Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2825 del 07/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2825 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 10460-2008 proposto da:
SOCIETA’ DI PALMA E C. DI MAURIZIO DI PALMA S.N.C.
(02973390582), in persona del legale rappresentante sig.
MAURIZIO DI PALMA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.
BERTOLONI 19, presso lo studio dell’avvocato FARENGA LUIGI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PALLOTTA
MANUELA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
50,5

AXA ASSICURAZIONI S.P.A. (00902170018), in persona del Dr.

.93 3

MAURIZIO RAINO’, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

0

OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MASSANO MARIO, che
la rappresenta e difende giusta delega in atti;
controrícorrente nonchè contro
CISCAT-CONSORZIO ITALIANO SERVIZI COOP. AUSILIARI TRAFFICO;
– intimato 1

Data pubblicazione: 07/02/2014

avverso la sentenza n. 4621/2007 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata 1’08/11/2007, R.G.N. 5547/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato MARCO CRISPO per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. AURELIO GOLIA, che ha concluso per il rigetto del

RITENUTO IN FATTO
l. – Il Consorzio CISCAT conveniva in giudizio la
società Di Palma & C. s.n.c., titolare dell’autorimessa nella
quale si trovava l’autovettura Mecedes Benz di proprietà di
essa parte attrice, per sentirla condannare al risarcimento
dei danni patiti per il furto di detta auto a causa
dell’omessa custodia.
2. – Il Tribunale di Roma, con sentenza del 27 marzo
2003, in accoglimento della pretesa attorea, condannava la Di
Palma s.n.c. al risarcimento dei danni, da liquidarsi nel
prosieguo di giudizio, altresì condannando l’Axa
Assicurazioni S.p.A., chiamata in causa dalla società
convenuta a titolo di garanzia, a rivalere la soccombente di
tutte le somme che sarebbero risultate dovute alla parte
attrice danneggiata.
2. – Il gravame con cui l’Axa Assicurazioni S.p.A.
chiedeva che l’obbligo di garanzia fosse contenuto nei limiti
del massimale (euro 413,17) veniva accolto dalla Corte di
appello di Roma, che, con sentenza resa pubblica 1’8 novembre
2007, riformava in tal senso la decisione di primo grado.
2.1. – La Corte territoriale osservava, anzitutto, che
dall’istruttoria non era emerso quali fossero state le
modalità del furto, sebbene questo fosse stato sicuramente
perpetrato all’interno dell’autorimessa della società
convenuta, dotata di citofoni, cancelli e sbarra di ingresso,
nonché sorvegliata, giorno e notte, da custodi, che
riconsegnavano le autovetture solo alle persone conosciute.
2

ricorso.

Sicché, il furto era “avvenuto senza che nessuno dei custodi
si avvedesse di alcunché e senza che i meccanismi automatici
di protezione segnalassero alcuna effrazione”.
Il giudice di gravame ‘escludeva, quindi, che la società
Di Palma avesse fornito prova che l’evento-furto rientrasse
nei limiti del rischio assicurato come circoscritto dall’art.
9 del contratto di polizza, né che “l’elusione

garage”, potesse integrare ipotesi di dolo o colpa grave ai
sensi dell’art. 1900, secondo comma, cod. civ.
La Corte territoriale riteneva, invece che, “in
considerazione delle misure di sicurezza esistente
nell’autorimessa (quali custodi, cancelli, sbarra e segnale
acustico)”, il furto era da ascrivere a “speciale abilità e
destrezza tali da ingannare la buona fede dei custodi”, ciò
integrando l’ipotesi contrattuale (lettera “C” della sezione
speciale Furto), che prevedeva un indennizzo massimo di lire
1.000.000, con franchigia di lire 200.000.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la
società Di Palma e C. di Maurizio Di Palma s.n.c., affidando
le sorti dell’impugnazione a due motivi, illustrati da
memoria.
Resiste con controricorso l’Axa Assicurazioni S.p.A.,
mentre non ha svolto attività difensiva il Consorzio CISCAT.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., insufficiente e
contraddittoria motivazione sulla “valutazione del fatto
(dinamica del furto)”.
La Corte territoriale sarebbe incorsa in vizio
motivazionale avendo affermato, per un verso, che non vi
erano elementi in ordine alle modalità del furto della
vettura nell’autorimessa e, per altro verso, che questo,
sebbene la sua dinamica fosse ignota, si sarebbe verificato
con destrezza, senza neppure indicare, però, quel quid pluris
3

dell’attenzione del derubato, o meglio dei custodi del

che avrebbe connotato in tal senso l’attività di sottrazione
4

ed impossessamento del bene.
Si chiede, quindi, la cassazione della sentenza per
insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto
decisivo del giudizio, “in quanto si è ritenuto trattarsi di
furto con destrezza senza che sia stata individuata alcuna
prova a sostegno della tesi né sia stata fornita alcuna

