue fini di interesse sociale solo prevalentemente in settori di interesse pubblico e di utilita’ sociale…”, come si trarrebbe “puntuale conferma nell’art. 2 dei vari Statuti delle Fondazioni bancarie…”.

8.1.3. la norma di diritto indicata dal ricorrente.

La norma giuridica sulla quale, secondo la ricorrente Agenzia, si fonderebbe il suo motivo e’ quella, secondo la quale la Fondazione bancaria non e’ esente da irpeg e non e’ esente dalla ritenuta sugli utili.

8.2. La valutazione della Corte del secondo motivo d’impugnazione.

Con il secondo motivo si censura quel capo della sentenza d’appello che s’e’ qui riprodotto nel par. 3.b).2. Per la valutazione della sua (infondatezza si deve tener conto delle disposizioni normative qui di seguito elencate.

La L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis, comma 1 nel testo aggiunto dal D.L. 21 febbraio 1967, n. 22, conv. in L. 21 aprile 1967, n. 209, prevede che “Gli utili spettanti a… fondazioni, esenti dall’imposta sulle societa’, che hanno esclusivamente scopo di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica sono esonerati dalla ritenuta prevista dall’art. 10 della presente legge,…”.

La L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 nel testo sostituito dalla L. 21 aprile 1967, n. 209, art. 1, e’ cosi’ formulato: “Sugli utili… spettanti ad organizzazioni di persone o di beni non soggette all’imposta sulle societa’ ed a soggetti tassabili in base al bilancio esenti dall’imposta sulle societa’ si applica, in luogo della ritenuta a titolo di acconto prevista dall’art. 1, una ritenuta a titolo di imposta nella misura del trenta per cento”.

Se ne deduce che il presupposto per l’esonero di una fondazione dalla ritenuta sugli utili e’ che essa abbia scopo di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica, cioe’ che essa sia un soggetto della specie del genere che e’ destinatario del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6 nel testo introdotto dapprima dal D.L. 28 aprile 1993, n. 131, art. 66, comma 6 (non convertito), dal D.L. 30 giugno 1993, n. 213, art. 66, comma 8 (non convertito), e, infine, dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 8 convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427, secondo il quale “L’imposta sul reddito delle persone giuridiche e’ ridotta alla meta’ nei confronti dei seguenti soggetti:… b)… fondazioni aventi scopi esclusivamente culturali;…”.

Con riguardo alle fondazioni bancarie, la giurisprudenza di legittimita’, dopo un primo orientamento favorevole al loro inserimento nel genere delle fondazioni aventi scopi esclusivamente culturali (Corte di Cassazione: 9 maggio 2002, n. 6607; 17 dicembre 2003, n. 19365), si e’ stabilizzata sulle posizioni espresse nelle seguenti sentenze:

a) “In tema di IRPEG, il riconoscimento in favore delle fondazioni bancarie dell’esenzione dalla ritenuta d’acconto sui dividendi da partecipazioni azionarie, prevista dalla L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis (introdotto dal D.L. 21 febbraio 1967, n. 22, art. 6 convertito in L. 21 aprile 1967, n. 209), e’ subordinato alla prova, posta a carico del soggetto che invoca l’agevolazione, dell’effettivo perseguimento in via esclusiva di scopi di beneficenza, educazione, studio e ricerca scientifica, rispetto ai quali la gestione di partecipazioni nelle imprese bancarie assuma un ruolo non prevalente e comunque strumentale alla provvista delle necessarie risorse economiche. In tale prospettiva, non puo’ attribuirsi portata determinante alle trasformazioni disposte dalla L. 30 luglio 1990, n. 218 e dal D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 356, tenuto conto del perdurare nel nuovo regime di un collegamento genetico e funzionale tra fondazioni ed imprese bancarie, dovendosi invece conferire rilievo, indipendentemente dal possesso di partecipazioni azionarie di controllo (anche per il tramite di societa’ finanziarie), all’eventuale stipulazione di patti parasociali idonei a consentire, anche congiuntamente ad altri soggetti, l’esercizio di un’influenza sulla gestione dell’impresa bancaria, nonche’ allo svolgimento di attivita’ economica, anche non caratterizzata da scopo di lucro. L’accertamento di tali elementi, che consentono di qualificare l’attivita’ della fondazione come esercizio d’impresa, conformemente alla nozione elaborata dalla giurisprudenza comunitaria, impone al giudice di disapplicare l’art. 10 bis cit., ponendosi l’agevolazione da esso prevista come misura fiscale selettiva che, in quanto potenzialmente idonea ad influire sugli scambi e ad alterare la concorrenza, viene a configurarsi come aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune” Corte di Cassazione, SU, 29 dicembre 2006, n. 27619);

b) “In tema di IRPEG, ai fini del riconoscimento in favore delle fondazioni bancarie del beneficio della riduzione a meta’ dell’aliquota, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6 e’ necessario che tale agevolazione non venga in concreto ad assumere la valenza di un aiuto di Stato, lesivo del principio comunitario di concorrenza: a tal fine, occorre accertare che l’attivita’ della fondazione non presenti i connotati dell’azione imprenditoriale, i quali possono sussistere anche in mancanza del fine di lucro e pur nella dimostrata destinazione dei profitti, in parte o nel loro intero ammontare, al raggiungimento di scopi di utilita’ sociale, restando escluso il carattere d’impresa commerciale solo dalla previsione, statutaria o legale, dell’esclusivita’ dei predetti scopi, e dalla dimostrazione che tali attivita’ siano state effettivamente svolte e che la fondazione non abbia alcuna possibilita’ d’influire, quale azionista maggioritario o non maggioritario o in virtu’ di accordi parasociali o di patti di sindacato, sulla gestione della banca conferitaria o di altre imprese da essa partecipate” (Corte di Cassazione 12 marzo 2007, n. 5740).