1.1. – Il motivo è inammissibile.
Esso non solo non è assistito da quesito “di fatto” (o
altrimenti detto “di sintesi”) che, alla luce del diritto
vivente (tra le altre, Cass., 16 luglio 2007, n. 16002;
Cass., sez. un., 1 ° ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255)),
deve essere necessario corredo, ai sensi del capoverso
dell’art. 366-bis cod. proc. civ. (applicabile

ratione

temporis per essere la sentenza impugnata stata pubblicata
l’8 novembre 2007), della denuncia di un vizio di motivazione
ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., ma anche
perché difetta del presupposto interesse all’impugnazione,
che va apprezzato in relazione all’utilità concreta
derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame
(tra le altre, Cass., 23 maggio 2008, n. 13373).
Invero,

la

censura

rivolgendosi

contro

l’inquadramento, operato dalla Corte di appello, della
fattispecie materiale (furto con destrezza) in apposita
clausola contrattuale che, in siffatta ipotesi, prevede un
determinato massimale di indennizzo con franchigia – non
considera, né dunque investe di denuncia, l’ulteriore e
presupposta statuizione presente nella sentenza impugnata,
relativa alla non debenza di indennizzo da parte
dell’assicuratore in mancanza di ogni altro rischio garantito
dal contratto di assicurazione. Con la conseguenza che, ove,
in ipotesi, dovesse essere caducato il capo di sentenza
impugnato con il motivo in esame, la parte non ne trarrebbe
4

spiegazione sulla presunta modalità di furto”.

alcun giovamento e, anzi, ne sarebbe pregiudicata, giacché
rimarrebbe esclusivamente a sorreggere la decisione il
giudicato formatosi sull’esclusione di ogni indennizzo in suo
favore.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione
dell’art. 2729 cod. civ. in relazione all’art. 1900, secondo

La Corte avrebbe errato nel ritenere inapplicabile alla
fattispecie l’art. 1900, secondo comma, cod. civ., mancando
di far operare a tal fine la prova presuntiva, posto che “la
dimostrazione che vi fu un difetto di custodia da parte dei
guardiani è data dal fatto stesso che il furto sia stato
commesso senza che nessuno degli addetti alla vigilanza se ne
sia accorto: nessuno se ne è accorto perché in quel momento
probabilmente la vigilanza non c’era”.
Vengono, quindi, formulati i seguenti quesiti: “dica la
Corte se nel caso in esame, laddove difetta qualsiasi mezzo
di prova, la presunzione semplice – costituita dalla
probabilità concreta che il furto sia stato commesso per un
difetto di custodia da parte del guardiano di turno – possa
costituire un valido strumento probatorio. Dica poi l’Ecc.ma
Corte se, nel caso di difetto di custodia per disattenzione
del guardiano, sia invocabile l’art. 1900 II comma c.c. che
prevede l’obbligo dell’assicuratore per il sinistro cagionato
da dolo o colpa grave delle persone del fatto delle quali
l’assicurato deve rispondere”.
2.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.
La doglianza coglie solo in parte la

ratio decidendi

della sentenza impugnata, posto che in essa si palesa
chiaramente come la ritenuta inapplicabilità dell’art. 1990,
secondo comma, cod. civ. (a mente del quale l’assicuratore
risponde per il sinistro cagionato “da dolo o colpa grave
delle persone del fatto delle quali l’assicurato deve
rispondere”) sia motivata non già per l’assenza
5

tout court di

comma, cod. civ.

colpa degli addetti alla sorveglianza dell’autorimessa, ma in
ragione della esclusione, alla luce dell’accertamento di
fatto compiuto, del dolo e della colpa grave degli stessi,
non essendosi ritenuto che, in una fattispecie ascrivibile a
furto avvenuto con “speciale abilità e destrezza”, gli stati
soggettivi contemplati dalla citata norma potessero essere
integrati dalla “elusione dell’attenzione” dei custodi del

tutto indimostrata” l’esistenza dei presupposti di
operatività dello stesso secondo comma dell’art. 1900 cod.
civ.
A fronte di siffatta motivazione, che non collide con le
coordinate giuridiche che attengono all’interpretazione della
norma anzidetta e delle regole sulla prova presuntiva, la
doglianza oppone, alfine, soltanto una diversa ricostruzione
del fatto, che impinge però nella sfera di apprezzamento
riservato al giudice del merito, senza che, peraltro, vengano
dedotti, con il motivo in esame, vizi afferenti al percorso
motivazionale in concreto adottato, in base al paradigma di
cui al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ.
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato e la società
ricorrente, in quanto soccombente, condannata al pagamento,
in favore

dell’Axa Assicurazioni S.p.A. controricorrente,

delle spese del presente giudizio di legittimità, come
liquidate in dispositivo.
Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione di
dette spese nei confronti della parte intimata che non ha
svolto attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,
che liquida, in favore della controricorrente Axa
Assicurazioni S.p.A., in complessivi euro 1.700,00, di cui
euro 200,00, per esborsi, oltre accessori di legge.
6

garage, soggiungendosi, in ogni caso, che era rimasta “del

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in

data 9 diceàbre 2013.

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