c) “in tema di IRPEG, il diniego dell’Amministrazione finanziaria di riconoscere ad una fondazione bancaria l’esenzione dalla ritenuta d’acconto sui dividendi da partecipazioni azionarie, prevista dalla L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis (introdotto dal D.L. 21 febbraio 1967, n. 22, art. 6, convertito in L. 21 aprile 1967, n. 209), ancorche’ fondato sull’astratta impossibilita’ di annoverare l’ente tra i soggetti dediti in via esclusiva al perseguimento di scopi di beneficenza, educazione, studio e ricerca scientifica, non dispensa la fondazione dall’onere di allegare e provare, in sede d’impugnazione, che i compiti culturali ed assistenziali da essa svolti in concreto hanno carattere preminente rispetto alla gestione della partecipazione nell’impresa bancaria: il carattere impugnatorio del giudizio che s’instaura nell’ipotesi di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, lett. h, non fa venir meno, infatti, l’onere di allegare e provare i presupposti dell’agevolazione” (Corte di cassazione 11 giugno 2007, n. 13559).

In conclusione, vige la seguente norma giuridica: “Le esenzioni tributarie previste dalla L. 29 dicembre 1962, n. 1745, art. 10 bis nel testo aggiunto dal D.L. 21 febbraio 1967, n. 22, conv. in L. 21 aprile 1967, n. 209, e dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, sono riconosciute alla Fondazione che provi l’effettivo perseguimento in via esclusiva di scopi di beneficenza, educazione, studio e ricerca scientifica e la sua estraneita’ alla gestione della banca conferitaria o di altre imprese da essa partecipate”.

Poiche’ nel caso di specie non risulta che la Fondazione abbia mai fornito la prova dei fatti indicati nella norma giuridica da applicare, essa non ha diritto alle esenzioni tributarie previste dalle disposizioni normative indicate nel capoverso precedente.

In conclusione, il secondo motivo d’impugnazione e’ fondato.

9. L’assorbimento del terzo motivo d’impugnazione La riconosciuta fondatezza del secondo motivo d’impugnazione rende inutile esaminare il terzo motivo d’impugnazione con il quale si denuncia la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 Trattato CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e che resta, percio’, assorbito.

2. Il ricorso incidentale della Fondazione.

10. Il secondo motivo del ricorso incidentale della Fondazione.

10.1. La censura proposta con il secondo motivo d’impugnazione.

10.1.1. La rubrica del secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione, e’ collocato sotto la seguente rubrica: “Illegittimita’ dell’atto impositivo nella parte in cui reca l’irrogazione delle sanzioni”.

10.1.2. La motivazione addotta a sostegno del secondo motivo d’impugnazione.

Secondo la Fondazione sarebbe evidente che “nel caso in esame ricorrono le condizioni di obiettiva incertezza in ordine al regime impositivo vigente per gli enti Fondazioni Casse di Risparmio” e che essa “verrebbe determinata – oltre che dal testo delle norme fiscali sostanziali, per la cui interpretazione lo stesso Ministero delle finanze si e’ avvalso del parere del Consiglio di Stato – proprio dal comportamento tenuto dall’Amministrazione finanziaria che… ha inizialmente concedo alla Fondazione l’esenzione dalla ritenuta sui dividendi, ma poi ha negato la spettanza dell’agevolazione prevista dall’art. 6…”.

10.1.3. La norma di diritto indicata dal ricorrente.

Le norme, indicate ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dalla Fondazione ricorrente sono quelle estraibili, in negativo, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46, comma 1 e, in positivo, dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 2 e dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 secondo cui l’illecito tributario non e’ sanzionato quando esso e’ determinato da un’incertezza normativa oggettiva.

10.2. La valutazione della Corte del quarto motivo d’impugnazione.

Il motivo e’ inammissibile per inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, perche’ non si riproducono in esso testualmente quelle parti degli atti processuali di merito, dalle quali risulti che le due questioni relative al principio di legalita’ delle sanzioni tributarie e dell’incertezza normativa oggettiva sono state proposte dalla parte interessata sin dall’introduzione del processo tributario. In mancanza di tali indicazioni, le censure sono da considerare inammissibili per novita’.

11. Conclusioni.

11.1. Sui ricorsi.

Le precedenti considerazioni comportano che debba essere accolto il ricorso principale dell’Agenzia e debba essere rigettato quello incidentale della Fondazione; conseguentemente dev’essere cassata la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto.

Inoltre, poiche’ per la risoluzione della controversia non si richiedono ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo della Fondazione.

11.2. Sulle spese processuali.

Quanto alle spese processuali, le si compensano tra le parti a causa delle incertezze giurisprudenziali sulla normativa in tema di agevolazioni alle fondazioni bancarie.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale dell’Agenzia e rigetta quello incidentale della fondazione, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della Fondazione. Sono compensate tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2010

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